By: banshee on Martedì 18 Novembre 2003 22:03
Un po' di didattica.........
Tassi di interesse e calcolo economico
Uno dei maggiori contributi di Ludwig Von Mises nel campo delle scienze economiche riguarda l’impossibilità del calcolo economico in una economia socialista. Come predetto da Mises già nel 1920 con il trattato Die Wirtschaftsrechnung im sozialistichen Gemeinwesen, tradotto in inglese solo nel 1935 con il titolo Economic Calculation in the Socialist Commowealth, e come dimostrato poi dagli eventi storici a distanza di molti anni, il socialismo costituiva un esperimento tanto sociale che economico clamorosamente destinato al fallimento.
Mises aveva infatti dimostrato che in una economia socialista, priva di quel meccanismo spontaneo di formazione dei prezzi che è il libero mercato, non era possibile effettuare alcun calcolo economico. Qualunque commissione per la pianificazione centralizzata, quindi, non avrebbe potuto prendere alcuna decisione economica razionale. Le scelte compiute nell’ambito di tale sistema si sarebbero rivelate del tutto arbitrarie e caotiche, volte cioè al fallimento. La storia ha ampiamente dimostrato la tesi di Mises, ponendo fine a un lungo dibattito che si era trascinato per diverse decadi. (Si veda a tal proposito il saggio di Rothbard “The End of Socialism and the Calculation Debate Revisited”, reperebile al sito del Mises Institute in formato pdf).
Purtroppo negli ultimi decenni, anche nelle economie occidentali, è emersa, tra tante, una forma di socialismo che col tempo è diventata sempre più ampia e influente. Sebbene essa riguardi una area di interesse circoscritta, essa è, a nostro avviso, altrettanto fallace nelle sue premesse come lo era il socialismo analizzato a suo tempo da Mises.
Consideriamo la generale definizione di Socialismo riportata da Jesús Huerta De Soto nel suo libro Socialismo, Cálculo Económico y Función Empresarial, Unión Editorial, (pag.92): “Per socialismo si intende quel sistema di coercizione o di aggressione, avente carattere sistematico e istituzionale, che restringe il libero esercizio della funzione imprenditoriale in una determinata area sociale e che viene condotto da un organo dirigista incaricato di svolgere nella medesima area i necessari compiti di coordinamento sociale”.
La forma di socialismo che desideriamo analizzare in questa sede è quella che fa capo alla pianificazione centralizzata, di natura come vedremo coercitiva, esercitata dalle banche centrali nell’ambito del mercato del denaro e del credito. Tale forma di pianificazione è emersa e si è sviluppata, a differenza delle due istituzioni rappresentate dalla moneta e dal mercato, non tanto in maniera spontanea quanto piuttosto come risultato di una attività bancaria, e successivamente finanziaria, incapace di mantenersi solvibile senza un prestatore di ultima istanza. Osservando quanto accaduto negli ultimi tre anni, potremmo dire che tale forma di controllo e pianificazione abbia oggi raggiunto una delle proprie massime realizzazioni.
Gli interventi realizzati negli ultimi anni per contrastare le naturali forze correttive imposte all’economia e alle variabili economiche dal libero mercato non trovano infatti alcun precedente storico. Essi, peraltro, si sono innestati in una situazione strutturalmente già compromessa, originata da un boom economico di natura creditizia, ben coerente con l’analisi teorica del ciclo economico della teoria economica austriaca.
Abbiamo già esposto come l’obiettivo della crescita sia stato raggiunto nell’ultimo trimestre solo a livello quantitativo ma non a livello qualitativo. Negli interventi di pianificazione, prevalentemente di natura monetaria, non si è presa in considerazione infatti la realizzazione di un efficiente coordinamento tra imprenditori e consumatori, le cui decisioni sono state ampiamente distorte dall’intervento dell’ingegnere economico.
La mancanza di tale coordinamento tuttavia non è l’unica distorsione causata dalla pianificazione centralizzata attraverso gli strumenti di politica monetaria. Una “disconnection” altrettanto importante è quella che si è realizzata tra coloro che risparmiano e coloro che prendono a prestito.
Di fatto la politica monetaria della FED in primo luogo, e sullo stesso esempio quella delle altre banche centrali, può essere letta come una vera e propria guerra al risparmiatore e allo stesso tempo un ingiustificato sostegno alle possibilità di indebitamento di una più vasta categoria di attori economici, siano essi imprenditori che consumatori.
