By: Moderatore on Mercoledì 12 Marzo 2003 12:23
--------------da WEBSIM 12/03----------------
TELECOM ITALIA ORD e RISP. Dopo aver utilizzato parte dei fondi raccolti (9 miliardi Eu) per garantire il diritto di recesso agli azionisti Olivetti ad un prezzo medio di circa 1 Eu x azione, Telecom Italia userà i soldi rimasti (4 miliardi Eu in caso di adesione totale degli azionisti di minoranza Olivetti) per riacquistare il 10/12% delle Telecom Italia ord e risp sul mercato con un premio del 20% sul prezzo attuale. Notizia positiva.
Successivamente, alle azioni rimaste in portafoglio la società garantirà una remunerazione minima in linea con quella attuale. Se il dividendo resterà come lo scorso anno di 0,31 Eu per l'azione ord. e di 0,32 Eu per l'azione risp. il rispettivo rendimento sugli ultimi prezzi è del 4,4% e dell'8%. Altra notizia positiva.
L'operazione è nel complesso favorevole alle azioni Telecom Italia. Come promesso nel corso del recente "Telecom day" sono stati garantiti i diritti degli azionisti di minoranza (soprattutto il dividendo). Riteniamo che dopo il recente il crollo delle quotazioni, i titoli ordinari e risparmio rappresentino una buona opportunità d'acquisto.
-----------da FINANZA E MERCATI 12/03--------
Il numero uno del gruppo Pirelli-Telecom Italia, Marco Tronchetti Provera, ha detto che l'operazione di accorciamento della catena di controllo è nell'interesse di tutti gli azionisti, rispondendo a un analista che giudicava l'operazione penalizzante per gli azionisti Telecom Italia. "E' un progetto basato su valutazioni fatte da diversi analisti, da banche e da auditor indipendenti", ha detto Tronchetti Provera, durante un incontro con la comunità finanziaria tuttora in corso. "Quello che abbiamo fatto è nell'interesse di tutti gli azionisti, siamo assolutamente tranquilli con quello che stiamo facendo". Il gruppo ha annunciato oggi l'accorciamento della catena di controllo in un'operazione che prevede la fusione Olivetti-Telecom Italia, e quella tra Pirelli e Pirelli & C.
-------------da BORSA E FINANZA 12/03--------
Reverse merger. Un’espressione complicata ma che, presto, diventerà familiare a chi circola in piazza Affari e dintorni. Così, infatti, viene definita un’operazione di fusione per mezzo della quale la società controllante viene inglobata nella controllata. Proprio la strada che dovrebbe percorrere Olivetti quando Marco Tronchetti Provera darà il via al piano per accorciare la catena che separa la controllante da Telecom Italia. L’operazione «al contrario» presenta infatti una serie di vantaggi finanziari e industriali. Primo, con Olivetti in Telecom verrebbe risolto ab origine il problema dell’eventuale conversione delle Telecom rnc in ordinarie; il gruppo d’Ivrea non detiene infatti alcun titolo senza diritto di voto, cosa che rende difficile fissare un prezzo di conversione e stabilire un concambio soddisfacente per il socio di risparmio.
Secondo, la fusione classica creerebbe problemi di controllo con Olimpia che passerebbe dal 29 al 5% del capitale Olivetti. Terzo, il reverse merger porterebbe alla cancellazione dei 2,8 miliardi di azioni Telecom nelle casse della holding già di Ivrea, con il risultato di un miglioramento dell’eps della nuova entità tra il 2 e il 5%. C’è infine un ultimo vantaggio strettamente legato alla strategia industriale: le licenze sono in mano a Telecom Italia e quest’ultima ha più di 100mila dipendenti contro i 5mila della controllante, con tutte le complicazioni che porterebbe l’eventuale rinegoziazione dei contratti collettivi di lavoro.
