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Bloccare la speculazione al ribasso ? - gz  

  By: GZ on Sabato 20 Luglio 2002 23:37

--------------------------------------------- Se Mr. Pinco Pallino, con il quadro che ha di fronte e chiarissimo si OSTINA a perdere soldi cercando minimi con l'80% del suo capitale mentre io guadagno standomene al ribasso con il 5% del mio beh non posso fare niente che rallegrarmi di questo e sicuramente sara' chi perde i risparmi di una vita per SUA SOLA responsabilita' a sentirsi frustato. Se poi Mr. Pinco Pallino al posto di preoccuparsi dei suoi investimenti tra un buy on dips e l'altro preferiva ipotizzare la cessione di Nesta o la nuova formazione della Juve beh allora non posso fare altro che dire che se lo e' meritato. Ma qui siamo in un paese dove nel telegiornale si parla al 50% della Franzoni ed al 50% di Nesta mentre solo pochi secondi vengono dedicati agli investimenti... ------------------------- FOS --------------------------------------------------- Ci sono chiamate per bloccare lo scoperto sul Corriere di oggi, vedi qui in fondo ricopiato. E' un ultima spiaggia e un segno di disperazione. E a lungo termine è un palliativo. In Giappone e Hong Kong anni fa l'hanno messa praticamente fuori legge per un poco e non è servito. E negli anni "30 i ribassisti erano odiati quanto i gangster. Ma non è mai accaduto nella storia della finanza che la vendita allo scoperto fosse accessibile a tutti a costi irrisori e soprattutto che ci fossero (come è adesso) SEIMILA HEDGE FUND con circa 600 miliardi di dollari in gestione i quali hanno come obbligo staturario vendere allo scoperto. Nel mercato orso degli anni "70 gli hedge fund erano un centinaio, solo in america e con fondi minimi, probabilmente 10 miliardi di dollari in valori correnti. Ora hanno 600 miliardi di dollari su cui poi usano anche la leva. E' legale e corretto farlo, ma la dimensione del fenomeno e l'utilizzo della leva finanziaria sono senza precedenti. E ci sono giornalisti come ad es Herb Greenberg, di cui sappiamo in questo sito per la vicenda di Pacific Healthcare, che lavorano sulla base delle informazioni che gli passano gli hedge fund ribassisti. Greenberg lo dice esplicitamente e così altri. Spesso l'editoriale di "Barron's" (la maggiore rivista di borsa del mondo) cita dei commenti negativi di hedge fund ribassisti. Alcuni dei migliori siti sono scritti da fondi ribassisti come www.prudentbear.com . Poi ci sono altri magari che scrivono pezzi in cui forse non lo dicono ma la cui fonte di notizie sono mega fondi ribassisti. Per un anno massimo peppe qui ha insistito che PHSY (grafico - notizie) era da comprare e era depresso solo perchè gli hedge fund ribassisti lo avevano venduto in massa e Greenberg ne parlava male dal sito di borsa più noto americano. In quel caso alla fine hanno avuto torto e hanno dovuto ricomprare. In molti altri ovviamente come Enron invece hanno avuto molto merito (e al momento il mercato da loro ragione su quasi tutto). Ma quando si guadagnano miliardi per mesi nel fare una cosa piano piano si crea un interesse a farla sempre più spinta e pesante, come per l'uso delle stock options nel 1997-2000 per arricchire scandalosamente i top manager. Al momento i miliardi si fanno vendendo short i titoli su cui ci sono rumor di irregolarità contabili o utili mancati per qualche ragione e in questo giro è entrata sempre più gente ------------- corriere economia ------------------- I fondi possono bloccare la speculazione