Stupidi Uomini Bianchi

 

  By: pigreco-san on Lunedì 18 Maggio 2015 13:04

Lasciamo stare il pensionato incapiente ma prendiamo per esempio il pensionto statale andato in pensione con l'ultimo stipendio retributivo a 50 anni, milioni di persone, colui che costa il 40% del debito pubblico colui che si prende tutta la torta della sanità pubblica un altro 20%. certo se li portano alla tomba senza fare nulla a 90-100 anni pieni di farmaci il debito pubblico nei prossimi anni salirà del doppio e son tutte spese per pensioni e sanità che assieme siamo oltre il 50% del pil per tenere in vita sti vecchi rimbambiti e ripieni di soldi che fino a 30 mila euri di pensione non pagano neanche spese mediche..poi son difesi dalla consulta un manipolo di vecchi..il 80% delle istuzioni ad alto livello è in mano a vecchi, 80% del patrimonio immobiliare è in mano ai vecchi, 80% dell'immigrazione di badandi serve solo per i vecchi..80% delle pubblicità ora è per vecchi..scale mobili, sostituzione vasche con box doccia ecc..un mercato fatto solo per vecchi..viaggi organizzati che portano bestiame di vecchi in giro per le città continuamente ma che non fa salire il pil perchè il vecchio non spende nulla ... un economia e ricette economiche fatte solo per salvaguardare i vecchi..anche lo stesso ritorno alla lira e stampaggio di banconote è fatto per tutelare i vecchi che hanno creato questo squilibrio e che non mollano nulla... si vogliono rivalutare le pensione quando non c'è inflazione e i tassi dei btp sotto 1%.. altra ladrata verso le generazioni future con il placet della consulta che sembra quella vecchia strega presente nei villaggi indiani che va foraggiata perchè depositaria del dogma... gli unici vecchi che una società seria deve tutelare sono gli incapienti... questo non è un paese per giovani a meno che non si metta seriamente mano alle pensioni e alla sanità...altro che euro unica vera arma che ora hanno i giovani..un euro senza inflazione....

 

  By: MR on Lunedì 18 Maggio 2015 12:35

#i#riguardo a MR sei te che scrivi puttanate "Bello il sinistrume depravato che per decenni ha elogiato puttanieri incalliti come Kennedy, Mitterand o...Pannella, diventare improvvisamente bigotto quando è Silvio a farsi spompinare allegramente."#/i# E dove sta l'errore? Siete voialtri che vi dite "sinistra" (che capisco più o meno quanto capisco la "destra") che elogiate quelle cloache, non io.

 

  By: MR on Lunedì 18 Maggio 2015 12:33

#i#Su libre se non sei contro l'euro non ti pubblicano manco l'articolo.. non è vero che lo stato italiota non può più fare nulla... che elimini tutte le pensioni immeritate che costano miliardi ogni anno.. che diminuisca tutti i privilegi dei politici... che elimini le regioni le province e accorpi i comuni che costano e non danno nulla in cambio a parte le aiuole fiorite... che licenzi tutti i dirigenti pubblici senza concorso.. che ricalcoli tutte le pensioni in maniera contributiva... che confischi i beni dei politici ladri e loro familiari... il pupillo è una benedizione... con l'euro un imprenditore non deve usare le banche se vuole fare impresa. deve usare capitali suoi e usare la testa. l'euro eliminerà tutti gli imprenditori ladri...#/i# Bevi meno. O quantomeno aspetta l'orario dell'aperitivo. Traduzione del tuo discorso: la deflazione si risolve tagliando domanda aggregata. Evvai.

 

  By: pana on Lunedì 18 Maggio 2015 10:41

ora mi tocca leggere che l euro porta l Europa in guerra e infatti nei 500 anni prima dell'EURO abbiamo avuto sempre pace vero ?

U.S. Navy Ridiculed Over Picture Of Commander With Rifle; 'We're Going To Lose A War' | Viral - YouTube

 

  By: pigreco-san on Lunedì 18 Maggio 2015 03:08

su libre se non sei contro l'euro non ti pubblicano manco l'articolo.. non è vero che lo stato italiota non può più fare nulla... che elimini tutte le pensioni immeritate che costano miliardi ogni anno.. che diminuisca tutti i privilegi dei politici... che elimini le regioni le province e accorpi i comuni che costano e non danno nulla in cambio a parte le aiuole fiorite... che licenzi tutti i dirigenti pubblici senza concorso.. che ricalcoli tutte le pensioni in maniera contributiva... che confischi i beni dei politici ladri e loro familiari... il pupillo è una benedizione... con l'euro un imprenditore non deve usare le banche se vuole fare impresa. deve usare capitali suoi e usare la testa. l'euro eliminerà tutti gli imprenditori ladri...

