e il mondo finisce tutto qui. - gz
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By: GZ on Martedì 03 Febbraio 2004 03:27
Ha ragione Gianlini a menzionarlo solo che non interessa a nessuno. Hai come notizia di cronaca che passa per le agenzie inosservata dei 200 o 300 pellegrini schiacciati nella calca per la celebrazione annuale del profeta alla Mecca. Ogni anno capita regolare quindi non e' un incidente, ma nessuno ha tempo di fare delle considerazioni perche' c'e da parlare degli ultimi morti in palestina o in iraq.
Qualche mese fa avevo notato un trafiletto in fondo alla pagina esteri dei giornali: "... un centinaio di egiziani bruciati vivi in un treno che ha preso fuoco.. in egitto non esistono estintori sui treni di seconda classe e usano sbarre ai finestrini per non fare entrare chi non paga..."
Il valore della vita umana varia secondo la latitudine e la cultura locale. La settimana prima per liberare UN SOLO ebreo in Libano Israele ha liberato 300 prigionieri Hezbollah. Migliaia di donne arabe rischiano la vita per l'infibulazione che oltre che una tortura permanente a vita ti espone a infezioni. In Italia ci si offre di fornirgli l'assistenza medica occidentale gratuita per rendere l'operazione meno pericolosa, come mai non viene in mente a nessuno dalle loro parti ?. In Iran muoiono a migliaia nel terremoto e il grosso degli aiuti sembra che arrivino dall'occidente anche se con il petrolio a 35 dollari di soldi ne affluiscono in medio oriente.
Intanto i musulmani sono ora 15 milioni in europa. I turchi sono ora piu' di 80 milioni e saranno il paese piu' popoloso dell'Unione Europe quando ne entreranno a far parte. I palestinesi erano 700 mila nel 1958 e ora sono 5-6 milioni. Gli iraniani erano 30 milioni ai tempi dello scia' e ora sfiorano i 70 milioni.
Da sempre la demografia e' la cosa che spinge le invasioni, nell'800 gli europei avevano grazie alla medicina il tasso demografico piu' alto di tutti e si sono spinti ai quattro angoli del mondo. Ora grazie alla case farmaceutiche che il Papa maledice nel resto del mondo la popolazione e' quintuplicata e gli europei non si riproducono a sufficienza per cui e' matematico che verranno
gradualmente sommersi. Le trasmigrazioni dei popoli a volte portano anche dei benefici, quando pero' leggi dei 300 spappolati ogni anno alla Mecca ti viene da pensare a dei problemi.
Questo sarebbe anzi il problema piu' grosso che avrebbe l'europa e l'occidente e ^c'e' anche gente che che pensa a queste cose
#www.frontlinethoughts.com/article.asp?id=mwo013004^,ma e' l'unico argomento di cui nessuno parla, sembra che riguardi solo l'america ora che c'e' Osama, solo che gli USA invece hanno 15mila km di oceano di mezzo. Nessuno che pensi a qualcosa che vada al di la' della cronaca spicciola, se qualcuno capita di parlare del mondo sono solo le tre baggianate che le prime pagine dei giornali mettono sempre in prima pagina (... Cosa fa Israele e Arafat, cosa dice e cosa fara' e cosa dovrebbe fare la presidenza americana e tutte le dichiarazioni dei politici italiani senza dimenticarne nessuno della serie la-sinistra-attacca-la destra-risponde-la-sinistra ..."). E il mondo finisce tutto qui.
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L’urlo e le pietre contro la stele di Satana
di MAGDI ALLAM
Decine di migliaia di mani che scagliano contemporaneamente delle pietre. Sette pietre. Una dopo l'altra. Il più rapidamente possibile. Per lasciare il posto ad altre decine di migliaia di mani. E' il rito della lapidazione delle tre stele di Satana Pronunciando l'invocazione «Labbaika, Allahomma, labbaik» (Ai tuoi ordini, Signore, ai tuoi ordini). Con veemenza. Un urlo liberatorio. Un'euforia collettiva. Che attesta in modo inconfutabile la fede in Dio e la condanna del demonio. E' il momento culminante dell'annuale pellegrinaggio alla Mecca, uno dei cinque pilastri dell'Islam. Che ha visto la partecipazione di due milioni di fedeli provenienti da tutto il mondo. Ma che purtroppo anche quest'anno registra il pesante bilancio di 244 morti e altrettanti feriti secondo il comunicato ufficiale del governo saudita.
