a proposito degli "impulsi elettrici", una bella lettura:
SCRITTI PANDEMICI
La Bestia è un numero e ci trasforma in numeri
“Secondo la logica della macchina, secondo i padroni della macchina, l’uomo deve essere interpretato da un computer, e questo è possibile solamente se l’uomo viene tradotto in numeri” (Joseph Ratzinger)
Si è spento uno dei maggiori pensatori dei nostri tempi. Era il più lucido critico del pensiero transumanista: lascia un vuoto incolmabile. Agnostico, indegno di scrivere di un simile gigante, mi permetto una sola, elementare riflessione: immaginiamo un mondo retto da esseri umani intelligentissimi ma privi di sentimenti, empatia, compassione, amore. Priviamo quegli esseri umani dei cinque sensi, di tutti i cinque sensi. Priviamoli anche del corpo, al punto che – nonostante tutte le ambiguità e le mistificazioni cui è sottoposto il linguaggio – saremo costretti a chiamarli transumani o qualcos’altro. Priviamoli del libero arbitrio, della libertà, in nome della superiorità di un’intelligenza finalizzata e determinista. Sarebbe un mondo migliore?
Eppure, questo è il mondo voluto dai transumanisti. L’essere umano (un “cagone”, secondo la celebre definizione di Céline), assoggettandosi all’intelligenza artificiale vivrebbe davvero più felice su questa terra?
La nostra percezione della realtà dipende dai nostri cinque sensi e, naturalmente, dal possedere un corpo. E’ ipotizzabile che in un futuro non troppo lontano computer dotati di un corpo composto da cellule umane o animali vengano costruiti. Ma proprio questo è il punto: vi è una differenza tra un soggetto costruito e un soggetto vivo?
L’attacco dei transumanisti è proprio alla vita. Joseph Ratzinger lo aveva capito perfettamente, prima di quasi tutti noi. Non a caso, prelude al metaverso, alla negazione della realtà fisica. Non a caso, il filosofo svedese transumanista Nick Bostrom (Oxford University) sostiene che la realtà nella quale viviamo possa essere una simulazione creata da eventuali esseri intelligenti al di fuori di essa, negando la nostra stessa esistenza in vita (o l’esistenza della vita così come la intendiamo noi).
Per una volta, non voglio divagare, scrivere che le colpe sono attribuibili al riduzionismo biologicista che nasce dalla filosofia moderna, in particolare quella ispirata a Hume, che prende in considerazione unicamente la realtà materiale senza considerare la sua potenzialità, la sua finalità intrinseca o la possibilità dell’esistenza di qualcosa d’immateriale. Eppure, anche Hume condividerebbe questa affermazione: l’uomo è materia viva, qualitativamente diverso da una macchina.
E la macchina – che non è viva – nonostante tutta la sua potenza di calcolo non sarà mai collegata alla realtà mediante i cinque sensi e, soprattutto, non sarà in grado di avere sentimenti, empatia, compassione, amore.
Federico Faggin, nei suoi studi sulla consapevolezza (o coscienza), ci ha avvertito: “Ognuno di noi sperimenta due realtà diverse: la realtà interiore di sensazioni e sentimenti (chiamati qualia) e la realtà esteriore di oggetti che interagiscono nello spazio e nel tempo. Noi crediamo che l’aspetto esteriore sia oggettivo e che l’aspetto interiore sia il dominio soggettivo della coscienza.
Queste due realtà si riflettono in qualche modo l’una nell’altra, benché siano fondamentalmente diverse. Si può dire metaforicamente che la realtà esteriore assomiglia alla natura particellare della materia, mentre la realtà interiore è simile alla sua natura ondulatoria.
La consapevolezza è la capacità di percepire e conoscere il mondo e noi stessi. Conosciamo la nostra individualità sperimentandola come qualia (il senso di sé) nella nostra coscienza. Similmente, il mondo esterno prodotto dal nostro sistema sensorio-cerebrale è raffigurato sotto forma di qualia “proiettate” nello spazio fuori di noi. Come è possibile far questo? Un robot o un computer non hanno consapevolezza e quindi non possono sperimentare nulla, sia dentro sia fuori.