VACCINI e MORTI IN ECCESSO

 

  By: pablo on Lunedì 14 Gennaio 2013 22:55

Oscar, anche io ti voglio bene, ma sono preoccupato nel vedere quanto profondamente sei scollegato dalla realtà. E' incredibile come sei incapace di collegare in modo logico gli argomenti. Ti si postano numeri e rispondi con assurdità senza senso. Amen. Morphy, al mondo ci vogliono sia gli umanisti che i tecnici. Fra le due categorie però c'è una differenza: mentre gli umanisti, se si impegnano, possono diventare all'occorrenza degli ottimi tecnici, è rarissimo che i tecnici possano diventare umanisti. Quando un tecnico si improvvisa umanista vengono fuori post agghiaccianti come il tuo. Quando un tecnico dichiara l'inutilità degli umanisti e del buon senso, vengono fuori periodi di atroce crisi umana, economica e spirituale come quello che stiamo vivendo. Su una cosa hai ragione: finché le cose andranno "alla tua maniera", il buon senso non servirà a nulla. Infatti questo è tempo di tenebre.

 

  By: lmwillys on Lunedì 14 Gennaio 2013 22:48

sta per aprire bocca Brancaccio su la7 vabbè ... mò c'è un'altra superkazzola prematurata con triplo scappellamento a destra di vendola ... ma dopo prima o poi arriva

 

  By: Bullfin on Lunedì 14 Gennaio 2013 22:36

Si caro Robom, poi vi fu la liberalizzazione dei movimenti di capitale.... Poi il problema non è il debito pubblico ma quello privato e faccio un copia incolla da Bagnai che meglio di lui non sa spiegarlo.... "Se il problema fosse il debito pubblico, dal 2008 la crisi avrebbe colpito prima la Grecia (debito al 110% del Pil), e poi Italia (106%), Belgio (89%), Francia (67%) e Germania (66%). Gli altri paesi dell’eurozona avevano debiti pubblici inferiori. Ma la crisi è esplosa prima in Irlanda (debito pubblico al 44% del Pil), Spagna (40%), Portogallo (65%), e solo dopo Grecia e Italia. Cosa accomuna questi paesi? Non il debito pubblico (minimo nei primi paesi colpiti, altissimo negli ultimi), ma l’inflazione. " E aggiunge (ATTENZIONE BAGNAI è DI SINISTRA PERCHè VUOLE L'INTERVENTO STATALE E VUOLE LE TASSE...LUI SI CHE è UNO VERO DI SX NO BERSANI, PRODI, ETC.....) Secondo commento: inutile dire che questo punto (la rilevanza del debito privato) è passato inosservato. Anche qui il motivo è politico. A tutti, ma soprattutto alla “sinistra”, fa comodo liquidare il problema come un problema di debito pubblico, perché così ne può dare la colpa al governo precedente. Il problema è invece di debito privato, la colpa è dell’euro, e il governo precedente ha tenuto i conti in ordine, mantenendo il fisiologico incremento del debito durante la recessione nell’ambito dei 10 punti di Pil. Certo, questo ci ha riportato indietro di dieci anni come rapporto debito/Pil, ma in Europa, con una crisi simile, solo la Germania ha fatto marginalmente meglio di noi, potendo però contare su una crescita drogata dalla nostra domanda. Quindi Berlusconi non era un problema macroeconomico, l’euro sì, e i fatti lo dimostrano

FULTRA 10 MARZO 2020: Qui sotto la fotocopia dal vero "cialtrone medio italico" : Antitrader. Fatene una copia del pensiero per i posteri e quando tra 50 anni vorranno capire perchè l' talia sia finita miseramente

 

  By: lmwillys on Lunedì 14 Gennaio 2013 22:35

Io sono fermamente convinto che siamo prossimi al collasso generale, e che il mondo successivo si ricostruirà secondo paradigmi diversi, nei quali l'umanesimo sarà il comune denominatore. ---------- già ... dallo schiavismo odierno sarebbe un bel progresso ... eppure c'è chi invece di mettere in fresco una bottiglia di quello buono si preoccupa :-)

 

  By: robom1 on Lunedì 14 Gennaio 2013 22:30

Detto questo, cittadini che avete acquistato bot al 20% e banche aguzzine, restituite i soldi (interesse composto) a riduzione del debito.

