Quando i numeri reali del PIL non sono tali - gz
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By: GZ on Domenica 04 Febbraio 2007 01:11
....chi ha una bilancia commerciale negativa... ? beh.. questo è ovvio, sempre USA, Inghilterra, Australia e NZ e Spagna dal 1994 in modo cronico e il resto del mondo invece ha surplus cronici. Quello che non è ovvio è perchè ci si sia abituati al punto che non ci si faccia più caso. In realtà non è normale che paesi industriali maturi abbiano un deficit estero strutturale, sarebbe logico invece che lo avessero Cina o India che hanno bisogno di capitale. Ad esempio la Germania esporta ancora alla grande e ha 150 miliardi di surplus estero contro deficit di -120 miliardi dell'Inghilterra e di -850 miliardi degli USA (la Spagna pur avendo un economia 1/15 di quella americana ha -70 miliardi !)
Ma bisogna partire per tutta questa storia dall'inizio, dal 1994 quando ci fu l'ultimo crash del mercato dei titoli di stato che si ricordi a memoria d'uomo (perchè dopo di allora i tassi di interesse sono sempre scesi)
Nel 1993-1994 i bonds persero dei -20% perchè reagirono alla paura dell'inflazione, si parlava dei "Bonds Vigilantes" cioè i traders di reddito fisso che liquidavano i bonds mettendo in riga i governi e Bill Clinton subì un tremendo rovescio elettorale a congresso e senato nel novembre 1994. Di qui la sua famosa esclamazione parlando con i suoi consiglieri: "..."You mean to tell me that the success of my program and ^my reelection hinges on the Federal Reserve and a bunch of f u c k i n g bond traders?"#http://www.ebooks.com/ebooks/book_display.asp?IID=222591^ "...mi state dicendo che la mia presidenza si gioca sulla Federal Reserve e un mucchio di fottuti traders di bonds ?..."
Dopodichè mise a capo del Tesoro americano il capo di Goldman Sachs Bob Rubin che era un trader di bonds e valute (e Bush ha fatto lo stesso un anno fa con Paulson...)
Quello che è successo dopo è (in estrema sintesi) che il governo americano ha aperto il mercato dei beni di consumo in America a Messico e Asia. Ma Messico, Corea, Giappone, Cina e India NON hanno aperto in cambio i loro mercati delle telecom, servizi finanziari, energia all'America (che avrebbe avuto un vantaggio in termini di capitali e know how nel penetrarli)
Invece l'elite anglosassone ha fatto il suo "patto con il diavolo" come Faust e ha avuto in cambio il riciclo dei surplus di Messico e Asia (e da ultimo vi si è aggiunto anche l'OPEC) sui mercati finanziari anglosassoni, in particolare l'acquisto massiccio di bonds, statali, corporate e immobiliari in dollari che ha consentito a tutti gli asset dalle azioni agli immobili ai bonds di ogni genere di salire
Mentre l'occupazione americana aumentava di 30 milioni di posti di lavoro l'industria americana ha perso quindi 6-7 milioni di posti dal 1995 circa: cioè l'America ha permesso che Messico e Asia producessero al posto delle industrie americane che chiudevano e in cambio ha goduto di flussi di capitali che hanno "calmierato" i mercati obbligazionari e ridotto i tassi di interesse e che sono andati alla fine a beneficio di Wall Street e dei settori legati al consumo e all'immobiliare. Inoltre sono stati creati con l'immigrazione incontrollata dal Messico circa 20 milioni di posti di lavoro per immigrati messicani a basso costo che hanno ridotto il livello generale dei salari con la loro concorrenza. Questo ha chiuso il cerchio: per 10-15 anni hai avuto TASSI DI INTERESSE PIU' BASSI E SALARI PIU' BASSI ==> PROFITTI RECORD (siamo ora ai massimi del secolo come quota dei profitti sul PIL)
Ma avendo potuto indebitarsi per 13.000 miliardi di mutui immobiliari e altri 2.000 miliardi di debiti al consumo l'americano medio non ha protestato perchè consumava lo stesso
Dopo 10-12 anni si è arrivati al dunque credo e lo si comincia a vedere sul mercato immobiliare e poi ora anche sui dati di PIL
L'ultimo dato di PIL USA che ha spinto su tutti i mercati mondiali perchè era un bel +3.5% è sospetto e maschera il cedimento dell'economia americana che è stata svuotata per anni della sua base manifatturiera, ma è riuscita a mascherarlo con il boom del consumo basato sull'indebitamento immobiliare
Oggi il principale commentatore economico del New York Times Floyd Norris ripete quasi parola per parola quello che ho scritto su questo dato di PIL (e lo stesso aveva fatto Bill Grosso del PIMCO, il maggior gestore di bonds del mondo)
In sintesi: GUARDA I NUMERI NOMINALI, quelli che leggi sono i soliti numeri "reali" cioè depurati dall'inflazione, ma se guardi quelli nominali che sono poi quelli misurati hai che c'è stato un crollo dei prezzi dei beni di consumo che fa sembrare OK i numeri. Cioè: il "PIL" è in realtà il PIL nominale meno una stima dell'inflazione, il PIL italiano ad es + +4% a cui si sottrae un -2.3% di inflazione = +1.7% circa.