al ribasso» MILANO - Nel settembre dello scorso anno, in piena crisi delle Borse dopo l’attentato alle torri gemelle di New York, il Corriere auspicava un «ombrello» per i risparmiatori, cioè «un meccanismo che, senza forzare le regole del mercato, possa in qualche modo limitare le vendite allo scoperto». Ebbene, c’è chi quel meccanismo lo ha trovato. Oltre tutto senza alcun bisogno di complicate normative. Basterebbe impedire ai fondi comuni d’investimento di «prestare» temporaneamente agli operatori al ribasso le azioni che hanno in portafoglio (e che, oltretutto, sono di proprietà degli investitori). La proposta è di Pietro Giuliani, presidente di Azimut Sgr e di Azimut Consulenza. Ma così si limiterebbe fortemente la speculazione al ribasso, alterando il mercato... «In situazioni normali, le vendite allo scoperto sono uno stabilizzatore del mercato. Non nell’attuale contesto, caratterizzato dalla rarefazione degli scambi e dal nervosismo degli investitori, elementi che innescano un’accelerazione innaturale al ribasso delle Borse. In qualche caso, l’attacco sui titoli oggetto di rumors giornalistici sembra troppo violento rispetto alla realtà destinata poi a emergere». Resta il fatto che non si possono mettere briglie all’operatività degli investitori... «Noi riteniamo che oggi la vendita allo scoperto è troppo facile ed economica. I margini di garanzia da versare per la speculazione al ribasso sono insufficienti rispetto al rischio implicito che esiste in questo genere di operazioni. Secondo me i fondi d’investimento dovrebbero assumere un atteggiamento più restrittivo». Perché proprio i fondi? «Perché sono uno dei bacini maggiori ai quali può attingere chi specula al ribasso per farsi prestare i titoli». Ma i fondi per questo servizio guadagnano e di questo guadagno ne beneficiano i sottoscrittori... «Sarà anche vero. Si può però obiettare che, dall’altro lato, gli stessi sottoscrittori ci perdono a livello di valore della quota, che scende se le Borse scendono oltre livelli logici». E oggi il livello delle Borse è congruo? «No di certo. Secondo me, la sottovalutazione è misurabile fra il 15 e il 25%. Questo, dunque, è il margine per un eventuale rimbalzo». Impedire ai fondi di prestare i titoli è davvero la soluzione? Azimut, che è uno dei principali gestori, che cosa fa? «E’ una strada percorribile. Per quanto ci riguarda, abbiamo deciso che, con questo mercato e con queste condizioni, non presteremo più titoli». Pensa davvero di risolvere così il problema? «Le vendite allo scoperto non sono l’unico responsabile dei ribassi eccessivi. Esistono anche degli automatismi che amplificano le tendenze...». A cosa si riferisce in particolare? «Da qualche anno a questa parte, i risparmiatori, spaventati dalla flessione delle Borse e dalle tensioni internazionali, vengono indirizzati verso i prodotti a cosiddetto capitale garantito, il cui funzionamento è caratterizzato dall’obbligo di vendere la componente azionaria dei portafogli al verificarsi di determinati livelli di prezzo. Ebbene, una fase di ribasso molto accentuata vene seguita inevitabilmente dallo smobilizzo di posizioni azionarie che compongono i portafogli di questi prodotti». Insomma, ribasso chiama ribasso... «Il fenomeno è ormai qualitativamente rilevante. E il peso di questi automatismi rischia di determinare situazioni di ipervenduto che non hanno alcuna relazione con la reale situazione delle aziende quotate e dei settori in cui operano». Edited by - gz on 7/20/2002 21:56:22