 

  By: Bullfin on Lunedì 18 Maggio 2015 02:50

idee LIBRE friends LIBRE news Recensioni segnalazioni . Sapir: aprite gli occhi, l’euro sta portando l’Europa in guerra Scritto il 17/4/15 • nella Categoria: idee Gettare l’euro nella spazzatura della storia. Lo chiede a gran voce il partito euroscettico tedesco “Alternative für Deutschland”, che dopo le ultime elezioni è entrato nelle assemblee locali di molti länder tedeschi. In allarme per le reazioni anti-tedesche in tutta Europa, nel suo recente memorandum sulla questione della Grecia, Afd si pronuncia a favore di un’uscita di Atene dall’Eurozona e per uno smantellamento generale di quest’ultima. I problemi di competitività dei paesi membri dell’area euro? Irrisolvibili, se non si possono svalutare le monete rispetto a quelle di economie più competitive. Afd, rileva l’economista francese Jacques Sapir, sottolinea infine come le cosiddette strategie di “svalutazione interna” si siano dimostrate disastrose da un punto di vista sociale, oltre che inefficaci: hanno infatti gettato più di mezza Europa in una trappola di “euro-austerità”. Oltre a Afd, in Germania ne parla anche una parte della Linke, legata a Oskar Lafontaine, mentre in Italia si segnalano voci no-euro come quelle di Stefano Fassina, esponenti di Forza Italia e del M5S, in linea col dibattito critico in corso anche in Olanda e in Spagna. «La Francia – scrive Sapir, in un post ripreso da “Vox Populi” – resta il solo paese in cui l’omertà dell’Ump e del Ps ha strozzato il dibattito», fondamentale per il futuro dell’Europa, «le cui tinte stanno diventando sempre più fosche a causa dell’esistenza dell’euro». Non è solo una questione economica o finanziaria, continua Sapir: non si sono mai viste né un’ampia unione di trasferimenti, né un’unione fiscale e men che meno un’unione sociale, «che avrebbero dovuto essere realizzate se si fosse voluto che l’euro avesse successo». Di tutto questo, «tutti i popoli dell’Unione economica e monetaria ne stanno ora pagando il prezzo». Ma quella dell’euro è anche e soprattutto una questione politica: «Avendo preteso – certamente a torto – che l’euro rappresentasse il completamento dell’Unione Europea, ora le classi dirigenti dei paesi membri sono terrorizzate dalla prospettiva di un suo fallimento, di cui perfino i più cocciuti tra loro iniziano a rendersi conto, e dalle conseguenze politiche che ne deriveranno». Credono che la fine dell’euro significherebbe la fine dell’Europa? «Non si rendono conto che è l’esistenza stessa dell’euro a sollevare un popolo contro l’altro, a far rivivere i vecchi antagonismi, ad aver fatto della guerra economica tra i paesi membri la normalità quotidiana, finché il conflitto militare, cosa che oggi è da temere, non arrivi a sostituirsi a questo conflitto economico». L’euro, continua Sapir, «distrugge i singoli paesi membri anche mettendo i lavoratori contro altri lavoratori, inventando nuove divisioni tra chi si avvantaggia dell’euro (in realtà una piccola minoranza) e chi invece vede la sua vita e il suo lavoro distrutti dall’euro, ed è questa ormai la realtà quotidiana per una maggioranza». Apriamo gli occhi, insiste Sapir: «La realtà è che l’euro ha distrutto l’Europa: non solamente le sue strutture istituzionali, che sarebbe dopotutto il male minore, ma anche le sue radici politiche e culturali. L’euro è la guerra. Ed è per questo che la dissoluzione dell’Eurozona non è solamente un obiettivo economico desiderabile, ma anche un’urgenza politica del nostro tempo». Gettare l’euro nella spazzatura della storia. Lo chiede a gran voce il partito euroscettico tedesco “Alternative für Deutschland”, che dopo le ultime elezioni è entrato nelle assemblee locali di molti länder tedeschi. In allarme per le reazioni anti-tedesche in tutta Europa, nel suo recente memorandum sulla questione della Grecia, Afd si pronuncia a favore di un’uscita di Atene dall’Eurozona e per uno smantellamento generale di quest’ultima. I problemi di competitività dei paesi membri dell’area euro? Irrisolvibili, se non si possono svalutare le monete rispetto a quelle di economie più competitive. Afd, rileva l’economista francese Jacques Sapir, sottolinea infine come le cosiddette strategie di “svalutazione interna” si siano dimostrate disastrose da un punto di vista sociale, oltre che inefficaci: hanno infatti gettato più di mezza Europa in una trappola di “euro-austerità”. Oltre a Afd, in Germania ne parla anche una parte della Linke, legata a Oskar Lafontaine, mentre in Italia si segnalano voci no-euro come quelle di Stefano Fassina, esponenti di Forza Italia e del M5S, in linea col dibattito critico in corso anche in Olanda e in Spagna. «La Francia – scrive Sapir, in un post ripreso da “Vox Populi” – resta il solo paese in cui l’omertà dell’Ump e del Ps ha strozzato il dibattito», fondamentale per il futuro dell’Europa, «le cui tinte stanno diventando sempre più fosche a causa dell’esistenza dell’euro». Non è solo una questione economica o finanziaria, continua Sapir: non si sono mai viste né un’ampia unione di trasferimenti, né un’unione fiscale e men che meno un’unione sociale, «che avrebbero dovuto essere realizzate se si fosse voluto che l’euro avesse successo». Di tutto questo, «tutti i popoli dell’Unione economica e monetaria ne stanno ora pagando il prezzo». Ma quella dell’euro è anche e soprattutto una questione politica: «Avendo preteso – certamente a torto – che l’euro rappresentasse il completamento dell’Unione Europea, ora le classi dirigenti dei paesi membri sono terrorizzate dalla prospettiva di un suo fallimento, di cui perfino i più cocciuti tra loro iniziano a rendersi conto, e dalle conseguenze politiche che ne deriveranno». Credono che la fine dell’euro significherebbe la fine dell’Europa? «Non si rendono conto che è l’esistenza stessa dell’euro a sollevare un popolo contro l’altro, a far rivivere i vecchi antagonismi, ad aver fatto della guerra economica tra i paesi membri la normalità quotidiana, finché il conflitto militare, cosa che oggi è da temere, non arrivi a sostituirsi a questo conflitto economico». L’euro, continua Sapir, «distrugge i singoli paesi membri anche mettendo i lavoratori contro altri lavoratori, inventando nuove divisioni tra chi si avvantaggia dell’euro (in realtà una piccola minoranza) e chi invece vede la sua vita e il suo lavoro distrutti dall’euro, ed è questa ormai la realtà quotidiana per una maggioranza». Apriamo gli occhi, insiste Sapir: «La realtà è che l’euro ha distrutto l’Europa: non solamente le sue strutture istituzionali, che sarebbe dopotutto il male minore, ma anche le sue radici politiche e culturali. L’euro è la guerra. Ed è per questo che la dissoluzione dell’Eurozona non è solamente un obiettivo economico desiderabile, ma anche un’urgenza politica del nostro tempo». http://www.libreidee.org/2015/04/sapir-aprite-gli-occhi-leuro-sta-portando-leuropa-in-guerra/