 

  By: robom1 on Lunedì 14 Gennaio 2013 22:28

L'acquisto di titoli al 20% da parte della banca d'italia non comporta niente in quanto la banca d'italia, dopo le imposte, versa l'utile netto allo stato derivante in massima parte dal signoraggio. Se per ipotesi tutti i titoli al 20% fossero stati comprati dalla banca d'italia, il reddito da signoraggio sarebbe stato tassato (a favore dello stato) ed il reddito netto devoluto allo stato a riduzione del disavanzo. Gli interessi al 20% che si sono comprati i cittadini non hanno fatto nient'altro che gonfiare il debito da una parte (stato) e gonfiare parallelamente le tasche (dei cittadini) e dei loro conto correnti. Gli interessi al 20% per le banche italiane per le quali era stato tolto l'obbligo di acquisto a basso tasso dei titoli di stato italiano ha contribuito allo spostamento della ricchezza dall'industria alle banche.

 

  By: giorgiofra on Lunedì 14 Gennaio 2013 22:12

Morphy, il tuo discorso non fa una piega. In un mondo strutturato come quello attuale certe scelte appaiono ineludibili. I miei discorsi, comunque, partono da un presupposto diverso: un certo sistema economico è giunto al capolinea, e non è più sostenibile. Questo è il discrimine tra due visioni del mondo entrambe corrette. Nel senso che se confidiamo nel fatto che questo sistema economico e geopolitico abbia un futuro, allora ne conseguono certe considerazioni, ma se siamo convinti che questo sistema stia collassando, allora appaiono corrette altre considerazioni. Io sono fermamente convinto che siamo prossimi al collasso generale, e che il mondo successivo si ricostruirà secondo paradigmi diversi, nei quali l'umanesimo sarà il comune denominatore. Non sono un chiaroveggente, e potrei naturalmente sbagliare. Capita spesso di confondere una previsione con un auspicio. Il governo in mano ad un umanista presuppone una totale riformattazione della società e dell'economia, che è ciò che io mi auguro. Ma se accettiamo che le banche e la grande finanza possano continuare a farla da padrona sui destini dei popoli, è chiaro che i tecnici siano più adeguati. Credo che il punto fondamentale sia questo: non è detto che questo sia il migliore dei mondi possibili. Io ne immagino uno diverso, forse utopico. Ma io sono un poeta, e l'utopia mi appartiene come l'aria che respiro.

 