Provate Senza Anestesia - lutrom (abbonato)  

  By: lutrom on Sabato 20 Luglio 2002 04:37

Ok, odiamo l'America, ma qual è l'alternativa??? Saddam, Hitler, Stalin, Mussolini, talebani, impero romano con gente sgozzata dai leoni, la vita dei primitivi nella foresta ?? (preferisco rincoglionirmi a guardare la televisione che non morire crepato per il dolore perché mi operano senza anestesia come si faceva nel passato o perché, vivo, ti traforavano il cranio e ti facevano uscire fuori il cervello: chi non ama questo sistema occidentale, vada, vada, vada e poi mi dirà , torni indietro nel passato o vada nella foresta equatoriale, proceda, vada sotto le mani del chirurgo, e poi non si metta a strillare, e se affermiamo una cosa, dobbiamo accettarla fino alla fine: ma voi lo sapete che significa morire crepati per il dolore, percHé invece di spendere soldi per la ricerca e l'innovazione, quei soldi si spendono in armi e in moschee e chiese cattoliche o qualsiasi altra religione - e io sono credente, ma la religione serve per innalzare l'uomo, non per schiavizzarlo!!!)......?? E sapete quale è il minimo comun denominatore di tutti questi signori dittatori?? E' l'ignoranza dei popoli a loro sottomessi: che poi anche questa è una gran scemenza. E' solo dell'ignoranza di questi popoli figlia la dittatura e non viceversa. I dittatori sono sempre figli dei loro popoli, mai il contrario. E poi qui si parla sempre di massimi sistemi: ma guardiamo la realtà. Ho conosciuto gente che è andata in Africa, ha impegnato i propri soldi e il proprio tempo, senza nessun tornaconto e guadagno personale e ha costruito pozzi per irrigare i campi: e sapete cosa hanno trovato un anno dopo quando sono tornati???? ( e io anche ho fatto volontariato, ma non ai livelli di questi, che sono quasi santi per me) hanno trovato la gente che moriva nuovamente di sete, perché avevano venduto pezzi del pozzo per guadagnare qualche dollaro da consumare in scemenze!!!! E la colpa non è dell'America né della bolla speculativa!! E poi non parliamo a vanvera dei buoni e dei cattivi: qua siamo spesso in molti ad essere "cattivi". A chiacchiere siamo tutti bravi, ma i fatti.... Sapete perché è finito il comunismo?? IO lo so: è finito perché la maggior parte della gente lì non faceva nulla. Lavoravano al rallentatore, li ho visti, perché tanto li pagavano lo stesso. Io credo fermamente che il comunismo sia una gran bella cosa: ma lo hanno fatto fallire le masse, i poveri, sì i poveri e gli operai: erano loro i primi a non far nulla, perché non gliene fregava nulla. Il comunismo è fallito perché c'erano tanti piccoli dipendenti statali sfaticati e menefreghisti e corrotti. Siamo tutti bravi a chiacchiere: ma quando sei un dipendente pubblico e il giorno devi combattere con ogni sorta di bassezze, perché alla maggior parte (non tutti, si badi!!) di quelli che sono intorno a te non frega nulla del bene comune (nei fatti, perché a chiacciere sono tutti bravissimi!!), e poi magari si proclamano contro la privatizzazione del cavaliere Berlusconi, dopo che si sono prostrati al dirigente pubblico corrotto: beh, cari, a questo punto cerchiamo di deciderci. A me non va nulla in tasca delle privatizzazioni di Berlusconi, intendiamoci. Spesso quello che muove alcune persone è solo una buona dose di invidia: invidia per chi ha di più. E li conosco certi operai che sono diventati industriali: più sfruttatori dei loro precedenti datori di lavoro sfruttatori. Devo dire che capisco le rivoluzioni degli sfruttati, non è bello essere sfruttati, lo sono stato anch'io, nel mondo del lavoro: ma l'esito finale (non iniziale, si badi!) delle rivoluzioni a me non piace: basti pensare alla rivoluzione francese o a quella comunista: dal dominio di alcuni al dominio di altri, dalla dittatura dello zar e dei nobili a quella del proletariato (ma all'inizio i rivoluzionari hanno fatto bene, perché hanno espropriato le terre dei nobili, e questo in Russia ci voleva proprio). Bisogna vedere caso per caso: mai demonizzare questa o quello, questa o quella classe: ma questo è difficile, è molto più facile fare di tutta l'erba un fascio. Non impietosiamoci nel vedere i vari Bin Laden che lottano contro i cattivi americani: la loro è solo una lotta per il potere, e basta: a loro delle masse e della gente non gliene frega proprio niente!!!! E' solo lotta per il potere. E poi, ma chi è l'America e il sistema occidentale??? siamo noi, siamo noi, non è qualcun altro. L'America è la "civilizzazione" della lotta per il potere. Sì, sapete perché alcuni popoli hanno creato imperi (che poi puntualmente sono stati travolti da altri imperi)?? Perché i creatori di imperi erano (e sono!!!!!) più duri, più evoluti tecnologicamente e più spregiudicati: insomma più attrezzati per la lotta per la sopravvivenza che premia sempre il più forte. E i sottomessi cosa dicevano??? tante belle parole sulla solidarietà, sulla giustizia. Ma quando a loro volta hanno creato l'impero, hanno dimenticato tutte le belle chiacchiere ipocrite del passato e sono spesso diventati peggiori dei loro aguzzini. E non dimentichiamo: i palestinesi sono ignoranti (prima che arrivassero gli israeliani ancora vivevano ai tempi della pietra, o quasi: e gli israeliani, ancora, invece, con la loro idea di essere il popolo eletto: ma eletto da chi???? da Dio, ma mi facciano il piacere!!!! per andare da un estremo all'altro dell'universo occorrono miliardi e miliardi di anni luce e le stelle sono migliaia di miliardi; ma ci rendiamo conto?? e il creatore di tutto ciò avrebbe scelto negli ebrei il popolo eletto?? Quella ebraica è una religione che ha dei suoi seguaci una idea di élite, e questo in una religione è odioso. Ma non crediate che io ami molto la nostra mentalità occidentale, cerco di non adeguarmi alle mode, ma prima di buttare tutto a mare, bisogna vedere le alternative, e io ne vedo di non buone, soprattutto, e , comunque rigirate, la sostanza è sempre identica. Una cosa ho capito: se, nella vita, metti insieme due persone, rispettose del prossimo, non ignoranti, senza pregiudizi religiosi e simili, amanti della giustizia e del bene comune, altruisti, i problemi e le ruberie non esistono mai, mai. E neanche godere delle disgrazie altrui è giusto: chi ha orecchi per intendere, intenda!!! perché vedo sempre molti frustrati godere delle altrui disgrazie, e questo non è bello.