FULTRA 10 MARZO 2020: Qui sotto la fotocopia dal vero "cialtrone medio italico" : Antitrader. Fatene una copia del pensiero per i posteri e quando tra 50 anni vorranno capire perchè l' talia sia finita miseramente

 

  By: themaui on Lunedì 18 Maggio 2015 02:23

#b#Maastricht? Non ci risulta: la rovina dell’Italia siamo noi#/b# L’Italia sprofonda in una crisi senza uscita? Tutta colpa nostra. Siamo pigri, ignoranti, poco innovativi e anche disonesti, vista l’elevata evasione fiscale. Per non parlare del debito pubblico, troppo elevato rispetto al Pil. Nonostante le analisi di prestigiosi economisti, ormai diventate un coro di fronte allo sfacelo planetario dell’Ue e dell’Eurozona, resta ben viva sui media la voce del mainstream, secondo cui il debito sovrano è un problema, anziché un insostituibile motore di sviluppo. Visione alla quale non si sottraggono osservatori come Guglielmo Forges Davanzati, per i quali, semplicemente, l’Italia ha perso il passo già negli anni ‘90. Il male oscuro? Non il Trattato di Maastricht, non lo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia con la “privatizzazione” del debito, consegnato alla speculazione finanziaria internazionale, ma la mancanza di adeguate politiche industriali per consentire al made in Italy di continuare a competere col resto del mondo.I governi che si sono succeduti a partire dagli anni ottanta, scrive Davanzati su “Micromega”, hanno rinunciato ad attuare politiche industriali, confidando nella presunta “vitalità” della nostra imprenditoria, fidando nella filosofia del “piccolo è bello”. La costante riduzione della domanda interna, aggiunge l’analista, è derivata non solo dalla riduzione di consumi e investimenti privati, «ma soprattutto da riduzioni della spesa pubblica e continui aumenti della pressione fiscale». Chi e perché ha indotto quelle politiche? Davanzati non lo spiega, preferendo concentrarsi sul loro esito disastroso: i tagli alla spesa hanno indebolito il sistema e il declino della domanda interna ha ridotto i mercati di sbocco, mettendo in crisi la maggioranza delle aziende (medio-piccole), fortemente dipendenti dal credito bancario. Poi, la crisi dei mutui subprime negli Usa è rimbalzata nella cosiddetta crisi dei debiti sovrani nell’Eurozona, con caduta della domanda globale, riduzioni dell’export, austerity, esplosione paurosa della disoccupazione.Unica mossa tentata: detassare e precarizzare il lavoro. Misura ingiusta e comunque insufficiente: «Se le aspettative sono pessimistiche gli investimenti non vengono effettuati e il solo effetto che può verificarsi è un aumento dei profitti netti». Giocare al ribasso, inoltre, disincentiva l’innovazione delle imprese. Servirebbe il contrario del Jobs Act, e cioè regole rigide e tutele per i dipendenti. Davanzati cita Keynes: «Se si paga meglio una persona si rende il suo datore di lavoro più efficiente, forzandolo a scartare metodi e impianti obsoleti, affrettando la fuoriuscita dall’industria degli imprenditori meno efficienti, elevando così lo standard generale». In altri termini, sostiene Davanzati, politiche di alti salari combinate con maggiore rigidità del rapporto di lavoro possono generare una condizione che aiuta le imprese a migliorare e crescere, puntando proprio sull’innovazione, senza contare che salari più alti «contribuiscono a tenere elevata la domanda aggregata, generando un potenziale circolo virtuoso di alta domanda ed elevata produttività».E’ esattamente il contrario di quanto è accaduto in Italia nell’ultimo ventennio, chiosa Davanzati. Già, ma perché è accaduto? Italiani pasticcioni o traviati da manovratori occulti? Nino Galloni, economista della Sapienza e già super-tecnico al ministero del bilancio, chiarisce: prima ancora del terremoto della globalizzazione, i guai veri per l’Italia sono cominciati nel 1981, quando la Banca d’Italia ha cessato di fare da “bancomat del governo”, costringendo l’esecutivo ad avvalersi dei titoli di Stato, acquistati dalla finanza internazionale, come fonte primaria di finanziamento pubblico. Immediata l’esplosione del debito, divenuta catastrofica con l’adozione dell’euro, moneta non più emessa dall’Italia. Galloni sintetizza: l’Italia non stava sulla luna, ma nell’Europa in cui la Francia di Mitterrand impose l’euro alla Germania che voleva la riunificazione tedesca del 1989. Kohl