IL VANTAGGIO FISCALE. Ma oltre ai possibili tagli dei costi di struttura, il reverse merger consente anche un notevole risparmio fiscale. Dopo l’Opa del ’99 a 10,5 euro per azione e le successive ripetute operazioni sul capitale, la holding di Ivrea ha in carico azioni Telecom a circa 11 euro, quasi il doppio rispetto agli attuali valori di Borsa. Ciò significa che, per effetto della fusione per incorporazione di Olivetti in Telecom Italia, ci sarebbe una differenza negativa di oltre 7 miliardi, l’equivalente di una deduzione fiscale di circa 2 miliardi. La nuova entità avrebbe inoltre 33,3 miliardi di debiti e un leverage maggiore, auspicabile per ottimizzare la leva finanziaria e abbattere l’utile. Una soluzione che viene caldeggiata dalle agenzie di rating, che hanno più volte promesso un upgrade sulla qualità del debito del gruppo in caso di accorciamento della catena: attualmente Standard & Poor’s valuta i bond di Olivetti BBB e quelli di Telecom BBB+, perché considera già l’azienda come un unicum.
Ora, dato che la parte più pesante del debito è a carico di Olivetti (15,1 miliardi contro i 18,2 di Telecom che però vanta profitti robusti e cash flow elevato), l’incorporazione del gruppo più esposto in quello che genera cassa potrebbe avere addirittura l’effetto di accelerare i tempi del riequilibrio della finanza, con il risultato non secondario di rendere più facile e rapida la promozione del rating. Allo stato delle cose, infatti, l’unica via per ridurre i debiti Olivetti (ormai una scatola vuota senz’altro asset oltre ai titoli della controllata telefonica) passa attraverso il pagamento dei dividendi prodotti dalla Telecom, una strada costosa per le casse del gruppo.
Un innalzamento dell’investment grade si tradurrebbe poi in un notevole risparmio in termini di oneri finanziari. Ecco perché la semplificazione della struttura societaria creerebbe valore sia per i piccoli sia per i grandi azionisti raccolti in Olimpia. Quest’ultima nel 2001 ha pagato le azioni Olivetti 4,5 volte il loro attuale valore (3,9 euro); nonostante abbia mediato il prezzo di carico, il veicolo che fa capo a Pirelli (50,4% del capitale) rischia di non remunerare mai il suo investimento, perché i futuri dividendi della Olivetti di oggi basterebbero appena per ripagare gli interessi. Una volta completata la fusione e ripianato il debito Oli-Telecom, anche Olimpia potrebbe beneficiare di cedole sempre maggiori.
TIMING E MODALITÀ. Da quando ha assunto il controllo di Telecom, Tronchetti Provera continua a ribadire che l’accorciamento della catena è una priorità del gruppo. «L’operazione si farà quando le condizioni di mercato lo consentiranno e a prezzi di Borsa tali da soddisfare gli interessi di tutti gli azionisti». Così durante il Telecom Day dello scorso 14 febbraio il numero uno della Bicocca ha rinnovato la sua promessa agli investitori. Tronchetti è inoltre consapevole del fatto che prolungare l’incertezza sul timing e sulle modalità dell’operazione significa penalizzare l’andamento dei titoli.
Ed è per questo motivo che ogni aspetto dell’integrazione verrà vagliato nei minimi particolari. Del resto, «non esiste nemmeno un banca d’affari - ha dichiarato Tronchetti Provera - che non ci abbia già proposto una serie di opzioni per accorciare la catena». Ma i piccoli azionisti possono dormire sonni tranquilli, perché il dividendo, una delle attrattive del gruppo italiano di telefonia, è garantito in ogni caso. Con un reverse merger ai prezzi di mercato (queste le condizioni dell’operazione), sia gli azionisti rnc sia quelli del gruppo in pectore avranno infatti la stessa cedola che hanno sempre ricevuto. Da una parte l’utile per azione aumenterà; dall’altra, grazie alla maggiore leva, il gruppo riuscirà anche a dedicare un importante fetta del cash flow alla riduzione del debito.
L’unico scotto che Tronchetti Provera, Emilio Gnutti, Gilberto Benetton, Intesa e Unicredito dovranno pagare è la riduzione della loro partecipazione al 15-16% del capitale. Ma non tutto il male viene per nuocere. L’effetto contendibilità aumenterà il valore del gruppo (e quindi valorizzerà la partecipazione di tutti gli azionisti di Olimpia), che diventerà finalmente una public company.
Anche la governance della società, che peraltro secondo Deminor è la migliore dei gruppi di tlc europei, migliorerà ulteriormente. E Olimpia? Meglio diluirsi in una società sana che detenere il controllo di una holding indebitata. Del resto, come lo stesso Tronchetti ha più volte ripetuto, «la prima condizione per governare non è la quota di controllo, ma un management che soddisfi gli interessi di tutti gli azionisti».
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