  By: Morphy on Lunedì 14 Gennaio 2013 21:51

Giorgio: "Come da tempo sostengo, solo gli umanisti hanno quella elasticità mentale necessaria a vedere ogni cosa nel giusto contesto." Io invece sostengo, da tempo, che gente come gli "umanisti" riescono ad esprimere concetti sensati e pieni di buon senso. Peccato che nella nostra epoca il buon senso non solo serve a poco ma direi che è, per certi aspetti, dannoso. Dare credito ad un'umanista, è un pò come avere di fianco uno stupido che si crede furbo e gli si danno incarichi da furbo. Ne deriveranno sommi disastri assicurati. Viviamo in un mondo "tecnico" molto complesso (e lo sarà sempre di più). Per cui o sei un tecnico (e puoi dire la tua) o sei un tecnico (ed in questo caso puoi dire la tua). Altrimenti ti escono solo scemenze con l'aggravante del buonsenso per il quale (buonsenso), poi, la gente di strada ci crede alle scemenze del letterato che magari parla di economia. Settimana scorsa ho visto un video sul canale youtube di un imbelle, un tal bioblu. Intervistava un economista (peraltro abbastanza giovane) docente alla cattolica di Milano. L'intervista dura circa 1 ora durante la quale il "cattolico" snocciola il suo pensiero in modo pacato e privo di dubbi. Il tema era: uscita dall'Euro, difficoltà e problemi. Spiegava semplicemente che non ci sarebbero state che minime conseguenze, per noi, dopo l'uscita dall'Euro. Perchè poi alla fine tutto si equilibria etc, etc.. Mi sono accorto che, al tizio, mancava assolutamente (nella sua testa) il quadro completo di come funziona il mondo del commercio. Raccontava, probabilmente, di come era l'economia prina del WTO (cioè di quando leggeva lui i libri), senza rendersi conto che gli equilibri in un mondo commerciale globalizzato sono sostanzialmente diversi da prima. Non aveva assoltamente chiaro il concetto di "economia di scala". E se ad un tipo simile affidi la pianificazione strategica dell'economia dei prossimi 40anni di un Paese, stai sicuro che non ce ne esci più dal disastro che ti combina. morphy

– Ho imparato a non fare lotta con i maiali. Ti sporchi tutto e, soprattutto, ai maiali piace...

 

 

  By: Bullfin on Lunedì 14 Gennaio 2013 21:32

Roberto abbiamo postato nello stesso momento e un contenuto in pratica analogo ;))))))))....siamo pure telepatici....

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  By: Roberto964 on Lunedì 14 Gennaio 2013 21:29

Caro Oscar dalle foto che ti ritraggono sembri una brava persona (e sicuramente lo sei), vedo però una disconnessione di parte della realtà: TUTTI sappiamo le ruberie e le trozzole che hanno combinato i cialtroni che ci hanno governato e ci stanno tuttora governando, i problemi che generano le mafie e tutte le malversazioni in genere, ma non voler ammettere che il debito pubblico per metà è composto da interessi parassitari accumulati su altri interessi è NON VOLER VEDERE la REALTA', in qualsiasi modo la si presenti, per partito preso. Spero solo che molti italiani possano capirlo prima del fatidico "game over", altrimenti hai voglia a tagliare il debitopubblicoimproduttivobruttocastacorruzzzioneevasione, arriverai che dopo che hai tagliato TUTTO avrai sempre maggior debito da pagare: quella che abbiamo intrapreso è una dinamica che porta alla schiavitù, e se tu ci sei arrivato alla pensione, tanti, troppi di noi, potrebbero non vederla mai. Con immutato affetto, Roberto.

 

  By: Bullfin on Lunedì 14 Gennaio 2013 21:29

Ma Oscar, credi veramente che io, Giorgio, Roberto, Lutrom, Gz, Gano, non sappiamo che in Italia vi sono sprechi e ruberie? Ci sottovaluti e parecchio. Qui non è da fare una scelta di campo come vuole Anti...o sei con noi o sei fascista (???!!????). Qui vi sono due nemici uno interno ed uno esterno...e la logica disinnescare il nemico esterno (quindi tutto rimane inter nos perchè con gli interessi i schei defluiscono, escono, scappano, sfuggono, ci lasciano, te capiiii???!!), e poi segare le elite berlusconbersanianemontiane....

FULTRA 10 MARZO 2020: Qui sotto la fotocopia dal vero "cialtrone medio italico" : Antitrader. Fatene una copia del pensiero per i posteri e quando tra 50 anni vorranno capire perchè l' talia sia finita miseramente

 

  By: guidone on Lunedì 14 Gennaio 2013 21:25

PS e fuori tema: nella mia zona non si trovano più francobolli presso gli uffici postali. Non hanno pagato le tipografie? Stanno per cambiare le tariffe? Boh... Non hanno piu' stampato francobolli per utilizzare quelli commemorativi rimasti in magazzino.

