By: Noir on Venerdì 21 Maggio 2004 16:37
...visto che sul sito da un po' ci si annoia....
leggete questo:
Il video della decapitazione di Nick Berg fa discutere per le sue incongruenze. Su chi siano gli assassini, sul perché, sul quando e sul come permangono molti dubbi, che nessuno è ancora riuscito a sciogliere
21 maggio 2004 - Quelle immagini le abbiamo viste tutti: le urla del prigioniero, la decapitazione, la testa mozzata. Il filmato della morte dello statunitense Nick Berg, messo in rete da due siti arabi martedì 11 maggio e poi ripreso dalle tv di tutto il mondo, ha provocato scalpore, indignazione, rabbia.
Ma anche sospetti, perché l'intera vicenda presenta particolari oscuri, incongruenze che nessuno è ancora riuscito a spiegare e che da giorni fanno discutere su Internet. L'unica cosa certa è che Berg è morto. Su chi siano gli assassini, sul perché, sul quando e sul come permangono tuttavia molti dubbi, troppe domande che meritano una risposta. Cerchiamo di vedere quali sono, senza la pretesa di giungere alla verità.
Chi era veramente Berg, cosa ci faceva in Iraq e come ha passato le sue ultime settimane di vita? L'uomo - di religione ebraica - era un piccolo imprenditore 26enne di Philadelphia a capo di una ditta, la Prometheus Methods Tower Services Inc, specializzata nella costruzione di torrette per comunicazioni e mai registrata al Pennsylvania Corporation Bureau. Una mossa non obbligatoria, che però costituisce la comune prassi, perché senza la licenza del Bureau è virtualmente impossibile fare affari.
Berg era già stato in Iraq dal 21 dicembre al primo febbraio, per seminare contatti lavorativi. Il 14 marzo vi era ritornato. Ha lavorato a Baghdad - anche nel complesso del carcere di Abu Ghraib - ed è stato arrestato il 24 marzo vicino a Mosul, nel nord, mentre viaggiava su un taxi. Dicono avesse con sé una copia del Corano e un libro sul "problema ebraico".
Gli Usa sostengono che Berg sia stato catturato e poi tenuto in custodia per due settimane dalla polizia irachena, due fatti che il capo delle forze dell'ordine di Mosul nega. Washington ha ammesso che, durante la sua detenzione, Berg ha ricevuto per tre volte la visita di uomini dell'Fbi. Nel corso di questi incontri è fondato pensare che si sia parlato anche di Zacarias Moussaoui, detto "il ventesimo dirottatore" e l'unico presunto terrorista finito sotto processo in relazione agli attentati dell'11 settembre 2001. I due si erano conosciuti: lo prova il fatto che, nel 1999, Moussaoui aveva usato l'e-mail di Berg. Secondo Michael Berg, il padre, Nick aveva permesso a Moussaoui di usare la sua password per caso, quando l'altro - incontrato all'università dell'Oklahoma - aveva momentaneamente dei problemi con la propria.
Durante la prigionia, il primo aprile, la famiglia Berg viene informata dall'ufficiale consolare in Iraq, Beth Payne, del fatto che Nick è nelle mani dei soldati Usa a Mosul. Successivamente una portavoce del dipartimento di Stato, Kelly Shannon, dichiara che la Payne si è sbagliata, e nega recisamente che il ragazzo sia stato detenuto dai soldati statunitensi. Nel frattempo, il 5 aprile, i Berg presentano una denuncia alla Corte federale di Philadelphia, sostenendo che il figlio è detenuto illegalmente dai militari Usa. Da chiunque sia stato tenuto in custodia Berg, l'uomo viene rilasciato il 6 aprile - il giorno stesso scrive un'e-mail al padre, dicendo di voler tornare negli Usa il prima possibile - e affitta una camera in un albergo di Baghdad.
