Il Problema è l'Europa

 

  By: DOTT JOSE on Martedì 16 Settembre 2014 20:02

Ottimo successo delle sinistre pure in Turingia, forse le coscienze popolari si stanno risvegliando di fronte ai disastri delle politiche di destra Storica affermazione in Turingia della Linke che ha ottenuto alle elezioni politiche regionali il 28% dei voti, più del doppio della Spd che invece si è fermata al 12%. La Linke è arrivata così in seconda posizione, dietro la Cdu di Angela Merkel, che si è attestata al 34%.

10 febbraio 1947 MATERIALI DI RESISTENZA STORICA GIORNO DEL RICORDO FOIBE dieci febbraio | MILLENOVECENTOQUARANTASETTE

 

  By: DOTT JOSE on Lunedì 15 Settembre 2014 20:55

iN Svezia il centrosinistra prometteva di AUMENTARE LE TASSE,tutti a dire che avrebbero perso le elezioni, beh, kompagni e kompagne di cobraf, oggi possiamo brindare al trionfo delle sinistre in Svezia, paese non sudditto della N-eurocrazia , Purtroppo il prezzo da pagare è stato un balzo delle destre nazifasciste al 10% ! http://www.criticalibera.it/mondo-alla-rovescia-la-sinistra-svedese-promette-piu-tasse-e-rischia-di-vincere-57/

10 febbraio 1947 MATERIALI DI RESISTENZA STORICA GIORNO DEL RICORDO FOIBE dieci febbraio | MILLENOVECENTOQUARANTASETTE

 

  By: pana on Giovedì 11 Settembre 2014 09:59

pazzesca la storia degli ivnestitori in fondi futures che perdono tutto in commissioni e spese varie, http://www.bloomberg.com/news/2013-10-07/how-investors-lose-89-percent-of-gains-from-futures-funds.html

U.S. Navy Ridiculed Over Picture Of Commander With Rifle; 'We're Going To Lose A War' | Viral - YouTube

 