accettò a una condizione: che venisse sabotato il sistema industriale italiano, cioè il maggior concorrente dell’export di Berlino. A valle, quindi, gli inevitabili “errori” nella politica industriale, gli “incomprensibili” ritardi, i fallimenti a catena.Craxi fu il primo a profetizzare che, con Maastricht, l’Italia ci avrebbe rimesso le penne. Andreotti provò a resistere. E Galloni racconta che lo stesso Kohl fece pressioni, personalmente, per allontanare dal governo i funzionari come Galloni, che i “titoli di coda” per l’economia nazionale li avevano già visti alla fine degli anni ‘80. Fino a qualche anno fa, il fatidico meeting del Britannia per la svendita dell’Italia e la sua deindustrializzazione forzata era relegato tra le pieghe della letteratura “cospirazionista”, così come le pagine di libri usciti in questi anni, per esempio “Il golpe inglese”, di Giovanni Fasanella e Mario José Cereghino (Chiarelettere). A bordo del Britannia nel ‘92 c’era Draghi, allora al Tesoro, poi promosso governatore di Bankitalia e oggi alla guida della Bce. Ciampi, al vertice della Banca d’Italia all’epoca del divorzio dal governo, venne eletto addirittura al Quirinale. Nessi impossibili da ignorare, a proposito di “strano” declino del made in Italy.Un altro luogo comune, citato dallo stesso Davanzati che parla di “ipertrofia” dell’apparato pubblico (in linea con la retorica padronale di Renzi), riguarda il presunto peso della pubblica amministrazione: secondo l’Eurispes, in Italia si contano 58 impiegati pubblici ogni 1.000 abitanti contro i 135 della Svezia, i 94 della Francia, i 92 del Regno Unito, i 65 della Spagna e i 54 della Germania. Inoltre, negli ultimi 10 anni l’Italia ha visto diminuire i propri dipendenti pubblici del 4,7%, mentre tutti gli altri hanno assunto: +36,1% in Irlanda, +29,6% in Spagna, +12,8% in Belgio e +9,5% nel Regno Unito. Il pubblico impiego da noi pesa per l’equivalente dell’11,1% del Pil. Anche in questo caso, la vituperata burocrazia pubblica italiana si attesta in realtà su numeri tra i più bassi in Europa: in Danimarca il costo del pubblico impiego è pari al 19,2% del Pil, in Svezia e Finlandia al 14,4% mentre Francia, Belgio e Spagna spendono, rispettivamente, il 13,4%, il 12,6% e l’11,9% del Pil. Tutti, ma proprio tutti, più dell’Italia.Paolo Barnard ha spesso citato analoghe statistiche sul tasso di produttività: quello dei lavoratori italiani surclassa, storicamente, la capacità produttiva dei mitici lavoratori tedeschi. Com’è noto, Barnard si distingue per l’acutezza spietata dall’analisi: il sabotaggio dell’economia italiana a vantaggio dell’élite finanziaria straniera, con la necessaria complicità di “collaborazionisti” nostrani ricompensati con carriere d’oro, si sviluppa negli ultimi decenni in perfetta ottemperanza del famigerato “Memorandum” di Lewis Powell, l’avvocato di Wall Street incaricato già all’inizio degli anni ‘70 di stilare un vademecum per consentire agli oligarchi di liquidare la sinistra negli Usa e in Europa. Istruzioni eseguite alla lettera: “comprare” i leader di partiti e sindacati per indurli a varare norme contro i lavoratori, infiltrare università, giornali, televisioni e sistema editoriale per forgiare il dogma del pensiero unico neoliberista, cioè la fine dello Stato sovrano, la Costituzione democratica nata dalla Resistenza per tutelare i cittadini con pari diritti e pari opportunità.Con Renzi siamo all’atto finale, la privatizzazione universale definitiva. Non manca chi invoca una politica diversa e magari salari più alti. Già, ma con che soldi? Senza più moneta sovrana, lo Stato ora è in bolletta ed è costretto a super-tassare: lo Stato “risparmia”, quindi condanna aziende e famiglie. Siamo arrivati al puro delirio del pareggio di bilancio: lo Stato ridotto a colonia, impossibilitato a spendere, costretto a restituire ogni centesimo e con gli interessi, come se non fosse più un ente pubblico ma una semplice azienda privata, una normale famiglia alle prese con un debito contratto con la banca. Eppure, il mainstream continua a trascurare la portata termonucleare dell’euro-cataclisma, la fine dell’interesse pubblico, la morte clinica degli investimenti capaci di produrre occupazione. E in pieno 2015 preferisce continuare a parlare di errori, ataviche pigrizie e imperdonabili miopie nella piccola e provinciale