By: lanci on Martedì 17 Maggio 2005 17:51
copio e incollo perchè nemmeno io (sic!) sarei stato capace di scriverlo meglio
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di Oscar Giannino
Diceva Aldous Huxley che la costanza è contraria alla natura umana e anzi alla vita, perché gli unici costanti sono i morti. E' una massima che si adatta bene alle politiche fiscali seguite in questi anni da chi aveva vinto promettendo agli italiani meno fisco e più incentivi al lavoro e all'intrapresa, ma ha compromesso tutto dimenticando che l'abbattimento fiscale se promesso va realizzato concentrato nel tempo e appena vinte le elezioni, per consentire poi nel medio lungo periodo agli incentivi sul lato dell'offerta di produrre i propri effetti ed ampliare così la base imponibile grazie alla crescita del prodotto. Non averlo fatto, non solo renderà con ogni probabilità impossibile a noi poveri sinceri sostenitori dell'abbattimento del prelievo - ma se lo si sa realizzare davvero, ché ci vuol testa più fina che limitarsi a predicarlo - di avere qualche chance di soddisfazione. Ma provoca anche immediate contraddizioni e passi del gambero, sotto l'emergenza finanziaria odierna. Basti l'esempio, in questi giorni, dell'improvvisa inopinata febbre che attraversa maggioranza e opposizione a favore dell'innalzamento del prelievo sugli impieghi finanziari, che naturalmente basta qualificare come «rendite» per avere subito un quadrettino alla George Grosz di pingui rentier da torchiare mentre l'esausto lavoratore geme e stringe la cinghia.
Non scendiamo qui in dettagli tecnici, che pure sarebbero necessari. Limitiamoci a un ragionamento per le grosse. Omogeinizzare le diverse aliquote sugli impieghi finanziari, dal 12,5 per cento che grava su plusvalenze di borsa e titoli di Stato al 25 che grava sul conto interessi dei conti bancari, rispetto all'imposizione sul lavoro, avrebbe certo un senso preciso in direzione della neutralità del prelievo stesso: articolo di fede per noi liberisti, che non crediamo al costruttivismo del legislatore che con aliquote differenziate intende a suo giudizio promuovere vere o presunte virtù di cui ritiene aver consapevolezza meglio di ciascun singolo investitore e lavoratore. Per questo noi diciamo «viva la flat tax”. Ma naturalmente, non avendo proceduto se non a parole a piallare le aliquote alte che gravano sul lavoro, ecco che l'armonizzazione oggi sognata da politici a caccia di risorse per non sforare troppo il tetto di deficit avviene verso l'alto. Significa andare di male in peggio, come prima conseguenza, visto che il torchio si appesantisce. Come secondo effetto, ricordiamoci bene che in questo paese dove il mercato finanziario non c'è ancora a dovere per il ricorso al capitale di rischio - visto che i fondi pensione non li abbiamo fatti decollare - la minor aliquota sui titoli azionari serviva quanto meno a indirizzare i risparmi verso la finanza privata. E quanto ai titoli diStato, dopo la loro massiccia disintermediazione per fortuna seguita ai bassi tassi d'interesse merito dell'euro,la bassa aliquota ne compensava i bassi rendimenti.Alzare il prelievo significherebbe dunque disincentivare ulteriormente l'investimento azionario che gli italiani dovrebbero invece intensificare, nonché scoraggiare ulteriormente la sottoscrizione di titoli del debito pubblico. Un bell'affare, non c'è che dire.
La terza conseguenza sarebbe ancor più singolare. In un paese in cui da qualche mese a questa parte si è aperta una grande gara d'ipocrisia pubblica tra chi più fa finta di non sapere donde vengano le risorse dei cosiddetti «immobiliaristi»- e da dove volete che vengano, visto che il mattone è il settore le cui quotazioni hanno conosciuto impennate fino al 40 e oltre per cento l'anno da anni? - ecco che l'innalzamento dell'aliquota sui titoli spingerebbe ulteriormente verso l'alto proprio la bolla immobiliare, che bisognerebbe invece con accortezza moderare. La quarta conseguenza è che l'eventuale aliquota omologata al 19 per cento renderebbe invece più convenienti i depositi bancari, quando già le famiglie italiane mostrano un eccesso di liquidità scioccamente immobilizzata nei poco o per nulla remunerativi conti creditizi: le banche ringraziano, i consumi assai meno. Per finire, la quinta conseguenza è che tutti questi temibili disincentivi nel mediolungo periodo non si tradurrebbero che in una provvista finanziaria superiore nel breve ai 3 o al massimo 4 miliardi di euro. Siamo solo all'inizio, del conto dei danni da liberismo promesso e non mantenuto. E già c'è da tremare, per noi che della ricetta resteremo sostenitori anche quando il medico ne sarà certificato incapace