La prospettiva di investimento del prossimo decennio - gz
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By: GZ on Lunedì 30 Giugno 2003 16:07
Neanche a farlo apposta, dopo che ho messo nel weekend il suggerimento di leggere il libro base dell'investimento di lungo periodo, ^"..101 Years of Global Investment Returns " di Dimson, Marsh e Stanton #www.amazon.com/exec/obidos/tg/detail/-/0691091943/qid=1056930699/sr=1-1/ref=sr_1_1/002-6517078-4781609?v=glance&s=books^, ecco che oggi il Corriere economia ti intervista proprio Dimson, uno dei tre autori.
Leggere e sottolineare. Dimson non è un teorico della finanza o un analista tecnico o un profeta barbuto ma l'autore dello studio storico sui rendimenti obbligazionari, azionari e immobiliari più completo e accurato che finora sia stato pubblicato in cui assieme ai colleghi della London School ha ricostruito per 16 paesi 100 anni di dati finanziari
La sua conclusione ?
che in media chi investa in un portafoglio diversificato può aspettarsi un rendimento del 5% annuo medio (in termini reali, sottrando l'inflazione e contando i dividendi).
CINQUE PER CENTO MEDIO ANNNUO, (ragionando su intervalli di tempo di 10 o 15 annni ovviamente, investendo non in un solo paese please e diversificando in almeno 15 titoli per ridurre le oscillazioni).
Quindi Dimson prevede in futuro un rendimento inferiore alla media storica, che per le borse maggiori è stata del 7,5% circa (SETTE E MEZZO PER CENTO MEDIO...), perchè giustamente nota che l'impatto della diffusione della borsa e della globalizzazione è ora già sfruttato in molti paesi e i tassi di crescita delle economie tendono a rallentare in occidente.
Ma questo cinque per cento e rotti (reale) è di più di quanto possano rendere (sempre in media e su un orizzonte di diversi anni) l'obbligazionario e l'immobiliare che sono anche loro soggetti ai medesimi fenomeni di riduzione delle opportunità di investimento in occidente. Anzi l'obbligazionario essendo sceso ai rendimenti più bassi degli ultimi trent'anni in modo particolare. E comunque nell'ultimo secolo il reddito fisso e gli immobili hanno sempre reso meno delle azioni in 13 o 14 dei 16 paesi industrializzati studiati.
Cosa importa visto che in questo sito l'85% dell sforzo è rivolto alla speculazione a breve termine ?
Non tutti però vogliono speculare, c'è chi vuole investire (e ^ci preoccupiamo anche di questo#www.cobraf.com/abbonati/trading/Portafoglio.asp?type=lt^).
Ma sull'investimento con un orizzonte di qualche anno la disinformazione è talmente fitta che occorre spezzare qualche lancia.
Domanda per padri di famiglia:
il maggiore esperto e storico di investimenti di lungo periodo spiega qui che si aspetta rendimenti medi reali del 5% con le azioni
(e inferiori con obbligazioni e immobili). Se allora tu investi per i prossimi 10 anni tramite un fondo che ti costa (quando hai conteggiato tutti i costi) più del 3% annuo, cosa ti resta dopo 10 anni ?
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INTERVISTA I consigli dello studioso inglese che ha confrontato i risultati dei mercati finanziari dal 1900. Italia deludente
«Giocate a tutto campo»
Dimson: «Nel lungo periodo azioni meglio dei bond. Ma per guadagnare bisogna diversificare al massimo»
Le azioni faranno meglio dei bond nel lungo periodo. Anche nei prossimi cent’anni. Ma con rendimenti decisamente più bassi di quelli che la storia dell’ultimo secolo ci ha abituato a contemplare. Elroy Dimson , professore di finanza della London Business School , non si definisce un pessimista. Anche se dichiara subito che la sua fiducia nelle sorti del mercato azionario si è ridimensionata. «Direi che sono semplicemente realista». Il trionfo degli ottimisti - così tra l’altro si intitola il libro, scritto insieme a Paul Marsh e Mike Staunton, dove esprime il suo pensiero - fa parte della storia passata. Adesso, forse, è venuta l’ora di un sano disincanto.
Che cosa devono fare gli investitori della nuova era per non sbagliare?