Italietta, incapace – per tara genetica – di sviluppare una seria politica industriale. L’Italia sprofonda in una crisi senza uscita? Tutta colpa nostra. Siamo pigri, ignoranti, poco innovativi e anche disonesti, vista l’elevata evasione fiscale. Per non parlare del debito pubblico, troppo elevato rispetto al Pil. Nonostante le analisi di prestigiosi economisti, ormai diventate un coro di fronte allo sfacelo planetario dell’Ue e dell’Eurozona, resta ben viva sui media la voce del mainstream, secondo cui il debito sovrano è un problema, anziché un insostituibile motore di sviluppo. Visione alla quale non si sottraggono osservatori come Guglielmo Forges Davanzati, per i quali, semplicemente, l’Italia ha perso il passo già negli anni ‘90. Il male oscuro? Non il Trattato di Maastricht, non lo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia con la “privatizzazione” del debito, consegnato alla speculazione finanziaria internazionale, ma la mancanza di adeguate politiche industriali per consentire al made in Italy di continuare a competere col resto del mondo. I governi che si sono succeduti a partire dagli anni ottanta, scrive Davanzati su “Micromega”, hanno rinunciato ad attuare politiche industriali, confidando nella presunta “vitalità” della nostra imprenditoria, fidando nella filosofia del “piccolo è Par7422038bello”. La costante riduzione della domanda interna, aggiunge l’analista, è derivata non solo dalla riduzione di consumi e investimenti privati, «ma soprattutto da riduzioni della spesa pubblica e continui aumenti della pressione fiscale». Chi e perché ha indotto quelle politiche? Davanzati non lo spiega, preferendo concentrarsi sul loro esito disastroso: i tagli alla spesa hanno indebolito il sistema e il declino della domanda interna ha ridotto i mercati di sbocco, mettendo in crisi la maggioranza delle aziende (medio-piccole), fortemente dipendenti dal credito bancario. Poi, la crisi dei mutui subprime negli Usa è rimbalzata nella cosiddetta crisi dei debiti sovrani nell’Eurozona, con caduta della domanda globale, riduzioni dell’export, austerity, esplosione paurosa della disoccupazione. Unica mossa tentata: detassare e precarizzare il lavoro. Misura ingiusta e comunque insufficiente: «Se le aspettative sono pessimistiche gli investimenti non vengono effettuati e il solo effetto che può verificarsi è un aumento dei profitti netti». Giocare al ribasso, inoltre, disincentiva l’innovazione delle imprese. Servirebbe il contrario del Jobs Act, e cioè regole rigide e tutele per i dipendenti. Davanzati cita Keynes: «Se si paga meglio una persona si rende il suo datore di lavoro più efficiente, forzandolo a scartare metodi e impianti obsoleti, affrettando la fuoriuscita dall’industria degli imprenditori meno efficienti, elevando così lo standard generale». In altri termini, sostiene Davanzati, politiche di alti salari combinate con maggiore rigidità del rapporto di lavoro possono generare una condizione che aiuta le imprese a migliorare e crescere, puntando proprio sull’innovazione, senza Guglielmo Forges Davanzaticontare che salari più alti «contribuiscono a tenere elevata la domanda aggregata, generando un potenziale circolo virtuoso di alta domanda ed elevata produttività». E’ esattamente il contrario di quanto è accaduto in Italia nell’ultimo ventennio, chiosa Davanzati. Già, ma perché è accaduto? Italiani pasticcioni o traviati da manovratori occulti? Nino Galloni, economista della Sapienza e già super-tecnico al ministero del bilancio, chiarisce: prima ancora del terremoto della globalizzazione, i guai veri per l’Italia sono cominciati nel 1981, quando la Banca d’Italia ha cessato di fare da “bancomat del governo”, costringendo l’esecutivo ad avvalersi dei titoli di Stato, acquistati dalla finanza internazionale, come fonte primaria di finanziamento pubblico. Immediata l’esplosione del debito, divenuta catastrofica con l’adozione dell’euro, moneta non più emessa dall’Italia. Galloni sintetizza: l’Italia non stava sulla luna, ma nell’Europa in cui la Francia di Mitterrand impose l’euro alla Germania che voleva la riunificazione tedesca del 1989. Kohl accettò a una condizione: che venisse sabotato il sistema industriale italiano, cioè il maggior concorrente dell’export di Berlino. A valle, quindi, gli inevitabili “errori” nella politica Nino Galloniindustriale, gli “incomprensibili” ritardi, i fallimenti a catena. Craxi fu il primo a profetizzare che, con Maastricht, l’Italia ci avrebbe rimesso le penne. Andreotti provò a resistere. E Galloni racconta che lo stesso Kohl fece pressioni, personalmente, per allontanare dal governo i funzionari come Galloni, che i “titoli di coda” per l’economia nazionale li avevano già visti alla fine degli anni ‘80. Fino a qualche anno fa, il fatidico meeting del Britannia per la svendita dell’Italia e la sua deindustrializzazione forzata era relegato tra le pieghe della letteratura “cospirazionista”, così come le pagine di libri usciti in questi anni, per esempio “Il golpe inglese”, di Giovanni Fasanella e Mario José Cereghino (Chiarelettere). A bordo del Britannia nel ‘92 c’era Draghi, allora al Tesoro, poi promosso governatore di Bankitalia e oggi alla guida della Bce. Ciampi, al vertice della Banca d’Italia all’epoca del divorzio dal governo, venne eletto addirittura al Quirinale. Nessi impossibili da ignorare, a proposito di “strano” declino del made in Italy. Un altro luogo comune, citato dallo stesso Davanzati che parla di “ipertrofia” dell’apparato pubblico (in linea con la retorica padronale di Renzi), riguarda il presunto peso della pubblica amministrazione: secondo l’Eurispes, in Italia si contano 58 impiegati pubblici ogni 1.000 abitanti contro i 135 della Svezia, i 94 della Francia, i 92 del Regno Unito, i 65 della Spagna e i 54 della Germania. Inoltre, negli ultimi 10 anni l’Italia ha visto diminuire i propri dipendenti pubblici del 4,7%, mentre tutti gli altri hanno assunto: +36,1% in Irlanda, +29,6% in Spagna, +12,8% in Belgio e +9,5% nel Regno Unito. Il pubblico impiego da noi pesa per l’equivalente dell’11,1% del Pil. Anche in questo caso, la vituperata burocrazia pubblica italiana si attesta in realtà su numeri tra i più bassi in Europa: in Danimarca il costo del pubblico impiego è pari al 19,2% del Pil, in Svezia e Finlandia al 14,4% mentre Francia, Belgio e Spagna spendono, rispettivamente, il 13,4%, il 12,6% e l’11,9% del Pil. Tutti, ma proprio tutti, più dell’Italia. Paolo Barnard ha spesso citato analoghe statistiche sul tasso di produttività: quello dei lavoratori italiani surclassa, storicamente, la capacità produttiva dei mitici lavoratori tedeschi. Com’è noto, Barnard si distingue per l’acutezza spietata dall’analisi: il sabotaggio dell’economia italiana a vantaggio dell’élite finanziaria straniera, con la necessaria complicità di “collaborazionisti” nostrani ricompensati con carriere d’oro, si sviluppa negli ultimi decenni in perfetta ottemperanza del famigerato “Memorandum” di Lewis Powell, l’avvocato di Wall Street incaricato già all’inizio degli anni ‘70 di stilare un Lewis Powellvademecum per consentire agli oligarchi di liquidare la sinistra negli Usa e in Europa. Istruzioni eseguite alla lettera: “comprare” i leader di partiti e sindacati per indurli a varare norme contro i lavoratori, infiltrare università, giornali, televisioni e sistema editoriale per forgiare il dogma del pensiero unico neoliberista, cioè la fine dello Stato sovrano, la Costituzione democratica nata dalla Resistenza per tutelare i cittadini con pari diritti e pari opportunità. Con Renzi siamo all’atto finale, la privatizzazione universale definitiva. Non manca chi invoca una politica diversa e magari salari più alti. Già, ma con che soldi? Senza più moneta sovrana, lo Stato ora è in bolletta ed è costretto a super-tassare: lo Stato “risparmia”, quindi condanna aziende e famiglie. Siamo arrivati al puro delirio del pareggio di bilancio: lo Stato ridotto a colonia, impossibilitato a spendere, costretto a restituire ogni centesimo e con gli interessi, come se non fosse più un ente pubblico ma una semplice azienda privata, una normale famiglia alle prese con un debito contratto con la banca. Eppure, il mainstream continua a trascurare la portata termonucleare dell’euro-cataclisma, la fine dell’interesse pubblico, la morte clinica degli investimenti capaci di produrre occupazione. E in pieno 2015 preferisce continuare a parlare di errori, ataviche pigrizie e imperdonabili miopie nella piccola e provinciale Italietta, incapace – per tara genetica – di sviluppare una seria politica industriale. http://www.libreidee.org/2015/05/maastricht-non-ci-risulta-la-rovina-dellitalia-siamo-noi/