Per l'America hai un crollo dei prezzi al consumo, specie beni durevoli e elettronica che fa salire tutti i numeri (ovvio no? il numero reale di PIL sottrae un -2% di inflazione quindi lo SOMMA)
Dal primo trimestre del 2006 all'ultimo gli investimenti NOMINALI sono crollati da +12.5% al +1.8%, la domanda americana di beni di consumo da +8% a +2.5% e le scorte sono aumentate
I prezzi dei beni di consumo sono calati nell'ultimi tre mesi dell'anno per la prima volta dal 1961 e questo ha fatto salire di colpo i valori "reali" di PIL e consumo
Se poi invece uno notasse che dal 1994 (coincidenza...) il modo di misurare l'inflazione in USA è stato modificato radicalmente e il risultato è che se si usassero i criteri di allora sarebbe un 2 o 3% più alta allora se sottrai un inflazione tipo 2% o 3% hai che consumi, investimenti e pil sono già negativi o zero
Ma anche assumento che l'inflazione vada misurata così hai lo stesso che investimenti e consumi da inizio anno in termini nominali sono crollati, cioè a inizio anno erano dei 12% e 8% e ora sono meno del 2%. Con inflazione in calo del -2% addizioni questo 2% e ottieni quasi un 4%, ma comunque lo giri l'economia USA sta cedendo. E i motivi sono strutturali e si sono accumulati da inizio anni '90
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Off the Charts
^When the ‘Real’ Numbers Are Rosy, but the Others Are Less So#mentre l'occupazione americana aumentava di 30 milioni ^
By FLOYD NORRIS
SOMETIMES “real” numbers are anything but.
So it may have been this week when the United States reported that its economy grew at a surprisingly rapid real annual rate of 3.5 percent in the final three months of 2006. Investors were relieved and stocks leaped. Consumers, it was said, had once again shown their willingness to spend, notwithstanding the slump in the housing market.
“Did the economy slow late last year? ” asked Robert Barbera, the chief economist of ITG. “If you look at real numbers, no. If you look at nominal numbers, yes.”
Real numbers reflect adjustments for inflation, and inflation was down sharply in the quarter, thanks in part to falling oil prices.
The other numbers reported, the nominal ones, are in some ways more real than the real ones. Consumers and businesses spend nominal dollars to buy things and know how much they spent. It is only later that economists calculate inflation rates and ascertain just how much “real” spending was up or down.
In the most recent quarter, the real growth rate was also helped by rising inventories — stuff that has been purchased but not yet sold — and by a rise in exports. Those exports are good news for the economy, but they do not reflect American demand for goods and services.
That demand can be seen in the category the government calls “final sales to domestic purchasers.” In the final quarter of 2006, that figure, before adjusting for inflation, rose at an annual rate of only 2.5 percent, less than a third of the growth rate early last year. It was the slowest rate of growth since early 2002, when the economy was emerging from the 2001 recession.
What seems to have happened is that people cut back on spending plans for the holidays, only to discover they got more than expected because prices were reduced.
Another chart shows a similar pattern in personal consumption expenditures, which grew at an annual rate of 3.6 percent. The drop there was not as sharp, but it was still noticeable.
The final chart shows spending on fixed investment, a category that includes everything from computers to buildings. It has declined for two consecutive quarters, something that had not happened since 2002.
That fall could call into question the widespread expectation that growth in business spending will overcome any weakness in consumer spending brought on by worries over home prices.
Earlier in 2006, it looked as if that forecast was a good one. Private nonresidential fixed investment — before adjustment for inflation — rose at an annual rate of 12.1 percent in the first three quarters of 2006, the fastest three-quarter growth rate since 1997. But in the fourth quarter, the annual rate of growth plunged to 1.8 percent.
Perhaps that was an anomaly — spending on fixed investment can change rapidly — but it could also be an indication that business spending is being pared back.
Meanwhile, spending on residential fixed investment — basically home building — fell at an annual rate of 15.9 percent. That was a little better than the third quarter, but it was hardly a good number. The latest quarter was also the first time since 1991 that residential fixed investment declined in three consecutive quarters.
Lower inflation and improved exports made a mediocre quarter appear much better than it was