Vittime della calca, della confusione, della disorganizzazione. Ma anche del fanatismo e dell'eccesso di zelo di chi individua nel rito della lapidazione una sorta di valvola di sfogo per conseguire la purificazione interiore, la redenzione spirituale. Ciò porta i fedeli a sostare più del dovuto sul luogo dove sorgono le tre stele, in arabo jamarat . A infierire il più possibile su simboli che rappresentano il peccato, il Male. Pietre che si odiano lapidandole. Prima di procedere, il giorno successivo, al rito del bacio della «pietra nera», incastonata nella Kaa’ba, l'edificio cubico al centro della moschea Al Haram della Mecca, la più sacra delle città dell'Islam. In entrambi i casi è come se i fedeli, a dispetto della più rigida iconoclastia vigente presso la confessione wahhabita prevalente in Arabia Saudita, non possano fare a meno di dare un corpo e una forma al Bene e al Male. I wahhabiti, nel nome della purificazione dell'Islam da ogni bid'a , innovazione, arrivarono nel 1806 a distruggere la stessa Kaa'ba dove, secondo la tradizione islamica, Abramo affermò per la prima volta la fede monoteista. Ma poi gli intransigenti guardiani della fede ortodossa si sono dovuti arrendere all'umana esigenza di avere un riferimento materiale della propria fede nel Dio spirituale.
La strage di pellegrini si è consumata nella piana desertica di Mina, a sei chilometri dalla Mecca. Da qui si sale sul monte Arafat dove nel 632 il profeta Mohammad (Maometto) pronunciò il «sermone dell'addio». Ed è proprio qui che si sviluppa il «ponte delle jamarat», con percorsi ondulatori per una lunghezza di ben 1.600 metri. E' indubbiamente il punto più pericoloso dell'intero tragitto del pellegrinaggio che inizia nel mese di Dul Hijja, l'ultimo del calendario lunare islamico. Già lo scorso anno morirono 14 persone. Ben 119 furono i morti nel 1998. Sempre davanti alle tre stele di Satana. Sempre vittime della calca. Schiacciate brutalmente dalla folla. Una morte atroce. Preannunciata e prevedibile. Una vera maledizione. Anche se per chi ci crede sono anime pie che ascendono direttamente al Paradiso di Allah.
Ma nell'immediato tutti si preoccupano di regolare i conti terreni. I familiari piangeranno le loro vittime, esigeranno delle spiegazioni e avanzeranno richieste di indennizzo. Le autorità saudite denunceranno l'insubordinazione e l'indisciplina dei fedeli. Secondo l'inviato della rete televisiva Al Arabiya , la strage si sarebbe consumata per ragioni ovvie e annose. In primo luogo cita il fattore linguistico. A dispetto dello stereotipo diffuso, la stragrande maggioranza dei fedeli musulmani non è arabofona e quindi non è in grado di comprendere e di interloquire con i residenti e le autorità saudite. Perfino tra coloro che possono vantare la conoscenza del Corano, molti l'hanno studiato a memoria senza tuttavia conoscere l'arabo. Il risultato è che esiste un serissimo problema di comunicazione tra le autorità saudite e i fedeli. Questo fatto è avvalorato anche dall'esponente religioso saudita Mohsen al Awaji. Intervistato dall'emittente Al Jazeera , ha accusato i mutawwafin , le guide del pellegrinaggio, di non conoscere le lingue dei fedeli e quindi di non essere in grado di spiegare e di far rispettare le norme predisposte per un corretto svolgimento del rito della lapidazione.
L'inviato di Al Arabiya cita inoltre, come cause della strage, l'infiltrazione di tanti «clandestini», cioè di fedeli che effettuano il pellegrinaggio senza la necessaria autorizzazione. Per garantire la sicurezza generale, le autorità saudite hanno predisposto un sistema di quote di pellegrini per ciascun Paese, compreso il proprio. Ma molti residenti locali riescono facilmente a infrangere i controlli e compiono più pellegrinaggi possibili, nella convinzione che aumenteranno i loro meriti presso il Signore. Si sottolinea infine la presenza, tra le file dei pellegrini, di tanti anziani, oltretutto appesantiti dal fardello del cibo e delle bevande che si portano dietro. Sarebbero proprio gli anziani le prime vittime della calca che si è formata di fronte alle stele di Satana. Perché più deboli. Incapaci di reagire alle spinte, a farsi strada nel panico infernale.
Comunque sia le centinaia di morti non hanno arrestato il proseguimento del rito della lapidazione. I loro corpi sono stati allineati lungo il bordo della strada e portati via. Mentre altre centinaia di migliaia di pellegrini si sono avvicendati nel lancio delle pietre contro le stele di Satana. I morti rimarranno avvolti nei due teli bianchi senza cuciture che ricalcano il sudario. I vivi manterranno per un altro giorno lo stesso abbigliamento che simboleggia lo stato di purità rituale. Al loro ritorno alla Mecca, da dove aveva preso avvio il pellegrinaggio dieci giorni fa, torneranno a fare il «tawaf dell'addio», i sette giri finali attorno alla Kaa'ba. I morti si sono già conquistati il Paradiso. I vivi hanno assolto uno dei precetti fondamentali per poterlo meritare. Si conclude così il pellegrinaggio alla Mecca dell'anno 1424 dell'Egira, il calendario musulmano. L'assembramento di fedeli più imponente del mondo. Il momento di maggiore esaltazione della Umma, la Nazione islamica. Che qui si sente riunita e solidale. Ma che al contempo evidenzia i limiti di un mito che non è mai esistito nella Storia. Il nuovo massacro di pellegrini è l'ennesima crepa in una realtà più che mai plurale e conflittuale, laica e religiosa, modernista e conservatrice.