 

  By: lmwillys on Lunedì 14 Gennaio 2013 21:11

Secondo me pur avendo ancora qualche mese di tempo per svoltare pagina, vedo già apparire la scritta Game Over. Sono pessimista. ------- Lelik pessimista ? io non vedo l'ora che questo sistema tiri le cuoia, per me quella scritta sarebbe il massimo

 

  By: traderosca on Lunedì 14 Gennaio 2013 21:04

sempre difficile dibattere argomenti politici,sociali,economici.....c'è gente che è in grado per il gusto dell'apparire di scrivere trattati con documenti, testimonianze,statistiche,grafici e quant'altro di sostenere la tesi che Hitler,Pol Pot fossero bravi ragazzi,Stalin un benefattore dell'umanità, l'olocausto tutta una invenzione e che il debito pubblico italiano sia irrilevante e non creato da quei bravi ragazzi dei nostri politici con la complicità di buona parte del popolo italiano..........non vado oltre perchè potrei essere bannato...........

 

  By: Roberto964 on Lunedì 14 Gennaio 2013 20:48

"Secondo me pur avendo ancora qualche mese di tempo per svoltare pagina, vedo già apparire la scritta Game Over. Sono pessimista." Caro Lelik, il tuo pessimismo e anche il mio (unitamente al tuo modo di pensare), mi aspettavo -e pregavo- per una fine più veloce, invece, mi sa che faremo la fine della rana e quando si accorgeranno -lor signori gli increduli- che l'acqua è troppo calda saremo già quasi morti. Sai che mi ha incuriosito con la storia dei francobolli? Vado a chiedere al tabacchi e ti faccio sapere. in verità, a piè pagina dell'articolo c'erano le note dei riferimenti da cui erano tratti, provo a ripostarli: per comodità di chi legge riposto il tutto. Le radici del debito pubblico italiano affondano nell’accanimento ideologico contro la spesa sociale, che una blanda politica d’imposizione e di negligenza nella lotta all’evasione fiscale non seppe contrastare. Ma le scarse entrate che figurano nei bilanci dello Stato degli anni Ottanta non potrebbero spiegare da sole l’impennata del debito registratasi nei primi anni Novanta: questi ultimi furono infatti caratterizzati da avanzi primari molto marcati: il record spetta al 1997, che si chiuse con un avanzo pari al 6.6% del PIL, più del doppio della media europea. Vi fu un secondo meccanismo che costrinse lo Stato a indebitarsi a oltranza: il mercato. Fonte: ISTAT Per tutti gli anni Sessanta e Settanta, i governi avevano puntato sul deficit di bilancio per sostenere la domanda e quindi l’occupazione. Se da un lato il finanziamento del debito attraverso emissione di moneta aveva permesso di mantenere sotto controllo il debito pubblico, dall’altro aveva comportato lo spiacevole inconveniente dell’inflazione. Secondo la teoria dell’economista britannico John Maynard Keynes, i periodi di inflazione avrebbero dovuto essere accompagnati da forte crescita della domanda, mentre i rallentamenti della crescita avrebbero dovuto avere come contropartita un rallentamento dei prezzi. Anche in Italia come nel resto dei paesi occidentali, gli shock petroliferi degli anni Settanta misero in crisi questo mondo ideale: la stagflazione, presenza contemporanea di inflazione e recessione fece la sua comparsa. Fino al 1981 il deficit dello Stato poteva essere finanziato con emissione di moneta da parte della banca centrale: dal 1975 la Banca d’Italia era obbligata a sottoscrivere i titoli di Stato rimasti invenduti durante le aste. Vera e propria svolta nella storia del debito pubblico italiano, nel 1981, per iniziativa dell’allora ministro del tesoro Beniamino Andreatta in stretta collaborazione con il Governatore Ciampi, il divorzio fra banca centrale e tesoro sancì la fine del finanziamento