  By: Roberto964 on Domenica 07 Settembre 2014 13:50

€uro VS $dollaro Giovedì 4 settembre ’14, alla riunione del direttivo della BCE, cominciata alle 13.30, Draghi ha fatto una serie di annunci che, come preventivato e segnalato, hanno portato la moneta comune euro a perdere 2 “figure” contro il dollaro USA alla fine della giornata. Alle 13.30 l’euro quotava 1.315 e a fine giornata chiudeva a 1.2930, perdendo ben 2,2 cent, ovvero più del 1,5%. Avevamo già visto nel corso delle precedenti settimane un ritracciamento minimo ma costante, partito da 1.35 e arrivato, appunto, a 1.315 quel giovedì. Le borse, al contrario dell’euro e come succede spessissimo in queste occasioni, hanno guadagnato diversi punti percentuali. Cosa ha detto Draghi di così importante? Dagli stralci più importanti del suo lungo discorso si evince che: 1) Ha portato il costo del denaro allo 0,05% (era già allo 0.15%), al minimo di sempre, azzerando di FATTO la possibilità di interventi futuri in questo senso e, come abbiamo già visto in passato, i benefici per l’economia reale saranno scarsi se non addirittura nulli. Pensate ai costi di un prestito bancario che partono dall’8% a salire (sempre che abbiate una adeguata busta paga a garanzia) e capirete che chi presta ha forte timore di non vedere onorato il debito e quindi alza di molto il premio per il rischio assunto. Egli ha portato a tasso negativo i depositi delle banche centrali presso la BCE: dovrebbe costringere le banche a dare maggiori prestiti ma il ragionamento alla fine è lo stesso di cui sopra: se chi dovrebbe prestare denaro non si fida, non presta e basta. 2) Le operazioni di LTRO 1 e 2 (Long Term Refinancial Operation: i famosi 1000 miliardi “prestati” 3 anni fa alle banche al 1% che hanno permesso alle stesse di acquistare titoli di Stato - soprattutto italiani e spagnoli - incamerando la lauta differenza e dando una momentanea boccata di ossigeno a loro disastrati conti) saranno riconfermate, dando via a LTRO 3 (non era difficile prevedere tale evenienza, poiché se davvero detti istituti avessero dovuto restituire quei prestiti avrebbero dovuto vendere i titoli di Stato in loro possesso, facendo di fatto andare in default tecnico gli Stati stessi). 3) Ha fatto chiaramente capire di voler dare corso ad una “bad bank” che prenderà dalle banche (e solo da esse) come collaterale a garanzia l’immane quantità di crediti incagliati (solo in Italia corrispondenti a più del 25% del totale dei crediti nazionali), provenienti da aziende e privati cittadini che per sopraggiunta crisi non hanno più potuto onorare i debiti contrati troppo allegramente (per colpa soprattutto delle stesse banche), peraltro fallendo il più delle volte. Questa bad bank, appunto, prenderà crediti inesigibili come garanzia, fornendo agli istituti finanziari liquidità fresca. E i crediti inesigibili che fine faranno? Purtroppo la solita: verranno rimpacchettati e venduti sotto forma di fondi comuni o altro ad ignari risparmiatori che affideranno i loro sudati (o meno) risparmi ai banksters. In pratica quello che è accaduto in USA con i sub-prime e che furono la causa scatenante della crisi del 2007 che vide il fallimento e/o la nazionalizzazione di molti grossissimi istituti USA (ma non solo) accadrà anche in UE. Della seria “la Storia non insegna nulla”, oppure “si fanno sempre gli stessi errori”. 4) Ha fatto anche capire che ci sarà una specie di €uro-QE (Quantitative Easing: riacquisto di titoli di Stato in scadenza da parte delle banche centrali che immettono liquidità fresca nel sistema, sterilizzando il debito stesso, e che aumentano la massa monetaria circolante, dando il via ad una più che CERTA svalutazione monetaria; al momento stanno effettuando QE le Banche Centrali: inglese (385 miliardi di sterline l’anno), giapponese ($1000 mld anno), USA (attualmente x $25 al mese) ma anche svizzera (per un importo non comunicato), che però, contrariamente a quanto appena descritto riguarderà l’acquisto di attività NON FINANZIARIE. Cosa significa? È appunto quello che mi preoccupa: penso (e temo) che si riferisca alla privatizzazione di pezzi di Stati con alto debito pubblico e che alla fine riporti al più che preoccupante Fondo di Redenzione RDF (Re-Demptetion Found o come accidenti si scrive) . Di certo Draghi NON potrà fare alcun QE classico (ammesso che lo abbia mai davvero preso in considerazione) poiché si troverebbe contro la Germania e i suoi alleati, il FMI, la Banca Mondiale e chi più ne ha più ne metta. In pratica, come consigliato anche da molti altri utenti PARECCHIO più addentro nella materia del sottoscritto, è tempo di SERRARE le terga poiché è sempre più vicino il giorno della VISITINA NOTTURNA sui nostri conti correnti, di altre nuove tasse (ad esempio, il ripristino, e a cifre di ingresso ben più basse di prima, della tassa di successione sembra sia la più gettonata) e di chissà quali altre diavolerie. Insomma, faranno di tutto per tenere in piedi l’€uro (e la UE) e a pagare il salatissimo conto, come al solito, saremo noi cittadini (o servi che dir si voglia). Per tornare al ragionamento circa la svalutazione dell’euro non possiamo tralasciare le mosse che farà nei prossimi due/tre mesi la FED (BC USA) ma non solo. Il loro tasso attuale è allo 0,25% (anche per gli USA il più basso di sempre); il QE statunitense alla fine del 2013 ammontava a $75 miliardi di riacquisti al mese, ed è stato progressivamente