By: lutrom on Martedì 17 Settembre 2002 02:53
L'articolo che segue mi sembra molto importante (purtroppo per noi europei): l'America dimostra tutta la sua vitalità, l'Europa invecchia sempre più tra calo delle nascite e immoblilismo strutturale. Sembriamo gli antichi romani dell'impero alla vigilia della fine e delle invasioni barbariche, travolti da calo demografico e stasi tecnologica e culturale. Allora le forze giovani erano gli ignoranti e rozzi barbari, ora invece sono gli americani, di certo non arretrati, almeno nella tecnologia.
E' facile per noi europei parlare di inquinamento da tenere sotto controllo, visto che la nostra popolazione invecchia e diminuisce e l'innovazione tecnologica arranca. E' facile allo stesso modo per un vecchio novantenne (e impotente) dire di saper dominare la lussuria: fallo tornare a vent'anni per vedere che fine farebbe il suo moralismo comodo e ipocrita. Siamo un popolo vecchio: l'(ex) impero è travolto dalla sua stessa età.
Vedo che si fa molta disquisizione fumosa e molta retorica: gli antichi romani della decadenza allo stesso modo invece di scrivere grandi poemi e grandi storie di epiche gesta (visto che non ne facevano più) si adattavano a commentare i grandi del passato, disprezzando i barbari: guardavano le mura di Roma e ne lodavano l'eternità, ignari della fine che avrebbe travolto il loro mondo. Non credo che siamo in Europa a questo punto ma una cosa è certa: la storia ci sta sempre più sospingendo ai margini: il nostro simbolo non è più Cesare impetuoso, ma libri e intellettuali polverosi.
(Ho volutamente un po' esagerato, ma la sostanza non credo sia sbagliata. Speranze per il futuro: l'Est europa e l'altra sponda del Mediterraneo, coi libici e algerini e altri, sempre musulmani, ma finalmente liberi dall'ignoranza).
da Panorama
Divisi dal pancione
Immigrati, maggiore fiducia e altri fattori amplificano
le differenze di valori.
Con riflessi pure sull’alleanza militare.
Disaccordi sul commercio, l’Iraq, Kyoto e la salvaguardia dell’ambiente, il Tribunale penale internazionale... Nelle relazioni tra Ue e Usa c’è un altro problema: i figli. E la situazione demografica potrebbe rivelarsi il più importante di tutti.
Per 50 anni l’America e le nazioni dell’Europa occidentale sono state accomunate nel gruppo dei paesi ricchi: popolazione stabile, fertilità scarsa e in calo, aumento degli anziani.
Adesso però il tasso di fertilità negli Usa aumenta, mentre nell’Ue sta diminuendo. Se non si verificherà una sostanziale inversione di tendenza, queste tendenze accelereranno nei prossimi decenni e nel 2040, forse anche prima, l’America supererà l’Europa per numero di abitanti. Ancora nel 1950 gli europei occidentali erano il doppio degli statunitensi, 304 milioni contro 152.
Su entrambe le coste dell’Atlantico la crescita è stata vertiginosa durante il baby boom, poi più lenta fino a metà degli anni 80. E ci sono ancora oggi 100 milioni di scarto tra Europa e America. Ma, dopo una riduzione tra il 1960 e il 1985, il tasso di fertilità negli Usa è tornato a 2,1 per cento, quanto basta per mantenere stabile la popolazione, conseguenza in parte della fertilità superiore alla media degli immigranti; anche i nati negli Usa, sia bianchi sia neri, fanno peraltro più figli. Forse la spiegazione più plausibile è il boom economico degli anni 90 e una maggiore «fiducia sociale». L’America sembra insomma un buon paese per crescere dei figli.
Alcuni paesi del Nord Europa, come la Norvegia, hanno seguito un andamento simile all’America. Ma nel continente la fertilità continua a calare: da 1,9 per cento a metà anni 80 a 1,4, con trend in flessione per almeno altri dieci anni. In paesi come Spagna, Italia e Grecia, il tasso è addirittura a 1,1-1,3 per cento.
Secondo studi dell’Onu, le differenze di fertilità americana ed europea tenderanno ad aumentare nei prossimi decenni. Secondo la proiezione media, nel 2050 la popolazione europea sarà di 360 milioni e in declino. Secondo la proiezione massima, quella americana avrà superato i 550 e sarà in crescita. Insomma, l’America avrebbe il doppio degli abitanti di oggi. Ovviamente queste proiezioni devono essere prese con cautela, ma restano allarmanti.
