basta che non tocchino anche il salame - gz
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By: GZ on Giovedì 30 Ottobre 2003 02:25
Se io ho due cause civili si trascinano una da sei anni e l'altra da quattro (anche con il giudice di pace). Se un tizio che simpatizza per il terrorismo islamico chiede di togliere il crocefisso a scuola il giudice gli sforna la sentenza dopo un anno.
Si vede che è noioso fare sentenze sui risarcimenti danni, mentre finire sui giornali per aver dato ragione al fanatico islamico è più stimolante. E' umano che sia così, anche un giudice ha diritto ha qualche diversivo, vorrà dire che la prossima volta che mi devo far pagare o risarcire farò finta di essere un simpatizzante di Bin Ladin così magari la mia pratica la prendono dal mucchio e va a sentenza subito perchè sperano di finire sui giornali.
Il crocefisso. Dov'è il problema ? Una volta che il 10-15% della popolazione non sia cristiana verrà tolto, questo è pacifico e logico.
Come è successo in Francia e in America dove ormai è vietato anche cantare le canzoni di Natale tradizionali nelle scuole, negli enti pubblici e nelle aziende e anzi è vietato dare il "Buon Natale" parlando con i clienti perchè è una formula cristiana. I neri che pure sono cristiani in maggioranza ora celebrano nelle aziende "Hanuka" una festa africana dell'orgoglio afro-americano, inventata negli anni '60 da dei militanti (e di cui in Africa però nessuno sa niente).
Per cui tra musulmani, ebrei e orgoglio etnico africano ogni riferimento al Natale e vagamente cristiano è stato bandito negli enti pubblici e nelle aziende "per non privilegiare i simboli della cultura occidentale" (che in America fa soffrire i musulmani, gli ebrei e i neri, a differenza del medio oriente e dell'africa dove invece vivono immersi nella loro cultura liberi e nel benessere).
E va bene, si può vivere anche senza crocifissi e canzoni di natale, basta solo che non bandiscano anche il salame e il cotechino e tiriamo avanti.
Leggo sul giornale locale che a Bologna nelle scuole materne in molti quartieri i bambini di origine straniera sono ormai circa la metà. E va bene anche questo, siamo tutti esseri umani e sono culture diverse dalla nostra, ma tutte degne di rispetto e anzi interessanti anche per noi perchè stimolano il confronto....
Nello stesso giornale si cita il fatto che in Emilia sono stati rilevati più di 1.000 casi di infibulazione di bambine musulmane e si pensa che siano 10 volte tanto perchè nelle interviste il 35% delle donne musulmane dice di essere favorole (e dato che sono 150 mila i musulmani in regione magari sono 30mila i casi...).
Questo magari è un attimo antipatico, tagliano la clitoride a una bambina e poi soffre ogni volta che urina..., ma alla fine capita a loro mica a noi, vivi e lascia vivere, usanze e costumi millenari che non si possono sradicare così, c'è di mezzo "una Cultura Diversa dalla Nostra", l'importante è che paghino i contributi sociali anche loro e si tira avanti.
----------------------- La forza di credere di Ida Magli ----------
I musulmani hanno intenzione di conquistare «pacificamente» l’Europa e di far vincere la propria religione in tutto il mondo? In Italia ne siamo sicuri quasi tutti già da diversi anni, ma fino ad oggi chiunque si fosse arrischiato a dirlo ad alta voce, sarebbe stato immediatamente smentito e messo a tacere dalle due forze più qualificate: i governanti e la Chiesa.
Eppure si tratta di un fenomeno evidente. Ma soprattutto: logico. Logico perché ogni uomo, così come ogni gruppo ed ogni popolo, quando crede in una verità, sente l’impulso, la necessità di convincerne gli altri uomini, ed anzi il più delle volte lo considera un dovere. Del resto, in che cosa saremmo «uomini» se non ci assillasse il pensiero di conoscere e di far conoscere, di condividere ed espandere le idee in cui crediamo, siano queste di carattere scientifico, artistico, politico, religioso? Dunque, diamolo per scontato: siamo noi, soltanto noi, in questa Italia, in questa Europa progettata dopo la seconda guerra mondiale, sconvolta dall’immane catastrofe da cui si era appena usciti, ad aver timore perfino di possederla una «idea», esortati dai politici a considerare come unica «idea» quella di non doverne difendere nessuna come nostra, ma quelle di tutti gli altri fino a morirne. E infatti, di questo stiamo morendo.