ridotto man mano che la disoccupazione scendeva (ricordo che ad inizio del 2012 era prossima al 8.5%). L’obiettivo finale fissato da Obama ad inizio del suo secondo mandato presidenziale era di avere una disoccupazione intorno al 6/6.5%, allora, e solo allora, si sarebbero eliminati gli stimoli all’economia (QE) e di conseguenza aumentato il saggio di interesse. Ad oggi il QE USA ammonta a $25 mld/mese e per ridurlo ancora la Yellen ha a disposizione settembre, ottobre, novembre e anche dicembre, ben quattro riunioni! Ad onor del vero, per quello che mi è dato capire dai puntini che sono riuscito ad unire, penso che alla riunione del FMOC di novembre la Yellen alzerà i tassi USA di una cifra variabile tra lo 0,50% e lo 0,75%. Il congresso statunitense (soprattutto la componente conservatrice di cui velatamente anche molti democratici fanno parte), ventilando lo spauracchio inflattivo, ha fatto chiaramente capire all’amministrazione Obama che l’obiettivo è stato pienamente perseguito e raggiunto e che NON è più tempo di concedere ulteriori aiuti alla popolazione e come fece con Roosevelt nel lontano 1936, si metterebbe di traverso, sfiduciandolo, se ciò non accadesse. L’aumento dei tassi USA spingerà in alto il mercato obbligazionario denominato in dollari che sarà più attrattivo dell’omologo della EZ (i bond tedeschi, francesi e del resto della core-zone di UE - ma anche del Giappone - hanno già rendimenti negativi) e coloro i quali vorranno proteggersi (fondi pensione, istituzionali ecc) da problemi relativi a possibili default di Stati anche grossi, preferiranno i titoli statunitensi poiché più liquidi e solvibili, garantiti peraltro dalla più grande economia del globo e dal più potente esercito di sempre. Il rovescio della medaglia sarà l’incancrenirsi dei debiti degli emergenti e dei Paesi in via di sviluppo denominati in dollari. Non è un caso che tutte le banche centrali degli emergenti negli ultimi 6/9 mesi hanno alzato i saggi di interesse, nonostante il ciclo economico sia negativo. In Brasile il tasso ufficiale è arrivato all’11%, nonostante l’inflazione tendenziale sia addirittura in calo. Le stesse mosse le hanno fatte anche altre importanti Banche Centrali, come quella turca, sudafricana e anche russa (che ha anche altri problemi ben più gravi da risolvere), della Cina, per quanto sono contraddittori e non veritieri i dati che diffondono (ci si può scrivere un librone) non sappiamo abbastanza. Negli ultimi mesi la sola India ha fatto registrare una inflazione in leggero ma costante progresso, ma anche laggiù i tassi non potranno che aumentare ulteriormente. Una evidenza è chiarissima: per evitare che i capitali scappino, invogliando gli investitori con tassi ben superiori alla media. Tale scenario potrebbe spingere il cross Euro-Dollaro a ridosso della parità entro Natale prossimo venturo, dando una RELATIVA ma NON duratura spinta alla malmessa industria della UE. Secondo i piani del CIM (Centro Igiene Mentale) di Bruxelles una svalutazione della moneta comune dovrebbe favorire le esportazioni extra-UE, dando nuovo slancio all’intera economia di €uro-zone. Loro (quelli del CIM), pensano che l’export farà da volano alla ripresa dei consumi interni. Da questa convinzione nascono le richieste di più flessibilità sul mercato del lavoro ed altre amenità simili: vogliono portare le industrie dell’export ad essere competitive con quelle cinesi, facendone pagare i costi maggiori agli operai occidentali, ovvero, fanno il ragionamento DIAMETRALMENTE opposto a quello che il buon senso indicherebbe. Costoro dimenticano una cosa fondamentale: i 2/3 dei consumi globali di generi NON strettamente necessari avviene nelle economie avanzate e mature (un miliardo di persone su sette), che hanno avuto nella possibilità di spesa della classe media il motore instancabile del rinnovo perpetuo di oggetti che, senza possibilità di essere contraddetto, definisco, per usare un eufemismo, di pura futilità. Probabilmente, in concomitanza di un forte storno dell’euro, il 2015 potrebbe veder crescere (di poco) il PIL nominale della UE, ma ad una condizione: a patto che ci sia una vera ripresa nel resto del globo a partire dagli USA, e questa evenienza non è assolutamente scontata, anzi, per come la penso, credo che le stime al ribasso del PIL mondiale continueranno nonostante gli scongiuri e gli artifizi contabili dei gestori dei vari CIM planetari. E anche laddove accadesse tutto ciò, sarà solo un palliativo, poiché le asimmetrie persistenti e non livellabili all’interno dei Paesi componenti la UE non faranno che aumentare esponenzialmente, sino al tracollo annunciato da tempo immemore di dette istituzioni impopolari e schiaviste. Senza la classe media non si va da nessuna parte, ed essa si crea in un solo modo: facendo quegli investimenti massicci che soprattutto in tempi di crisi solo gli Stati si possono permettere e che porterebbero a cascata occupazione stabile e ben retribuita, ripresa dei consumi interni con conseguente componente inflazionistica superiore al 4% (che è l’unica cosa concreta che può limitare lo strapotere del grande capitale finanziario) e che infine riavvierebbe davvero un nuovo ciclo economico positivo. Per concludere, un mio personalissimo parere: se avete disponibilità fate un giretto sul dollaro, potrebbe farvi passare un ottimo fine anno. Roberto Nardella. http://scenarieconomici.it/euro-vs-dollaro/

