By: pablo on Lunedì 22 Settembre 2014 03:54
Verso il "mondo perfetto", terza parte
Fonte: http://finance.fortune.cnn.com/2013/01/09/france-economy-crisis/
"LA CRISI DELL'EURO DI CUI NESSUNO STA PARLANDO: LA FRANCIA E' IN CADUTA LIBERA"
di Shawn Tully
Data la fiducia degli investitori nel suo debito sovrano, e la sua immagine come principale partner della Germania per robustezza, nella sensibile Eurozona “settentrionale", si potrebbe pensare che la Francia resista come co-custode della moneta unica in via di estinzione. In effetti, il tasso sui titoli di Stato decennali della Francia si attesta solo al 2%, di poco sopra quello della Germania. Da un rapido sguardo ai numeri principali, la Francia non appare, come sottolineato, nel derisorio titolo di "PIIGS", Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna.
Finora, la “traiettoria” dei suoi debiti ed il deficit non sono così “dolorosi” come i dati relativi ai PIIGS, o anche al Regno Unito e agli Stati Uniti.
Il ruolo vantato dalla Francia nella creazione e nel successo iniziale dell'euro aumenta la sua aura di solidità. E' stato il presidente Francois Mitterrand che nel 1989 convinse il cancelliere Helmut Kohl ad eseguire l'unione monetaria in cambio del sostegno francese per la riunificazione tedesca. In realtà, la Francia e la Germania, insieme con i Paesi Bassi, hanno drammatizzato il loro impegno in modo efficace aggregando il franco e il marco in un'unione monetaria che ha tenuto i tassi di cambio in una banda stretta, con l’annunciata nascita dell'euro nel 1999. Negli anni del boom, a metà della prima decade del 2000, la Francia ha quasi raggiunto la Germania come motore gemello di una crescita fiorente, di 17 nazioni dell'Eurozona.
Uno sguardo più profondo mostra che la Francia è non meno impantanata in una crisi economica. La seconda più grande economia della zona Euro (2012 PIL: 2 trilioni €) soffre più di ogni altro membro per un impressionante deterioramento della competitività. In parole povere, i prodotti della Francia - le sue auto, l’acciaio, l’abbigliamento, l’elettronica - costano troppo da produrre rispetto ai beni dei concorrenti, sia dell’Asia che dei suoi vicini europei, tra cui non solo la Germania, ma anche Spagna e Italia. Questo sta causando un forte e sempre crescente calo delle sue esportazioni, ed un calo significativo nel settore manifatturiero e dei servizi che lo supportano.
L'implosione virtuale dell'industria francese è trascurata dagli analisti e dagli esperti che sostengono che la zona Euro ha schivato il disastro ed è entrata in una nuova fase durevole di stabilità. In realtà, è la Francia - non la Grecia o la Spagna - che pone oggi la più grande minaccia per la sopravvivenza dell'Euro. La Francia incarna il vero problema della moneta unica: l'incapacità delle nazioni con costi di produzione elevati e crescenti di adeguare le proprie valute in modo che i loro prodotti possano rimanere competitivi sui mercati mondiali.
Fino ad ora, le preoccupazioni per l'Euro si sono concentrate sul pericoloso aumento del debito e del deficit. Ma quei problemi fiscali sono principalmente il risultato di una perdita di competitività. Quando realizzare prodotti costa troppo, l’economia va in stallo o, in realtà, declina, in modo che un aumento anche modesto della spesa pubblica “inonda” con grandi deficit di bilancio e debiti eccessivi. In questa presente, o scenario di crescita negativo, l'immagine è sempre la stessa: l'economia privata si riduce mentre il governo [il debito governativo n.d.t.] continua ad espandersi.
Questo è già successo in Italia, Spagna e in altri membri della zona Euro in difficoltà. La differenza è che quelle nazioni stanno adottando riforme strutturali per ripristinare la loro competitività. La Francia non sta facendo niente del genere. Quindi, il suo “sbadigliante” divario di competitività presto creerà una crisi fiscale. E' assolutamente incredibile che un'economia così grande, e così ampiamente rispettata, possa disfarsi così in fretta.
Gli investitori del mondo e gli ottimisti della zona Euro dovrebbero risvegliarsi con il pericolo rappresentato dalla Francia. La crise est arivée l[a crisi è arrivata n.d.t.].
