By: Lelik on Martedì 05 Maggio 2015 11:35
Banche e capitalismo relazionale
Pochi giorni fa il nostro attivissimo premier, parlando di banche, ha dichiarato che non ci sarà più il capitalismo relazionale.
Letto così e con le giustificazioni apportate sembra tutto corretto, e indirizzato ad evitare quanto talvolta accaduto, ovvero che le banche (vedi quelle vicinissime al PD come il MPS, ma non solo quelle di certo!) prestassero soldi ad amici di amici, a familiari di politici, ecc. senza nessun criterio reale di valutazione nè di rischio nè di economia.
Al contrario, a mio parere, mi sembra l'ennesimo errore macroscopico per la nostra economia, fatta di realtà produttive flessibili di medie e piccole dimensioni.
A parte che di fatto oggi temo che le banche funzionino già così, senza bisogno che Renzi prema sull'acceleratore, cerco di spiegare il mio punto di vista.
Anni fa le banche in genere intervenivano nella fase di valutazione di prestiti, nell'analisi dell'azienda, dei suoi bilanci, dei suoi soci (e relativi trascorsi) e in particolar modo dei progetti che dovevano rendere al fine di ripagare prestito e interessi. Era ovviamente interesse della banca che i denari prestati fossero potenzialmente impiegati in attività economicamente produttive per garantire il ritorno corretto dei capitali e relativa remunerazione.
Questo capitalismo relazionale, portava a maggiore contatto quindi tra le imprese e le banche, che oltretutto in Italia più di altri paesi finanziano l'economia (essendo le imprese piccole, e rivolgendosi in genere solo limitatamente al mercato dei capitali sotto forma di bond o azioni), e ad un necessario rapporto "relazionale", di fiducia reciproca e di rapporto a lungo termine.
Oggi invece non si vuole più questo passaggio perchè le banche sono più orientate a ri-vendere immediatamente sul mercato (internazionale, grazie anche ad ampie liberalizzazioni e facilitazioni) i prestiti fatti per avere un guadagno immediato, più elevato (senza attese) e certo. E si assiste quindi ad una valutazione sulla concessione di prestiti che favorisce chi i soldi ce li ha già, o ha garanzie elevate, indipendentemente dalla validità dei progetti di investimento (che non contano più, ma sono quelli che facevano girare l'economia!). Credo che il fatto che ora i mutui immobiliari a privati siano essenzialmente la maggior forma di prestito che sta venendo concessa, derivi proprio dalla maggiore facilità di piazzare sul mercato un prestito garantito da un bene reale, come l'ipoteca immobiliare.
In questo modo però le azioni indirizzate a sviluppare l'attività economica sono ancora più deboli, se non inesistenti, e al contrario si preme sull'indebitamento generico. Alla fine si favoriscono le grandi banche, anche internazionali, che non hanno necessità di disporre di uomini competenti (per valutare le iniziative industriali meritevoli), ma solo di computer per analizzare con formule pre-calcolate i beni a garanzia.
Tutto quanto scritto è frutto della mia personale opinione, e da un punto di vista industriale e non bancario. Sarei lieto di conoscere ogni critica e contro-questione al mio pensiero, che per il momento mi porta a ritenere che continuiamo a farci del male e a riformarci nel modo più "efficiente" possibile. Olè!