 

  By: pigreco-san on Lunedì 18 Maggio 2015 02:12

Bull sveglia altrimenti da oggi sei il montanaro.."il" l'ho messo a posta per far capire che era una licenza poetica che spessissimo mi prendo visti i discorsi da bar ma come vedo il bellunese non ghe riva.. valà rileggi quello che scrivi te in italiota che è meglio xchè di errori ne fai a iosa ma non faccio il bimbetto e ragiono sul senso,,, se non hai nulla da dire meglio star zitti ogni tanto che non guasta... ribatti all'argomento e non alluitalico che la frase si capisce.è messa apposta così..:) come il forecast :) riguardo a MR sei te che scrivi puttanate "Bello il sinistrume depravato che per decenni ha elogiato puttanieri incalliti come Kennedy, Mitterand o...Pannella, diventare improvvisamente bigotto quando è Silvio a farsi spompinare allegramente."

 

  By: MR on Domenica 17 Maggio 2015 22:49

Pigreco, non so cosa voglia dire "destroide". Io sono contro il libero mercato, per dire. Sono anche contro al capitalismo genericamente inteso. Per il resto, sei tu che devi fare un pochino di pulizia in casa, non io. Io sono estremamente coerente con i miei riferimenti.

 

  By: Bullfin on Domenica 17 Maggio 2015 22:40

I destroidi alla MR proprio non hanno esempi. prendono della sinistra kennedy, non italiano, del pase più guerrafondaio del mondo dove la sinistra americana, con la pistola in tasca, è più simile alla destra paund italica. l'america avrà 1% di gente di sinistra come si intende in italia. Allora il accolturato di detra prende un europeo, un francese ahahah un francese..non serve altro..( ecmq quei due li erano dei signori in confronto in termini di donne) poi allora arriva all'italico e per prendere uno di sinistra prende pannella.ahahahah pannella?è uno che tromba o digiuna? ho sempre pensato che un pazzoide così fosse di destra..non mi pare che abbia idee di sinistra poi è bravo dove gli comoda ad aggraziarsi la sinistra estrema con i canotti, ma anche la destra estrema ...un casisnista che giustamente è sempre rimasto nei bordi italici con battaglie singole senza mai schierarsi... son sicuro che hai fatto l'ipsia. Signori!...notare "Allora il accolturato..."...Pigreco torna alle elementari che è meglio.... Mi dirai...eh capita...un bel azzo...fosse uno va beh, fossero due passi...ma prova a rileggere quello che hai scritto....CAPRA!!! :).. Pannella è DI SINISTRA..E' per le droghe, per il divorzio, per l'eutanasia...devo andare ancora avanti?.... Ha ragione Oscar.....insomma sei una prostituta politica :)...va dar via i ciap!! :).