obbligatorio del debito tramite emissione di moneta: la Banca d’Italia avrebbe potuto sottoscrivere o meno i titoli di Stato a sua discrezione. Ovviamente il prezzo da pagare era la dipendenza del finanziamento del debito pubblico dal settore privato: “da quel momento in avanti la vita dei ministri del Tesoro si era fatta più difficile e a ogni asta il loro operato era sottoposto al giudizio del mercato” [25] dichiarò Andreatta. Con buona pace della norma costituzionale secondo la quale il potere appartiene al popolo, fu messa nelle mani del «mercato», cioè di un gruppo ristretto di banche, la possibilità di generare una crisi finanziaria di dimensioni nazionali rifiutando di finanziare il debito della collettività. A detta dello stesso Beniamino Andreatta si trattò di una “congiura aperta” che non ebbe consenso politico ne l’avrebbe avuto negli anni seguenti: “naturalmente la riduzione del signoraggio monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l’ escalation della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale” [22]. L’operato di Andreatta non si potrebbe capire senza conoscerne il profilo politico: neoliberista della prima ora, Andreatta ebbe il merito di esporre senza mezzi termini la sua ricetta per la riduzione del disavanzo pubblico: nel 1985, in veste di consigliere economico del segretario DC De Mita dichiarava: «si deve rimettere in discussione la dotazione dei diritti sociali che il cittadino italiano ha acquisito in questi ultimi quindici anni e che ritiene in qualche misura un patrimonio ineliminabile» [26] al fine di risanare il bilancio pubblico la cui situazione era peggiorata a causa... dell’“incapacità dei governi a risolvere il problema della spesa pubblica” [22]. Con una costanza che ha dello straordinario si ritorna alla stessa guerra ideologica contro la spesa pubblica: se, rinunciando all’imposizione fiscale, i governi avevano usato lo strumento del debito per portare lo Stato Sociale ai livelli della media europea, il «divorzio» fu un colpo mortale a ogni politica di spesa. Ma c’è di più: a partire dal 1981 si creò in Italia quella scandalosa ingiustizia sociale che furono i titoli di Stato, una rendita finanziaria enorme, a lungo totalmente esente da imposizione. Si coniò una nuova espressione (BOT people) al fine di intrattenere l’illusione «democratica» secondo la quale i titoli di Stato sarebbero stati nelle mani di una miriade di piccoli risparmiatori (si legga Chi possiede il debito pubblico italiano?). La realtà era ben diversa: nel 1985 oltre il 40% dei titoli in circolazione erano posseduti da banche e istituti di credito [27] mentre secondo il comunista Napoleone Colajanni il 57% degli utili FIAT e il 62% degli utili Olivetti per il 1984 provenivano da interessi su titoli [28]. Quest’ultimo fenomeno merita un ulteriore approfondimento. L’esenzione fiscale dei titoli di Stato permetteva alle imprese di eludere il fisco in modo alquanto elegante: bastava ottenere un prestito da una banca al solo fine di acquistare BOT e CCT e, alla fine dell’anno, si sarebbero potuti iscrivere in bilancio interessi passivi (dovuti al prestito bancario) che andavano a ridurre l’utile imponibile e interessi attivi (dei titoli di Stato) esenti da imposte. Questo meccanismo era noto a tutti, ma se da un lato Andreatta parlava di “frivoli discorsi di tassazione” [29] dei BOT, dall’altro l’atteggiamento di Goria non lasciava dubbi: “da oltre un anno stiamo invitando le aziende ad autoregolarsi e non lo hanno fatto. A questo punto è necessario intervenire con garbo ma con efficacia, anche perché questo fenomeno non solo sottrae gettito all’erario, ma