Cambia l'atmosfera - gz
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By: GZ on Venerdì 12 Ottobre 2007 21:19
quando il mercato è toro per miracolo scompaiono gli scandali o e quando ne capitano sono minimizzati, non hanno conseguenze e non ci si fa caso, ma quando il mercato diventa orso improvvisamente appaiono inchieste giudiziarie, reportage, casi di insider trading, incriminazioni, si pubblicano inchieste e libri di denuncia
Ora c'è un mega caso di insider trading a EADS in Francia, stanno incriminando gente in america a Countrywide e in altre società coinvolte nei mutui e si comincia
l'Italia è il mercato peggiore del mondo in termini relativi da circa un anno forse anche perchè avrebbe avuto in realtà degli scandali pesantissimi con la Popolare Lodi, Coppola, Ricucci, Italease, Unipol ed è incredibile che siano stati rimossi finora, con questa estate questo ladro di Fiorani che era sempre in Tv e sui giornali alle feste mondane, uno che rubava direttamente nei conti correnti di migliaia di persone milioni di euro. E' in arrivo ora ^un libro su queste storie#http://213.215.144.81/public_html/articolo_index_35116.html^
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...in una lettera scritta al «Corriere della Sera» il 22 gennaio 2003 da una neolaureata di venticinque anni, di cui manteniamo riservato il nome. Era appena uscita da un periodo di stage e di lavoro alla Banca Popolare di Lodi. La lettera, in origine anonima, recapitata per posta pochi giorni dopo (c'è il timbro), è rimasta per anni malauguratamente intonsa, sepolta tra le carte d'archivio. Il perché lo spiegheremo più avanti.
Quando la neodottoressa in economia si mette al computer, mancano oltre due anni alle inchieste giudiziarie, alla scoperta dei buchi in bilancio e all'emergere delle scandalose pratiche che ruotano intorno al pianeta Lodi e, in particolare, alla direzione finanza. I fatti di cui parla si riferiscono al triennio 2000-2003. Allora a fare scandalo era la banca bresciana Bipop.
«Oggi – scrive la stagista – mi sono convinta dell'opportunità che io faccia conoscere anche ad altri le cose di cui sono venuta a conoscenza.» Basta, insomma, con «il far finta di nulla, questa deleteria e oramai radicata abitudine del popolo italiano [...]. Vorrei dire che quanto accaduto a Bipop, fra poco si presenterà con maggiore virulenza anche per la Popolare di Lodi». In poche righe la stagista descrive concretamente il malaffare all'interno della banca, facendo sembrare una barzelletta le ispezioni della Banca d'Italia e i controlli dei revisori e dei sindaci: «La cosa che più mi ha sconcertata è l'utilizzo scellerato che la banca fa dei nuovi strumenti finanziari [...]. Il capo della direzione finanza, Gianfranco Boni, è la vera mente di tutti questi giochetti e utilizza i fidi scudieri per compiere le sue malefatte [...]. Boni è in frequente contatto con tutta una serie di broker di Lugano, corrotti ben vestiti che non hanno alcuna conoscenza finanziaria se non la capacità di fregare».
La giovane apprendista spiega le modalità con cui si crea il «nero» ai danni della banca e a favore di pochi eletti. Era in vigore, scrive, «un simpatico meccanismo: se la transazione va bene, cioè vi è un guadagno, tutti gli utili rimangono sul conto» della controparte complice, che «procede poi a effettuare i trasferimenti al buon Boni; se va male, le perdite vengono addossate alla banca. Semplice ed efficace».
Siamo nel 2003, ricordiamolo. Questa ragazza vede brillare la stella di Fiorani, banchiere in grande ascesa, portato in palmo di mano dalla Banca d'Italia, dai politici e perfino dai vescovi. E contemporaneamente vede il marcio che c'è sotto. «Tutto il gioco è ben orchestrato e presuppone il coinvolgimento di non poche persone, soprattutto quelle deputate al controllo.» Proprio mentre la giovane neolaureata si stropicciava gli occhi per ciò che vedeva, una squadra di ispettori della Banca d'Italia, cui poi Fiorani invierà gentili e ricchi omaggi natalizi, moglie del capo ispettore compresa, stava passando al setaccio, per modo di dire, la Popolare.
«Alla fine gli unici che ci rimetteranno saranno i piccoli risparmiatori [... ] . Quanto detto è solo il coperchio di un intreccio intricato [...]. Ci sono persone che sanno ma fanno finta di nulla [...]. E poi, come mai è fermo il fascicolo aperto dalla Procura di Lodi? Cosa fanno? Scaldano la carta? O sperano che le persone si dimentichino? [...] Alla fine a rimetterci siamo tutti [...] perché vi è una gestione da disonesti di un'azienda che potrebbe produrre valore per il paese [...]. Vorrei che la mia lettera fosse l'inizio di un qualcosa, vorrei avere la sensazione di vivere in un paese dove non è vero che sono sempre i più furbi che hanno la meglio.»
Fiorani non avrebbe mai scalato l'Antonveneta, Ricucci non avrebbe mai trovato i soldi per dare l'assalto al «Corriere», Gnutti e i bresciani non avrebbero tanto prosperato, l'Unipol non avrebbe potuto tentare la conquista della Bnl, l'estate delle intercettazioni non ci sarebbe stata e noi non avremmo scritto questo libro, se al posto di Fazio o del revisore o del presidente del collegio sindacale ci fosse stata quella stagista di venticinque anni. Che non solo aveva capito tutto ma era addirittura convinta che rubare fosse un reato. Anche se lo si fa con la cravatta, con l'autista che aspetta sotto l'ufficio e con le sofisticate alchimie dell'alta finanza.
Questa lettera non lascia scampo.
C'è molto da raccontare, prima. Partendo da Lodi e arrivando a Roma, via Brescia e Bologna. E lo facciamo nel momento in cui il tempo posa una patina di indulgenza sui fatti e sui protagonisti di quella patologica stagione e mentre la prescrizione giudiziaria che estingue i reati non è più solo una possibilità ma una probabilità. «Basta con il far finta di nulla, questa deleteria e ormai radicata abitudine del popolo italiano.»