 

  By: Bullfin on Giovedì 04 Settembre 2014 18:42

ma non avendo per natura l'atteggiamento di chi vede complotti dappertutto (dalla fidanzata o suocera in su... Malissimo Gian, proprio lì si annidano le maggiori nefandezze!! :).

FULTRA 10 MARZO 2020: Qui sotto la fotocopia dal vero "cialtrone medio italico" : Antitrader. Fatene una copia del pensiero per i posteri e quando tra 50 anni vorranno capire perchè l' talia sia finita miseramente

 

  By: gianlini on Giovedì 04 Settembre 2014 14:51

io non ho studiato niente di queste cose, per cui citando questo materialismo storico non so proprio a cosa si possa riferire ma non avendo per natura l'atteggiamento di chi vede complotti dappertutto (dalla fidanzata o suocera in su....) mi baso sulla osservazione degli eventi, e mi sembra che sia assolutamente possibile che la storia conosca fatti del tutto casuali (o naturali o involontari come vuole chiarmarli) nel 1960 anche volendo, la Nike, le scarpe in Vietnam non sarebbe riuscita a farle in modo più economico che a casa propria (peraltro non esisteva nemmeno credo) e nel 2014, anche volendo, in Corea del Nord non si riesce a produrle (probabilmente costerebbe anche meno che in Vietnam o Etiopia)

 

  By: MR on Giovedì 04 Settembre 2014 14:43

Non esistono fenomeni naturali nella storia. Lei che è così ferocemente anticomunista dovrebbe rifuggire il materialismo storico.

 

  By: gianlini on Giovedì 04 Settembre 2014 11:46

Io invece non convidivido affatto il pezzo la globalizzazione è figlia della tecnologia (e del crollo dei sistemi comunisti per la loro inefficienza economica) non di qualche piano diabolico volto a distruggere la classe media! (che peraltro non era mai esistita nella storia dell'uomo in misura consistente fino agli anni '20 o giù di lì e quindi la si potrebbe benissimo considerare come una indebita eccezionalità passeggera) negli anni '60 o '70, le scarpe in Vietnam non le potevi costruire, perchè eri senza internet, la posta elettronica e i sistemi GPS e satellitari in genere di tracciatura delle merci, mica perchè la mentalità degli imprenditori e dei politici fosse più amante delle loro genti e del bene nazionale tant'è che le cose che era possibile trasportare da posti lontanissimi si sono sempre trasportate senza problemi (e senza dazi) (mai sentito per esempio lamentarsi che il pepe dell'India creava una massa di consumatori in europa avvezza a consumare alimenti sufficientemente saporiti)

 

  By: MR on Mercoledì 03 Settembre 2014 22:42

Articolo molto condivisibile. Anche se credo che comunque una parte di premeditazione, soprattutto da parte anglo-americana, ci sia stata eccome. Ma sono dettagli.

 

  By: traderosca on Mercoledì 03 Settembre 2014 17:58

Roberto,bello il pezzo sotto,più o meno condivisibile....ma la questione è scritta sotto......quindi la priorità quale è? "L’Italia, per le eccellenze che ancora detiene, potrebbe essere tra i pochissimi Paesi che ce la farebbero a prescindere ma non con questa classe politica, industriale e dirigenziale."