altera anche artificialmente i flussi finanziari” [30]. Il governo pregava gentilmente gli evasori di autoregolarsi... Alla fine del 1991, la percentuale di titoli del debito pubblico indicizzati o a breve termine era salita al 66,56% [31] e la vita media dei titoli era estremamente bassa: 2,96 anni [32]: per paura di una nuova fiammata dell’inflazione, il «mercato» aveva puntato tutto sui titoli strettamente legati al tasso ufficiale di sconto (TUS) per poter trarre profitto da un eventuale rialzo dei tassi. Questo dato apparentemente innocuo fu la condizione che permise alla tremenda ondata di speculazione monetaria del 1992 di dare una spallata decisiva al debito pubblico: resa possibile dalla liberalizzazione del mercato dei capitali voluta dall’Unione Europea, la speculazione monetaria si accanì contro la Lira a partire dal settembre del 1992. La meccanica del fenomeno era riassunta così da Henry Kaufman, noto trader di Wall Street: “oggi il mercato finanziario funziona bene, è facilissimo entrarne e uscirne. E questa estrema mobilità consente agli operatori di aggravare le difficoltà della lira” [33]. Nessuno trovò nulla da ridire al legame fisiologico fra “un mercato che funziona bene” e la speculazione, anzi, la soluzione dei problemi italiani si trovava altrove. La dichiarazione di Luigi Abete, presidente di Confindustria dell’epoca, ha il merito di essere di una chiarezza cristallina: “Serve un decreto urgente di governabilità, un provvedimento da approvare entro due settimane che crei subito le condizioni di un forte ribasso dei tassi d’ interesse. Come? Tagliando e contenendo la spesa pubblica senza ricorrere a nuove entrate, anche a costo di gelare i consumi familiari; avviando la razionalizzazione di pensioni e sanità; privatizzando subito due o tre aziende pubbliche” [34]. Di fronte alla speculazione che faceva cadere il cambio della lira, il Governatore Ciampi non poté far altro che alzare il tasso di interesse. Il Tesoro, spinto dalle scadenze medie molto corte dei titoli di Stato, non poté far altro, a sua volta, che aumentarne la remunerazione. Il debito pubblico passò dal 98 al 121.5% nei tre anni che vanno dal 1992 al 1994 [35] a causa di un disavanzo interamente dovuto alle spese per interessi. Ronald Reagan, durante il suo primo mandato, ridusse le imposte del 25% in tre anni. A detta del presidente repubblicano, la riduzione della pressione fiscale avrebbe liberato enormi risorse per gli investimenti, i quali avrebbero favorito l’occupazione e la crescita. Quest’ultima avrebbe fatto a sua volta lievitare le entrate fiscali dello Stato in modo da compensarne la riduzione. Quando, alla fine nel 1985, il deficit dello Stato americano raggiungeva quota 220 miliardi di dollari, Reagan si presentò davanti al Congresso americano chiedendo imponenti tagli di spesa per ripianarlo, mentre manteneva la riduzione dell’aliquota di imposizione sui redditi più alti dal 70 al 28%. L’immagine che dipinsero i giornali di un presidente deluso e rammaricato dal fallimento delle sue promesse elettorali (un avanzo di 120 miliardi di dollari nel 1986) era del tutto falsa: in realtà Ronald Reagan aveva in tasca quello che considerava uno degli obiettivi principali della sua presidenza: “smantellare lo Stato Sociale, che è l’incubo dei contribuenti”. Milton Friedman dichiarava nel 2003 a proposito dell’intervento dello Stato in economia: “Come si potrà mai riportare lo Stato a delle giuste dimensioni? Penso che ci sia un solo modo: quello con cui i genitori controllano le spese eccessive dei loro figli cioè diminuendone la paghetta. Per un governo, ciò significa ridurre le tasse” [36]. Essendo le tasse estremamente basse nel 1981 in Italia, toccherà a Beniamino Andreatta eliminare l’ultima possibilità di finanziamento della spesa pubblica con il divorzio fra Banca d’Italia e Tesoro. 