Candace Owens, una giovane conservatrice, nera, classe 1989, esperta di comunicazione e conduttrice di un seguitissimo programma online, The Candace Owens Show, che di recente in un’audizione al Congresso ha detto una delle tante cose scomode che questa ragazza dice, mandando in tilt i media americani: “Non c’è colore della pelle nell’essere patrioti, americani e patrioti”.
La Owens punta l’indice sul fatto che il 93 per cento delle vittime di omicidio negli Usa sono uccise da neri, tuona contro la strumentalizzazione del nascere neri per potersi “guadagnare attenzione e un posto al sole nella società frignando come poppanti”, e argomenta che il solo fatto di nascere neri per troppi americani è ancora come possedere un lasciapassare giustificativo di ogni invidia sociale e lavorativa.
Poi, intervistando un imam, riesce addirittura a farsi dire che nella legge della Sharia c’è una componente di omicidio tollerata. Apriti cielo! Ma il suo vero cavallo di battaglia è l’assunto che la sinistra democratica utilizzi il razzismo per controllare e sottomettere la popolazione afroamericana, e che la Cnn e altri media liberal sono canali razzisti ai cui attacchi bisogna reagire e dal cui racconto indirizzato ed edulcorato non bisogna farsi “coccolare”.
È facilmente immaginabile il motivo per cui ai media mainstream questa tenace signorina sia ancora pressoché sconosciuta. Eppure, dal palco del Tpusa Young Black Leadership Summit alla Casa Bianca, le cui dichiarazioni e immagini vengono riprese da tutte le major ma sembrerebbero essere rimaste in suolo americano, ci ricorda che abbiamo diritto di dissentire, di raccontare un’altra versione della favoletta, che rimuovere le origini di una società è un suicidio morale oltre che storico e che non dobbiamo avere paura di parlare, di opporci, di ragionare sul fatto che un’altra visione è possibile, che invece di prendere a modello i rapper e i giocatori di basket e i loro eccessi è sempre possibile seguire esempi più edificanti e, soprattutto, studiare di più.
In conclusione, la sinistra americana vuole tenere viva la ferita del razzismo per potersi ergere a paladina dell’oppressione anche laddove oppressione non c’è, perché “l’America non è mai stata meno razzista che in questo preciso momento storico”. E probabilmente il mondo non è mai stato meno razzista di oggi, ma esiste un problema culturale, di ignoranza, nella popolazione nera degli Stati Uniti. Idee su cui riflettere, che dovremmo “esportare” e su cui dovremmo discutere.