By: gianlini on Domenica 06 Ottobre 2013 18:25
bellissimo pezzo, Robom...
leggo ad esempio
Tuttavia, sono i cinesi a destare il maggiore allarme sociale posto che il grosso della produzione, completa o per singole parti da assemblare, è in mano ad essi. Le ragioni di ciò devono essere individuate, come prima accennato, nel costo del lavoro, che in Cina è minimo rispetto a quello italiano, nonché nel livello di utilizzazione degli impianti. Secondo una recente statistica, un lavoratore tessile italiano lavora mediamente per 1.600 ore all'anno mentre uno cinese per circa 2.200 ore. Un altro fattore da considerare è la diversa dimensione delle aziende: mentre in Italia vi sono soprattutto piccole e medie imprese, in Cina sono presenti, quasi esclusivamente, aziende di grandi dimensioni. A ciò si aggiunga che il costo dell'energia elettrica in Cina risulta essere del 30 per cento inferiore a quello italiano. La Cina adotta, inoltre, prezzi calmierati per renderli compatibili all'esportazione, avvalendosi peraltro di un cambio anch'esso favorevole. Infine, alla mancanza di tutele ambientali e sociali, si aggiunge un dato di base: i cinesi costruiscono e producono utilizzando un know how a costo zero perché acquisito per imitazione. Alla luce delle considerazioni sopra esposte è evidente, quindi, che esistono tutte le condizioni per un forte sviluppo.
In Italia, le comunità cinesi più numerose si trovano in Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Veneto e Lombardia. I cinesi destano la preoccupazione della Direzione investigativa antimafia poiché, per primi, hanno delocalizzato l'attività illecita, trovando forme di connivenza con la criminalità organizzata locale, in primis, la camorra. Infatti, rispetto al 50 per cento di cittadini italiani che operano nel settore illegale della contraffazione, il 42 per cento si trova in Campania, mentre il restante 8 per cento è in Puglia e Sicilia.