1 2 3 [1] La paura e la speranza [2] Le radici del declino italiano, 27 dicembre 2002, La Repubblica [3] Dino Pesole, I debiti degli italiani, Editori Riuniti - 1996, pag. 29 [4] Base informativa pubblica della Banca d’Italia, sezione Statistiche di finanza pubblica nei Paesi dell’Unione Europea [5] Nel 1945 nacque la Sécurité Sociale in Francia e nel 1946 il National Healcare System in Gran Bretagna [6] Si noti che i governi che si succedettero fra il 1945 e il 1958 non ritennero nemmeno necessaria l’istituzione del Ministero della Sanità... [7] Libro bianco sull’IRPEF [8] Questa incongruenza fu una delle ragioni che spinsero Cesare Cosciani a dimettersi dall’omonima commissione prima della fine dei lavori [9] Disfunzioni ed iniquità dell’Irpef e possibili alternative: un’analisi del funzionamento dell’imposta sul reddito in Italia nel periodo 1977-83, Vincenzo Visco, 1984 [10] C. A. Ciampi: Considerazioni finali per l’anno 1983, p. 16 [11] C. A. Ciampi: Considerazioni finali per l’anno 1984, p. 23 [12] C. A. Ciampi: Considerazioni finali per l’anno 1985, p. 7 [13] Si, Ciampi ha ragione: le cose non vanno bene, 19 luglio 1984, La Repubblica [14] Il Presidente del Consiglio allarmato: ‘Deficit, un problema gigantesco’, 11 settembre 1985, La Repubblica [15] La Confindustria a Craxi: ‘Bisogna governare l’economia’, 11 luglio 1985, La Repubblica [16] Nuovo catasto e patrimoniale: queste le proposte comuniste, 31 ottobre 1984, La Repubblica [17] Io, ministro del buonsenso , 8 settembre 1985, La Repubblica [18] Ronald Reagan [19] C. A. Ciampi: Considerazioni finali per l’anno 1980, p. 23 [20] Ecco la strategia del rigore, 5 settembre 1985, La Repubblica [21] Il Fondo non crede alla nostra austerità, 8 ottobre 1985, La Repubblica [22] La CEE critica il bilancio italiano, 7 luglio 1985, La Repubblica [23] Per esempio, le statistiche venivano ristrette al gruppo del G7 al fine di escludere i paesi nordici che mostravano pressioni fiscali attorno al 50%. Da notare che, nemmeno in questo modo, l’Italia non figurò mai al primo posto. [24] Cinque mesi, 600 votazioni: adesso la finanziaria c’è, 27 febbraio 1986, La Repubblica [25] Il divorzio fra tesoro e Bankitalia e la lite delle comari, 26 luglio 1991, Il Sole 24 ORE [26] Incalzato dagli alleati, Craxi risponde in Senato, 31 luglio 1985, La Repubblica [27] Mercato finanziario, istituzioni e debito pubblico in Italia nella seconda metà del novecento, Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ [28] Dopo Torino, 5 dicembre 1985, La Repubblica [29] La finanziaria è solo l’inizio: per risanare ci vogliono tasse, 4 ottobre 1985, La Repubblica [30] Goria esclude ancora la tassazione dei BOT, 19 ottobre 1984, La Repubblica [31] Direzione Generale del Tesoro per il debito pubblico [32] A titolo di esempio, nello stesso anno il 38% del debito pubblico francese era finanziato con titoli indicizzati o a breve termine. La vita media del debito era di 6 anni. [33] Un governo più forte e la speculazione finirà, 3 aprile 1993, La Repubblica [34] Agnelli e Abete: due settimane di tempo per evitare il disastro, 9 settembre 1992, La Repubblica [35] Cioè lo stesso aumento registrato fra il 1981 e il 1991. Da notare che gli stessi tre anni si conclusero con un avanzo primario, dimostrando ancora una volta, che non era certo la spesa a far crescere il debito. [36] Tax cuts = smaller government, 20 gennaio 2003, The Wall Street Journal Europe