 

  By: Roberto964 on Mercoledì 03 Settembre 2014 17:36

L’azzeramento della middle-class Agli inizi degli anni ’70 nei Paesi avanzati occidentali si andava facendo strada una evenienza: la relativa perdita di potere dei ceti ricchi (renditieri) a discapito delle classi operaie. Tutto ciò non avveniva per caso: dalla fine della seconda guerra mondiale, e dalla ricostruzione che ne seguì, l’industria si dovette man mano piegare alle crescenti pretese salariali dei lavoratori. Il lavoro era abbondante e i margini di crescita enormi. Questa miscela, unitamente alla solidarietà post-bellica tra imprenditoria emergente e manodopera, mise le fondamenta alla creazione della classe media, spiazzando momentaneamente l’ancien régime. Dal 1950 i sindacati cominciarono a riunire sotto le proprie sigle centinaia di migliaia di lavoratori: grazie alla lotta di classe gli aumenti salariali e di diritti degli operai, costellati di scioperi e rivolte anche più o meno cruente, non tardarono a dare i loro frutti. La classe lavoratrice aveva capito e fatto suo un concetto fondamentale: senza del loro apporto NULLA poteva essere creato. Gli industriali, loro malgrado, furono costretti a far partecipare in maniera crescente ai lauti utili aziendali la forza lavoro che, guadagnando più del necessario al mero sostentamento, cominciò ad avere capitale disponibile, oltre che per una spesa maggiore che fece crescere vertiginosamente l’economia di detti Paesi, anche per investimenti in beni strumentali che accrescevano ancora maggiormente i loro introiti. Moltissimi operai lavoranti nelle zone industrializzate, con i risparmi derivanti da privazioni ed enormi sacrifici, compravano case e terre nei loro luoghi di origine dandole poi in affitto o aprivano piccoli commerci affidati agli altri membri della famiglia che non erano impiegati, creando di conseguenza altra ricchezza aggiuntiva. Negli anni ’70, grazie soprattutto ad investimenti statali mirati, il PIL nominale procapite dei Paesi industrializzati cresceva prepotentemente, sostenuto dai consumi di quella classe operaia che ambiva a scalare la piramide sociale, portandola ad un graduale livellamento, e che, finalmente, poteva assicurare un’istruzione e una aspettativa di vita migliore alla propria progenie. Tutto questo non andava troppo bene agli industriali e ai renditieri, benché anch’essi ne traevano immensi benefici: dove sarebbe arrivato il popolino di questo passo? Avrebbe sicuramente e per sempre sfaldato quella piramide di cui costoro erano da sempre stati all’apice, mettendo alla fine in pratica il sogno socialista. Non è un caso che la via alla globalizzazione si avviò alla fine di quel decennio: nel 1979, grazie alla corrente conservatrice di Milton Friedman, la Gran Bretagna della lady di ferro Margaret Thatcher e a seguire (1981) gli USA del presidente repubblicano Reagan cominciarono a smontare i diritti acquisiti dai lavoratori in tanti anni di dure lotte sindacali e ad aprire la via dell’emigrazione industriale di massa verso lidi più convenienti, dove produrre sarebbe costato anche il 70% in meno. La deindustrializzazione di due delle maggiori potenze manifatturiere dell’epoca aveva avuto inizio, e fu l’esempio da seguire per molti altri Paesi. Nei ricchi Paesi avanzati le componenti del prezzo all’industria di un prodotto sono così suddivise: ipotizziamo un manufatto che all’industria costa 100; il 70% del totale è formato da costi di manodopera, il 20% è relativo alle materie prime e il restante 10% è energia. A detto prezzo finito bisognerà aggiungere la componente guadagno che porterà, dopo vari passaggi, al raddoppio del costo iniziale, ovvero, troveremo detto prodotto sugli scaffali dei negozi a 200. Tenendo conto che 100 è il costo di produzione e che altri 50 andrebbero alla distribuzione, rappresentanza ecc il guadagno industriale ammonta grosso modo a 50. Mica male, direte voi, ma …. Nei Paesi in via di sviluppo (quale era la Cina all’epoca) il costo per l’industria, nella peggiore delle ipotesi, poteva essere questo: 20 materie prime, 10 energia e 5 manodopera, abbassando così il costo finito dello STESSO medesimo prodotto a 35, ben il 65% in meno. Va da se che sullo scaffale il prezzo di vendita non subisce alcuno sconto, lasciando all’industria multinazionale 50 + 65 = 115, ovvero MOLTO più del doppio. Adesso consideriamo che la quasi totalità delle multinazionali si occupa anche della distribuzione, dello stoccaggio, del trasporto ecc, introitando anche gran parte di quei 50 destinati a terzi. Ricordate sempre che in occidente l’UNICO costo comprimibile di MOLTO è relativo alla componente “manodopera” e diffidate di aziende come l’ALCOA che indica nell’energia il problema essenziale. Quasi sicuramente, se avessero avuto l’opportunità di fare un contratto collettivo nuovo al 50% in meno sarebbero rimasti a produrre in Sardegna. Senza alcuna possibilità di smentita posso affermare che una multinazionale che oggi produce in Laos, Cambogia, Nepal, Bangladesh, India, Africa ecc alla fine marginerà sino a 150/155 di quei famosi 200, lasciando le briciole al resto dell’indotto. Tutto ciò