«Io studio i mercati. Non faccio previsioni, non è il mio mestiere. Posso però dare qualche consiglio pratico di comportamento: la strategia vincente è quella della diversificazione a tutto campo. Non bisogna investire solo a casa propria, ma in tutto il mondo. E puntare non solo sulle azioni, ma anche su bond, immobili... Insomma su tutte le opportunità che il mercato globale offre».
Qual è la chiave per capire il comportamento delle Borse?
«Misurare correttamente il premio che possono offrire. Vale a dire la differenza fra il ritorno delle azioni e quello degli investimenti privi di rischio. Secondo le nostre elaborazioni ora si può andare, a seconda del mercato di riferimento e della volatilità attesa, da poco più del 3% a poco più del 5%. Sono stime molto più basse di quelle citate in molti testi e in molti sondaggi. C’è infatti ancora chi si aspetta rendimenti a due cifre dalle azioni. Un errore, indotto anche da una scorretta percezione del passato».
Da dove vengono queste convinzioni?
«Le abbiamo raggiunte dopo un viaggio a ritroso in 103 anni di storia e di mercati. Gli studi presentati nel libro, e aggiornati l’anno scorso, hanno rivisitato le serie storiche di sedici Paesi, a partire dal 1900. In estrema sintesi per ottenere un modello credibile in grado di quantificare il futuro premio di rischio è stato necessario riconoscere ed eliminare gli effetti di fenomeni che non saranno più ripetibili sui mercati azionari, come la diminuzione del rischio per gli investitori indotta dall’apertura sempre più ampia dei mercati».
Una lezione di storia?
«Sì. Diversa da Paese a Paese, dove si sono messi a confronto i rendimenti di azioni e bond per più di un secolo. Con risultati molto diversi. Negli Stati Uniti, ad esempio, la Borsa è stata davvero remunerativa e poco volatile negli ultimi cento anni. Per avere un’alta probabilità di battere l’inflazione con le azioni e di portare in territorio sicuro i propri investimenti a Wall Street è bastato tenere in portafoglio i titoli azionari per periodi lunghi 20 anni. Con i bond ce ne sarebbero voluti invece 75».
E in Italia?
«Vent’anni non sono un periodo abbastanza lungo per dichiarare vincente la scelta dei mercati azionari europei. L’analisi storica dice che, solo per mettersi al sicuro dall’inflazione, l’investitore italiano avrebbe dovuto tenere le azioni in media per 75 anni. Quello francese cinquantacinque».
Differenze enormi...
«Sì. Giustificate dal diverso impatto delle guerre mondiali e dal differente sviluppo economico. Fatto sta che, fuori dagli Stati Uniti, il mercato azionario è stato molto volatile. E remunerativo solo fino a un certo punto. Anche se, è vero, le azioni hanno sempre fatto meglio dei bond su tutti e sedici i mercati presi in considerazione dal 1900 a oggi».
Molti studiosi, anche se con accenti diversi, condividono la sua tesi sulla necessità di una maggior prudenza nel valutare la Borsa. E’ cambiato qualche cosa di fondamentale nei mercati o hanno solo cambiato idea gli esperti?
«Credo che ci sia stato qualche cambiamento nei mercati. E un’importante conversione da parte degli studiosi. Che, a mio avviso, dopo aver fatto diversi errori di valutazione, ora sono sulla strada giusta».
Gli Stati Uniti saranno il mercato vincente anche domani?
«Penso piuttosto che potrebbero essere i mercati europei a far meglio rispetto al loro passato».
Perché consiglia la massima diversificazione?
«La mia fiducia nel fatto che le azioni facciano grandi cose nel futuro, penso ad esempio alle nostre pensioni, è diminuita. Finora abbiamo riconosciuto un alto valore alla crescente possibilità di investire fuori dal giardino di casa e in un numero sempre maggiore di strumenti finanziari. Ora che l’abbiamo, conviene usarla».
Sta dicendo anche che la festa della gl obalizzazione è finita?
«Non ci sono più grandi spazi di rivalutazione dei titoli azionari in questa chiave. Abbiamo finito di esplorare il pianeta finanziario. E non vedo, per ora, la possibilità che se ne scoprano di nuovi nei prossimi anni».