Non poter credere in nulla ha ucciso il pensieri creativo, ha ucciso il cristianesimo, ha ucciso la speranza in un futuro tanto che perfino le esortazioni che vengono dal mondo dell’industria, della finanza, dell’economia ad essere «più competitivi» non possono aver successo. Per essere competitivi bisogna «credere», bisogna impegnare energie aggressive «contro» qualcuno o qualcosa. Come pensano i politici di poter governare popoli intimoriti perfino dai propri pensieri, nel dubbio che qualsiasi riflessione sull’«altro» possa configurarsi come razzista, come colpa, come mancanza di tolleranza?
I musulmani sono forti perché credono nella propria religione e nel potere della propria cultura; ed hanno ben valutato la debolezza (la vigliaccheria) di chi, o non crede in nulla, oppure non ha il coraggio di difendere ciò in cui crede. Questo non significa (ma a questo punto è difficile trovare vie d’uscita del tutto pacifiche) che dobbiamo farci la guerra; ma che i governanti debbono usare tutti i mezzi per rispettare l’unico dovere nel quale si sono impegnati con un giuramento, quello di servire l’Italia e gli Italiani, e mettere fine al comportamento tenuto fino ad oggi. E’ stato posto il problema del crocifisso; ma questo è soltanto un «primo-ultimo» passo verso l’eliminazione delle immagini che è alla base del divieto presente nell’Antico Testamento. Quindi è inutile girarci intorno con scappatoie contingenti. Oggi si tratta della scuola di Stato nella quale i bambini musulmani sono ancora in minoranza. Ma di crocifissi sono piene le edicole ai crocicchi di tutte le nostre strade; domani anche questi offenderanno musulmani bambini e adulti. Perciò decidiamoci.
Può darsi che molti Italiani non siano praticanti o credenti nel senso stretto del termine; ma non esiste «cultura» senza religione e quella dell’Italia (e del cristianesimo occidentale) poggia sulla novità radicale dei Vangeli in confronto all’Antico Testamento. Tanto nuova da poter instaurarsi esclusivamente nel mondo permeato dal diritto romano, dall’organizzazione giuridica e amministrativa espressa nella lingua latina che la Chiesa d’Occidente ha fatto sua. Tanto nuova da cancellare nel pensiero di un innamorato della bellezza, di un poeta dell’umano come Gesù di Nazaret, anche soltanto l’idea di uccidere animali da offrire a Dio, di tagliare un pezzo di pene per testimoniare la propria fede. Come si può leggere i Vangeli e non sentire subito che è nato un mondo del tutto nuovo, del tutto diverso, perché è quello della bellezza della vita, della bellezza dell’uomo che «guarda», che ammira, senza timore? Guardare significa amare il «rappresentare».
Gli sforzi che sono stati fatti negli ultimi anni dalla Chiesa per ricondurre i Vangeli nell’alveo dell’Antico Testamento, anche se dettati dal desiderio di ridurre le occasioni di conflitto, non sono utili perché hanno soltanto indebolito l’Occidente cristiano, e soprattutto hanno tolto ai cristiani la gioia di creare bellezza con la poesia, con la musica, con la pittura, con la forza esclusiva della parola. Quella parola di cui Gesù ha sottolineato la forza quando ha detto: «Le vostre parole siano: sì, sì, no, no».
Delle ambiguità dei politici, dei sacerdoti, non se ne può più perché testimoniano del fatto che vogliono rendere facile all’Islam la conquista dell’Europa eliminando confini, cittadinanze, patrie, nazioni, identità. Non è tolleranza, non è solidarietà, non è rispetto, ma tutto il contrario: la convinzione che abbiamo già perso, e forse la speranza che almeno così non abbiano motivo per distruggerci.