Il declino della Francia è meglio illustrato dal rapido deterioramento del suo commercio con l'estero. Nel 1999, la Francia ha venduto circa il 7% delle esportazioni mondiali. Oggi, la cifra è di poco superiore al 3%, ed in caduta rapida. Gli stessi costi elevati che penalizzano le esportazioni disegnano un flusso sempre crescente di merci da Germania, Cina e anche dall'Europa meridionale. Tali importazioni stanno prendendo una quota crescente di vendite dei più costosi prodotti di fabbricazione francese. Nel 2005, la bilancia commerciale della Francia è stata positiva per lo 0,5% del PIL. Oggi, essa segna un meno 2,7% del reddito nazionale, il che significa che ora le importazioni superano di gran lunga le esportazioni, trasformando il commercio da una crescita a un generatore di resistenza maggiore. Un esempio eccellente del divario di competitività è l'abisso tra le esportazioni tedesche e francesi in Cina. La Germania invia 70 miliardi di dollari in automobili, macchine utensili e altri prodotti ogni anno in Cina, sette volte la cifra della Francia.
Anche il turismo sta soffrendo a causa dei prezzi elevati della Francia. La Francia sta lottando per attirare clientela con un’impennata, trattativa-ricerca di fette di mercato, di viaggiatori provenienti da Asia, Brasile, India e Russia. Nella metà degli anni 2000, gli stranieri hanno speso 15 miliardi di Euro in più, per visitare gli Champs Elysees e la Riviera, rispetto a quello che i francesi hanno pagato per le vacanze all'estero. Tale eccedenza è scesa di un terzo, a circa 10 miliardi di Euro.
La ragione principale per la differenza di costo della Francia è il peso del lavoro, un fattore che solitamente rappresenta circa il 70% di tutte le spese aziendali in tutto il mondo. In Francia, il problema comprende che i salari e i costi sociali sono alti; anche le leggi rigide, le 35 ore settimanali di lavoro consentono ai dipendenti francesi il minor numero di ore di lavoro in tutto il mondo sviluppato. Un sorprendente 86% di tutti i lavoratori dipendenti godono di "contrats un indéterminées durée", contratti a tempo indeterminato che fanno i licenziamenti estremamente costosi e richiedono molto tempo.
In Francia, 42 euro per ogni 100 euro di spese totali vanno per gli oneri sociali, contro i 34 euro in Germania, 26 nel Regno Unito, e il 20 negli Stati Uniti.
Ovviamente, le leggi restrittive e i sindacati ostili non sono una novità. Quello che sta causando il malessere paralizzante è il recente rapido aumento dei costi del lavoro, mentre i rivali stanno abbassando o moderando il peso della loro forza lavoro.
Dal 2005, in Francia il costo unitario del lavoro - il costo di produzione di una sola auto o di una trave in acciaio, per esempio - è salito del 17% rispetto al 10% per la Germania, il 5,8% per la Spagna, e del 2% per l'Irlanda. Oggi, i lavoratori francesi guadagnano in media di 35,3 euro per ora, contro i 25,8 dell’Italia, e i 22 del Regno Unito e in Spagna.
Il risultato è un forte calo nella produzione francese e dei servizi che la supportano, tutto dalla consulenza della logistica. I profitti aziendali sono precipitati al 6,5% del PIL, circa il 60% della media della zona euro. Questo perché gli esportatori francesi stanno perdendo quote di mercato, e quelli che sopravvivono devono abbassare i margini per praticare prezzi più competitivi. Di conseguenza, non hanno i fondi per investire in nuovi impianti e tecnologie. La Francia ha ora la metà rispetto alle molte aziende esportatrici della Germania e, sorprendentemente, dell’Italia. Le industrie tedesche beneficiano di 19.000 robot, cinque volte il numero della Francia. Per quanto riguarda la R&S [spesa per ricerca e sviluppo n.d.t.], è sceso del 50% negli ultimi quattro anni.
Sorprendentemente, il governo Hollande sta aumentando le entrate, aumentando l'onere per le imprese. Nel mese di settembre, la Francia ha annunciato nuove leggi che limitano le deduzioni per i pagamenti di interessi aziendali e la perdita di riporto-avanti [tecnica contabile n.d.t.], applicando in modo efficace un aumento delle tasse sulle imprese. Tali misure ridurranno i già magri profitti, “arricciando” investimenti futuri.
Il divario-costo non sarebbe così dannoso se la Francia si specializzasse in prodotti sofisticati, ad alta marginalità. In effetti, la nazione rimane forte nella moda, nei beni di lusso, e nei prodotti farmaceutici. Ma se queste offerte simboleggiano lo slancio economico della Francia, la nazione è fortemente dipendente dalle macchine, dai tessili, dall’acciaio, dalle apparecchiature di telecomunicazione e altri prodotti-medi a basso margine, che sono estremamente sensibili ai prezzi sui mercati mondiali. "La Francia non è mai stata forte in prodotti di alta fascia, prodotti sofisticati come macchine utensili o apparecchiature informatiche", spiega Jean-Christophe Caffet di Flash Economia a Parigi. "E anche nel settore di alta fascia, si è perso un sacco di quote di mercato in Germania."