FULTRA 10 MARZO 2020: Qui sotto la fotocopia dal vero "cialtrone medio italico" : Antitrader. Fatene una copia del pensiero per i posteri e quando tra 50 anni vorranno capire perchè l' talia sia finita miseramente

 

  By: pigreco-san on Domenica 17 Maggio 2015 22:23

I destroidi alla MR proprio non hanno esempi. prendono della sinistra kennedy, non italiano, del pase più guerrafondaio del mondo dove la sinistra americana, con la pistola in tasca, è più simile alla destra paund italica. l'america avrà 1% di gente di sinistra come si intende in italia. Allora il accolturato di detra prende un europeo, un francese ahahah un francese..non serve altro..( ecmq quei due li erano dei signori in confronto in termini di donne) poi allora arriva all'italico e per prendere uno di sinistra prende pannella.ahahahah pannella?è uno che tromba o digiuna? ho sempre pensato che un pazzoide così fosse di destra..non mi pare che abbia idee di sinistra poi è bravo dove gli comoda ad aggraziarsi la sinistra estrema con i canotti, ma anche la destra estrema ...un casisnista che giustamente è sempre rimasto nei bordi italici con battaglie singole senza mai schierarsi... son sicuro che hai fatto l'ipsia.

 

  By: Tuco on Domenica 17 Maggio 2015 21:02

Da Boldrin ( del quale non condivido sempre tutto, ma questo si ): Il punto è semplicissimo: il carattere morale, la struttura psicologica, la personalità del politico sono essenziali per poter giudicare come ci governerà. Ed il "carattere" di una persona è un unicum, complesso, nel quale tutto si tiene, nel quale vale il principio secondo cui variazioni locali anche relativamente piccole possono avere effetti sostanziali in aree lontane della mente di una persona. Non esiste, in generale, la mia personalità pubblica separata da quella privata. A volte forse è potuta esistere, ma si tratta di fortunate (o sfortunate: pensate agli Hitler ed agli Stalin che, a sentire gli agiografi, nel privato erano deliziosi esseri umani) eccezioni sulle quali non si costruisce la norma sociale. Quindi, se il politico X si diverte, in privato, ad affamare il proprio gatto preferisco saperlo. Poi vedrò io cosa fare di quell'informazione. Il politico vuole il potere e tale potere, una volta ottenuto, verrà esercitato con un altro grado di discrezionalità. Quindi è nell'interesse dell'elettore avere più informazione possibile sulle caratteristiche personali dell'aspirante capo. La posizione del politico e dell'elettore non sono simmetriche. La scelta di chi votare è personale, si eleggono persone. I miei valori morali non devono coincidere con quelli degli altri, in generale ognuno ha i propri, anche all'interno di una medesima area politica. Proprio per questo ognuno di noi è interessato ai principi morali effettivi, praticati e dimostrati, del politico: per poter personalmente e liberamente giudicare se essi sono affini ai nostri o meno. Per fare questo occorre che i principi morali dell'aspirante capo siano i più espliciti possibile e che si trovi una qualche maniera di renderli vincolanti. La "statura morale" dell'aspirante capo conta.

SLAVA UKRAINII !

 

  By: antitrader on Domenica 17 Maggio 2015 19:07

Avete un concetto molto bizzarro di "privato". Un comportamento (positivo o negativo che sia) puo' essere considerato privato solo se noto solo a una ristretta cerchia di individui. Non e' l'atto in se che ha particolari proprieta' che lo rendono pubblico o privato ma e' lo sfoggio (o anche gli spifferi) che si fa di tale comportamento a renderlo inevitabilmente pubblico. Silvio era convinto (forse anche a ragione date le caratteristiche della fauna sottostante) di guadagnare molti punti facendo sfoggio delle sue bravate da materasso o da scrivania e quindi non prendeva precauzione alcuna finendo col riempire il parlamento (e anche il consiglio dei ministri) di soavi signorine. Il duce non si porto' mica la petacci al governo, al max se la portava a letto. Gli effetti delle gesta del silvio nazionali si manifestano tuttora. Alla regione Campania hanno candiadto tal Cozzolino, il fidanzato farlocco della Noemi fatto arrivare in fretta e furia da mediaset per far da copertura al silvio. E mo' ti ritrovi pure il fidanzato (quello farlocco) della Noemi in consiglio regionale con annesso salario e futuro vitalizio a spese del contribuente. Tie'!

 

  By: lutrom on Domenica 17 Maggio 2015 18:43

Ottimo, MR!! E' come per i somari colleghi della mia scuola: sono stati per decenni a ragliare sulle immense differenze ontologiche ermeneutiche escatologiche e metafisiche tra i sommi sinistri ed i destri demoniaci nanisti: ora però, scherzo del destino, la riforma da loro più odiata viene proprio dal sinistro renzino... Aaahhh, gli scherzi del destino... Ma (detto dal sottoscritto che odia Renzi), ben gli sta e, per certa gente, bene fa Renzi (anche se, ripeto, è un pessimo individuo e politico).

 

  By: MR on Domenica 17 Maggio 2015 18:17

Bello il sinistrume depravato che per decenni ha elogiato puttanieri incalliti come Kennedy, Mitterand o...Pannella, diventare improvvisamente bigotto quando è Silvio a farsi spompinare allegramente.