farà in modo che non si formi più alcuna altra classe media nel resto del pianeta: saremo carne da macello nelle mani di pochi eletti. Tra qualche anno, una decina al massimo, i salari occidentali incroceranno quelli cinesi e non perché quest’ultimi saliranno di molto. Un jeans prodotto in PRC, comprato a container, costa 80 centesimi di dollaro USA; un paio di buone scarpe prodotte in Indonesia non supera i 2 dollari; una Polo o una camicia prodotta in Bangladesh arriva a stento a mezzo dollaro. Tutto quanto eccede i prezzi che vi ho appena riportato è GUADAGNO per la filiera che produce/trasporta/commercializza e che nella stragrande maggioranza dei casi è riconducibile alla stessa multinazionale. Cari amici, questa è la globalizzazione: la massima convenienza per chi produce a prezzi bassissimi e vende al meglio delle possibilità offerte da questo iper-liberista mercato globale. Meglio di questa evenienza, nel mondo imprenditoriale, esiste solo il monopolio. La grande industria europea ama svisceratamente l’euro per questo motivo: una moneta forte che non si inflaziona è quanto di meglio possa chiedere un imprenditore globale (multinazionale) per garantirsi il massimo profitto. A loro non interessa il bene del Popolo. Molti pensano che tutto sia stato disegnato e ordito da poche menti diaboliche. La mia idea è che l’inseguimento dell’arricchimento individuale, perseguito da un numero sempre crescente di attori senza scrupoli e remore, abbia portato verso questa via senza ritorno. Mi è difficile immaginare magazzini che vendono e industrie che producono quando le famiglie non possono più spendere oltre lo stretto necessario. Però è anche vero che diversi di costoro stanno spostando il tiro più in alto, mirando ai servizi essenziali che, a causa dell’esplosione dei conti pubblici fuori controllo degli Stati, saranno inevitabilmente privatizzati, portando essi ad agire in regime di monopolio. Cerco di spiegarmi meglio con un esempio. Un qualsiasi commercio che negli anni vede crescere il proprio fatturato tende ad ingrandirsi e ad offrire sempre più prodotti; tutto ciò comporta una serie di investimenti via-via crescenti che spesso vengono fatti indebitandosi pesantemente. Si comprano altri locali, si assumono altri addetti e a volte si attaccano altri settori. Poi, come per ogni ciclo, arriva la fase negativa. Si resiste anche oltre il lecito prima di ridimensionarsi e, di sovente, quanto lo si fa è troppo tardi: la merce resta invenduta per mesi, i locali vuoti e sfitti pesano come macigni, i mutui contratti ai bei tempi risultano impagabili e anche i lavoranti, una volta imploranti nel chiedere lavoro, ora ti attaccano con ogni mezzo per avere gli arretrati e la liquidazione. A questo punto si va in tribunale a portare i libri contabili: il liquidatore provvederà a svendere ad un valore DIECI volte inferiore quanto rimasto. Il fallimento è avvenuto. Quanto descritto può accadere a qualsiasi Stato della UE, la Grecia è lì a testimoniarlo, e l’Italia (ma non solo) ha preso la stessa deriva. Uno Stato che fa a meno del potere di poter battere la propria moneta, piegando ai propri bisogni tale politica è paragonabile all’esempio che vi ho descritto. I tagli promessi dall’esecutivo non andranno MAI e in nessun modo ad intaccare i diritti acquisiti: siate certi che chi ha la super pensione non la vedrà pesantemente decurtata e la scure cadrà dove i cespiti di spesa sono maggiori, ovvero, sanità, istruzione e welfare. L’industria, dal suo canto, nonostante i favori avuti dallo Stato sociale siano stati IMMANI in passato, chiederà un pesante taglio delle tasse e nuovi contratti meno onerosi, mettendo spalle al muro i lavoratori. Alla fine i costi sociali saranno interamente riversati sulle spalle delle classi più deboli che nell’arco di pochi anni vedranno il ridimensionamento, se non propriamente l’annullamento, di molti di quei diritti, una volta inalienabili, acquisiti nell’arco di cento anni di aspre lotte e rivendicazioni. La classe media occidentale è stata distrutta da questa pratica selvaggia che corrisponde al nome di “globalizzazione”: essa svuota le Nazioni dal di dentro, negando qualsiasi possibilità di crescita ad interi Popoli. Senza protezioni doganali e senza che l’industria ritorni a produrre in occidente per europei e nordamericani il destino sarà segnato per sempre. L’Italia, per le eccellenze che ancora detiene, potrebbe essere tra i pochissimi Paesi che ce la farebbero a prescindere ma non con questa classe politica, industriale e dirigenziale. La UE è un’istituzione globalizzatrice che tende a dividere e la moneta comune euro è il suo mezzo di governo. La disoccupazione, i diritti basilari negati, l’emigrazione coatta a cui saremo sottoposti e la perdita dei valori familiari ed affettivi conseguenti sono propedeutici affinché il potere sia completamente nelle mani di questi inumani tecnocrati. Spero che questo mio articolo possa aver portato a riflettere, convincendo magari anche un’altra sola persona che una via alternativa è possibile, anzi, più che mai necessaria. Roberto Nardella http://www.appelloalpopolo.it/?p=11981