La Germania, ad esempio, è specializzata in macchine di lusso, Audi, Mercedes e BMW che la gente è disposta a continuare a comprare, anche se i prezzi salgono un po'. Per contro, la Francia fa più economiche Renault e Peugeot, che rischiano di perdere le vendite a favore di Ford o Fiat a meno che i produttori contengano i prezzi - o si accontentino di profitti bassi o inesistenti.
E la Francia non reagisce alla crisi incombente nemmeno seguendo la campagna dei suoi vicini di un minor costo del lavoro. La Germania ha fatto passi da gigante alla metà degli anni 2000, con le sue riforme Hartz IV che hanno abbassato gli oneri sociali per le imprese. La Spagna recentemente ha innalzato l'età pensionabile per le pensioni complete da 65 a 67 anni e permette la contrattazione salariale a livello aziendale, un punto di partenza rispetto al sistema centralizzato di imporre aumenti obbligatori di stipendio a livello nazionale. L'Italia sta aumentando gradualmente l'età pensionabile per le donne da 60 a 66 anni nei prossimi sei anni.
Ma Francois Hollande, il presidente eletto nel maggio scorso, sta operando molto più tiepidamente. Il governo sta impegnandosi a ridurre solo modestamente gli oneri sociali per le imprese, ma le riforme non si avvieranno fino al 2014, e l’ultima appena di due anni.
E' la prospettiva di un futuro senza crescita, un'eredità diretta del problema della competitività, che potrebbe scatenare una crisi fiscale. E' degno di nota che nella metà degli anni ‘90, la Francia ha avuto un tasso di disoccupazione inferiore a quella della Germania, deficit minori, meno debito e PIL, e circa lo stesso tasso di crescita. Tutte queste misure sono ora completamente invertite.
Nel 2012, l'economia francese si è espansa di appena lo 0,2%, e il suo tasso di crescita reale, per gli ultimi tre anni è in media 1,2%, meno della metà del 2,7% delle prestazioni della Germania. Per il 2013, il mercato dei titoli francese ODDO fa un caso convincente secondo il quale l'economia effettivamente si ridurrà. Il tasso di disoccupazione è pari a quello più alto degli ultimi 14 anni al 10,9%, e in aumento, rispetto al 6,7% per la Germania. Il Debito pubblico sul PIL si sta avvicinando alla zona di pericolo del 90%, e potrebbe arrivare al 97% nel 2013.
Non è che la Francia abbia aumentato la spesa pubblica ad un tasso scandaloso. Il problema è che una nazione con livelli di spesa già elevati e senza crescita è a corto di “spazio” per mantenere alte le spese, ed il debito, del tutto. E' straordinario che dal 2004 al 2012, il settore privato in Francia, non ha mostrato alcuna crescita, al netto dell'inflazione. L'aumento intero del PIL, è solo il 7,3% in più di otto anni, veniva dalla spesa pubblica. E’ l'economia privata che sostiene quella spesa, e questa continuerà a calare, questo porta la Francia sempre più in debito.
La spesa pubblica rappresenta ormai il 57% del PIL ed è in aumento, 12 punti in più rispetto alla Germania. Tra l'altro, il settore privato della Germania sta crescendo vivacemente come la spesa pubblica diminuisce come parte del reddito nazionale. La dinamica opposta invece affligge il suo partner di lunga data.
E' del tutto plausibile che la colpa per la scarsa crescita della Francia sia per “l’austerità”. L'austerità è generalmente definita come una forte riduzione dei disavanzi di bilancio, guidata principalmente dal calo della spesa pubblica. Ma la spesa della Francia è aumentata in termini reali, ed i suoi deficit sono rimasti ad un sostanziale 5% circa del PIL nel 2011 e nel 2012, con la stessa cifra probabilmente per quest'anno.
Non è chiaro quando la crisi in corso, in gran parte non riconosciuta dagli investitori e dal governo Hollande esploderà nel panico. La possibilità che la Francia riduca il costo del lavoro del 20%-30%, necessario per ripristinare la crescita, è praticamente nullo. Le riforme possono avvenire solo quando l'economia è in espansione e i cittadini si sentono bene per il futuro, l'antitesi del buio ora avvolge la Francia.
La Francia si sta dirigendo verso una Bastiglia economica. Più a lungo si rimane su questa strada, più è possibile che il regime della zona Euro, alla cui creazione si è lavorato così duramente, crollerà.