Secondo un giornalista cileno che ha vissuto nello stesso hotel, Berg raccontava di essere stato arrestato dalla polizia irachena perché questa si era insospettita nel vedere un timbro israeliano sul suo passaporto, pensando che potesse essere una spia, e di essere poi stato trattenuto dagli statunitensi per due settimane. La Shannon ha detto che il 10 aprile gli Usa hanno offerto a Berg la possibilità di prendere un volo aereo per la Giordania, offerta da lui rifiutata perché "non sicura". Da quel giorno, Berg sparisce dalla circolazione. Ricompare il 9 maggio, quando dei soldati Usa ne ritrovano il cadavere senza testa nei pressi di Baghdad. Due giorni dopo, l'11, il mondo vede il video dell'orrore.
E qui arrivano incongruenze ancora più inspiegabili. Il video presenta degli evidenti tagli tra le scene. Prima Berg parla della sua famiglia. Poi compaiono i cinque militanti con il volto coperto: uno di loro - identificato dalla Cia come il terrorista giordano Abu Masub al-Zarqawi, un esponente di spicco di Al-Qaida - legge il proclama. Infine Berg viene sbattuto sul pavimento e - dopo un evidente stacco di camera - decapitato con un coltello. Nell'ultima scena, la testa mozzata viene alzata verso la telecamera da uno dei militanti.
Le prime stranezze riguardano gli uomini incappucciati: tre di loro vestono giubbotti antiproiettile uguali a quelli in dotazione alla Cia e alle guardie carcerarie, non indossano guanti e le loro mani rivelebbero una pelle troppo chiara per essere degli arabi. Il presunto Zarqawi - che veniva dato per ucciso a marzo in un'offensiva a Falluja, e che in precedenza aveva subito l'amputazione di una gamba - porta al dito un anello d'oro, una pratica proibita nell'Islam, e sembra muoversi piuttosto bene su quella che in teoria dovrebbe essere una traballante protesi. L'esperta di Medioriente della Cnn ha fatto notare che il suo accento non ha niente a che vedere con quello giordano. E svariati linguisti aggiungono addirittura che chi parla non è di madrelingua araba.
Le urla di Berg - che tra l'altro indossa una tuta arancione identica a quelle usate nelle carceri Usa - sono poi chiaramente fuori tempo, e appaiono aggiunte in fase di montaggio. Giungono prima del taglio, e durante i trenta secondi dell'operazione l'uomo non dà segni di ribellione contro i suoi assassini. Non fuoriesce neanche la grande quantità di sangue che si potrebbe immaginare dallo scempio fatto con il coltello: due fatti che - considerando anche la sospetta passività di Berg nel resto del filmato - portano molti a concludere che in realtà la decapitazione sia stata fatta su un corpo già morto. Anche perché dalla testa, ugualmente, non cade una goccia di sangue.
C'è chi ha trovato sospetto anche il momento in cui il filmato è stato diffuso: proprio mentre al Congresso di Washington si dibatteva lo scandalo delle torture nelle carceri irachene. Nel momento più difficile per la Casa Bianca e il Pentagono, è saltato fuori un video che ha permesso ai difensori dell'intervento Usa di fare un ragionamento che suona più o meno come "i nostri erano semplici maltrattamenti, guardate cosa hanno fatto questi barbari", distogliendo l'attenzione del mondo dalle fotografie che hanno fatto emergere il problema delle sevizie.
Offrire una verità alternativa - qualunque sia - a quella data per buona nei giorni scorsi è azzardato, il rischio di sconfinare nella pura dietrologia resta alto. Ma la sensazione che non tutto sia andato come sembra non è venuta solo a chi vede i servizi segreti in ogni angolo. Anche Michael Berg vuole delle spiegazioni da George W. Bush: "Vorrei chiedergli se è vero che Al-Qaida offrì di scambiare la vita di mio figlio con la vita di un'altra persona". Come accennato dal presunto Zarqawi nella lettura del proclama. Un fatto - anche questo - che la Casa Bianca non ha ancora spiegato.