 

  By: traderosca on Mercoledì 03 Settembre 2014 16:43

"Stampare moneta per rimettere in modo l'economia attraverso mirati investimenti pubblici viceversa è utile ed anzi è l'unico modo storicamente acclarato per uscire dall'impasse." Mr,ti potrei rispondere citando Aristotele oppure il liberalismo di Benedetto Croce o il liberismo di Einaudi o l'anarco capitalismo di Rothbard che Gianlini ha sintetizzato bene. "..che a forza di fare cose inutili, i controlli sono del tutto superflui e politici e tangentisti ci navigano alla grande?"

 

  By: hobi50 on Mercoledì 03 Settembre 2014 14:28

Come al solito mi tocca fare chiarezza. Prima di tutto ci sono i Keynesiani che vuol dire principalmente deficit pubblico. Ma sul finanziamento del deficit pubblico c'è Mosler e Krugman che non la pensano allo stesso modo. Infine c'è Bernanke col suo QE che è solo un mezzo per abbassare i tassi e rendere così più sostenibili i deficit degli stati che fanno politiche fiscali anticicliche e abbassare i break-even dei progetti di investimento aziendali. Hobi

 

  By: MR on Mercoledì 03 Settembre 2014 14:14

Non esistono opere pubbliche utili? ma è passato all'LSD o è serio? Energia? Ferrovie? Rischio idrogeologico? Edifici pubblici? Banda larga? Ricerca?

 

  By: shabib on Mercoledì 03 Settembre 2014 13:56

GIANLINI , perdona non e' contro te , ma sono anni che scrivo che solo lo stato puo' fare delle necessarie spese per mettere a norma ed addirittura ricostruire a norme antisismiche edifici pubblici essenziali , come scuole e ospedali che rischiano grosso sotto il profilo sismico e idrogeologico .... credo che siano lavoro di divers decine di miliardi di euro che si puo' permettere solo uno stato sovrano e governato con onesta' ... e che darebbero lavoro a centinaia di migliaia di persone , con l'indotto ...