La Commissione di Bruxelles ama sottolineare che l’Unione Europea è il più vasto mercato del mondo. Ma supponiamo che un americano rimanga, come ora, di circa un terzo più ricco di un europeo: tenendo conto della crescita demografica, l’economia americana nel 2050 risulterà ancora più che doppia rispetto alla europea, anche tenendo conto dell’ingresso nell’Ue dell’Europa centrale e orientale.
L’equilibrio del potere economico mondiale ne verrebbe notevolmente scosso. Con 400-550 milioni di consumatori ricchi, il mercato americano sarebbe ancor più importante di oggi.
Poi c’è l’immigrazione.
Nell’ultimo decennio l’America ha accolto oltre 11 milioni di persone: il tasso di fertilità dei bianchi non ispanici supera l’1,8 per cento, quello dei neri è del 2,1, tra i latini sfiora il 3, superiore a quello di gran parte dei paesi in via di sviluppo. Dal punto di vista della popolazione generale, dunque, una maggiore immigrazione ha un effetto più del doppio. Anche l’Europa ha avuto un boom di immigrazione, però quasi tutti gli studi demografici prevedono che il flusso sarà molto inferiore rispetto al tasso americano.
Le differenze nelle culle avranno un impatto geopolitico rilevante. Oggi legami politici e condivisione di valori tra America ed Europa sono ancora forti, anche se si stanno logorando. Col tempo i rapporti familiari e culturali degli Usa con i paesi d’origine degli immigrati si moltiplicheranno e si rafforzeranno, anzitutto con l’America Latina, l’Asia orientale e meridionale. È assai probabile che l’attenzione americana sia progressivamente sviata dall’Europa.
I maggiori tassi di fertilità e l’immigrazione rendono la società più giovane e, in definitiva, più dinamica. Secondo Bill Frey, dell’università del Michigan, nel 2050 l’età media degli americani sarà di 36,2 anni, degli europei di 52,7 anni (oggi 35,5 e 37,7). E se nel 1985 America e l’Europa avevano più o meno la stessa percentuale di giovani sotto i 14 anni (20 per cento circa), nel 2020 i giovani in Europa saranno scesi al 13,7, in America resteranno il 18,6, percentuale più alta anche rispetto alla Cina e al Giappone.
Ora, dal punto di vista fiscale fare più figli non è necessariamente un bene: l’istruzione è costosa per le finanze pubbliche. Per l’America il «rapporto di dipendenza» (numero di giovani e anziani per ogni individuo in età lavorativa) è leggermente più alto che in Europa (51 per cento contro il 47), e così rimarrà fino al 2035 circa. Ma si noti la differenza: per l’Europa una maggiore percentuale di costi di dipendenza viene dagli anziani.
Con il pensionamento della generazione del baby boom, sia l’Europa sia l’America hanno il problema delle pensioni. Nel 2050 il debito pubblico potrebbe arrivare quasi al 100 per cento del pil in America e al 150 per cento nell’Ue, con punte oltre il 250 in Germania e Francia. Questa situazione sarà un’altra difficoltà nei rapporti tra i due continenti.
Dalla fine della guerra fredda Europa e America hanno due modi diversi di spendere il denaro pubblico: la seconda più nella difesa, la prima nei programmi sociali.
Conseguenza: lo squilibrio militare. L’America investe per la difesa quasi il doppio dei paesi Ue sommati (295 miliardi di dollari nel 2000, ossia il 3 per cento del pil, rispetto ai 153 miliardi dell’Ue). I governi europei promettono a intermittenza di spendere di più per ridurre il divario militare, riconoscendo i pericoli che corre la Nato se ognuno non fa la propria parte, ma l’opinione pubblica tende ad affossare questi propositi.
Se gli europei non vogliono sostenere le spese per restare partner militari dell’America a tutti gli effetti oggi che i sessantacinquenni sono pari al 30 per cento della popolazione in età lavorativa, sarà ancora più improbabile che si decidano nel 2050, quando la percentuale della popolazione anziana sarà raddoppiata.
La morale di tutti questi numeri è semplice: la demografia rafforzerà l’America e allargherà l’Atlantico.