In una economia di libero mercato, i risparmiatori da una parte, e i debitori dall’altra, costituiscono due categorie di attori economici che continuamente si impegnano in una transazione volontaria. Per mezzo di essa i risparmiatori prestano i loro fondi ricevendo in cambio come remunerazione un tasso di interesse. I debitori prendono invece a prestito pagando un tasso di interesse per la risorsa scarsa che viene loro fornita. In un libero mercato la transazione si completa a quel livello di interesse che da un lato soddisfa adeguatamente i risparmiatori per avere ceduto i loro risparmi, e che dall’altro soddisfa il fabbisogno dei debitori che utilizzano quel denaro come mezzo per il raggiungimento dei loro fini soggettivi.
L’accordo, come tutte le transazioni volontarie, ha luogo solo e perché entrambe le parti riconoscono un vantaggio soggettivo nell’effettuare lo scambio. Lo transazione, pertanto, genera un mutuo beneficio economico di cui godono entrambe le parti coinvolte.
Tuttavia, nel moderno mercato della moneta gestito da un coordinatore unico, la banca centrale si interpone tra risparmiatori e debitori fissando arbitrariamente il prezzo del denaro. In tal modo essa fa saltare il meccanismo spontaneo di scambio volontario che lega risparmiatori a debitori e che permette la transazione dei capitali dai primi ai secondi al tasso di interesse determinato dalle mutue preferenze. Come Adam Hamilton scrisse con tanto colore, e con forte spirito provocatorio, tempo fa:
“Così come avveniva nel vecchio Politburo sovietico, la commissione centrale comunista per la pianificazione economica, anche presso la Fed un gruppo di banchieri privati, non eletti dal popolo, si incontrano come mafiosi in stanze segrete e piene di fumo con l’intento manifesto di manipolare in maniera sfacciata i liberi mercati. Essi manipolano apertamente il prezzo del denaro, ovvero i tassi di interesse, e pochi nella comunità finanziaria battono ciglio di fronte alla natura completamente ipocrita e contraria al libero mercato di questo esercizio”.
Nell’atto arrogante di un qualsivoglia pianificatore economico che ritenga di essere onnisciente, e nonostante il mercato da più tempo stia cercando di forzargli la mano, la Fed continua a promettere tassi bassi per un periodo considerevole di tempo. Tuttavia, sia il processo di abbassamento dei tassi di interesse fino a livelli così bassi, che il mantenimento della attuale posizione di politica monetaria, si traducono di fatto in un potere coercitivo nei confronti del risparmiatore.
Questi ultimi, in altre parole, sono costretti ad accettare non tanto la giusta remunerazione legata alla effettiva scarsità dei loro fondi, quanto piuttosto una remunerazione estremamente bassa, e diremmo quasi ridicola, fissata arbitrariamente dall’onnisciente organo dirigista. Non è un caso che come conseguenza di questo potere coattivo esercitato a restrizione delle “funzione imprenditoriale” del risparmiatore:
- il tasso di risparmio negli USA sia il più basso di tutti i tempi: non ha alcun senso infatti risparmiare se il capitale risparmiato, come differenza tra reddito maturato e consumi effettuati, non riceve adeguata remunerazione da un libero mercato che di fatto non esiste;
- i capitali spinti dalla disperata fame di rendimenti continuino a muoversi verso elevati profili di rischio;
- il dollaro abbia subito la forte caduta nell’ultimo anno e mezzo, caduta che sarebbe stata ancora più violenta se non fossero intervenute di concerto le principali banche centrali mondiali a difenderlo.
Se la ripetuta frequenza di crisi finanziarie negli ultimi 7-8 anni è a nostro avviso la manifestazione del corollario, applicato al mercato del denaro e del credito, della legge dell’impossibilità del calcolo economico in una economia socialista come sviluppata originariamente da Mises, gli sviluppi che seguiranno i recenti provvedimenti di pianificazione economica e che interesseranno le economie e i mercati finanziari non saranno affatto felici.
L’inevitabile mancanza di coordinamento tra i vari attori economici (imprenditori e consumatori dal lato delle scelte più strettamente economiche, risparmiatori e debitori dal lato delle scelte più strettamente finanziarie) dovuta all’intervento coercitivo della banca centrale nella fissazione del tasso di interesse, ripete infatti nel settore bancario e finanziario, e per estensione in tutta l’economia, gli stessi errori a suo tempo commessi dai pianificatori centrali delle economie socialiste.
L’assenza di un vero libero mercato dei tassi di interesse, reso possibile dallo scambio volontario degli attori economici che hanno per oggetto il credito e il denaro, preclude infatti il corretto funzionamento dei processi economici, e parimenti impedisce che lo sviluppo economico possa avvenire in maniera coordinata e armoniosa secondo le umane possibilità.
Fonte: Usemlab.com