Quanti mesi prima dell'Iraq - Gzibordi  

  By: GZ on Venerdì 19 Luglio 2002 11:42

IMPORTANTE per G.Z. : (premesso che per me rotti i 9000 siamo "ufficialmente" in guerra tutti), Secondo lei esistono degli studi militari disponibili in grado di poterci far conoscere se per gli usa è meglio attaccare in agosto o in autunno? Almeno metereologicamente, ci dovrà pur essere un peridodo da evitare in quella zona di guerra.....no? ------------------------------------------------------------------------------------------- per la guerra tra pakistan e india (evitata o perlomeno rimandata) ^www.Stratfor.com#www.Stratfor.com^ aveva predetto che non si poteva fare in giugno perchè ci sono i monsoni, se lo ricorda ? , e hanno avuto ragione. da settembre mi sono abbonato a stratfor e ^debka#www.debka.com^ per via di terrorismo e iraq e so quello che dicono i) i preparativi per rovesciare saddam sono molto avanzati, il numero due del dipartimento di stato era in turchia per avere l'ok dei turchi questa settimana, il fratello del re di giordania era a londra al convegno di 3 giorni degli ufficiali irakeni in esilio che discutevano il dopo saddam a cui era presente la cia, addirittura Dick Cheney (vicepresidente) ha organizzato incontri semi-segreti tra il numero tre dell'Iran e l'opposizioni irachena sunnita, nel nord dell'iraq sotto controllo kurdo ci sono già forze speciali usa, lo yemen ha dato le base e risulta che ora è pieno di americani è stata accellerata (vedi sotto) la produzioni delle munizioni necessarie ecc.... però c'è questa considerazione: perchè Al Qaeda in 10 mesi non ha fatto niente (se non forse qualche lettera all'antrace e un tizio con una scarpa imbottita di esplosivo che sembrava un matto ) ? La spiegazione è che Saddam con le buone o con le cattive glielo impedisce perchè alla prossima strage in territorio americano parte l'operazione in Iraq Saddam controlla uno dei più forti servizi segreti del mondo ed è molto più potente di Bon Ladin che si nasconde su per delle grotte (e secondo gli inglesi del MI6 è morto in realtà) Quindi la situazione è : la minaccia di rovesciare Saddam fa sì che Al Qaeda sia tenuta ferma con tutti i mezzi da quest'ultimo per ora Dal punto di vista elettorale converrebbe ovviamente muoversi in settembre (le elezioni sono ai primi di novembre) e lo sanno tutti ma non è una faccenda così semplice mandare 100 mila soldati in guerra se non hai il consenso dell'opposizione e dei media in guerra non ci vai perchè muore della gente, farlo con l'oppisizione e i media contrari o scettici è il suicidio politico (vedi Johnson) secondo me per ora tengono Saddam sul filo e aspettano, (vedi sotto, hanno fatto trapelare notizie sulle scorte di smart bomb ieri) ma non sanno neanche loro bene cosa fare perchè se attaccano Saddam non avendo niente da perdere questi da via libera a Al Qaeda ------------------ da stratfor ----------------------- S. Restocking Attack Munitions May Presage Iraq Campaign 17 July 2002 A serious shortage in the number of the Pentagon's Joint Direct Attack Munition (JDAM) bombs may have helped postpone an attack on Iraq earlier this year, the Associated Press reported July 15. But now production of the GPS-guided smart bombs is accelerating, and the Pentagon should have enough stockpiles to attack Iraq by late this year should the order come from the White House. A JDAM is no more than a package of global positioning sensors and tailfins -- costing roughly $20,000 altogether -- attached to an unguided missile. Far less expensive than a laser-guided bomb and able to operate in clouds and smoke, JDAMs went from being a novelty in the 1999 Kosovo war to a centerpiece of the Afghan campaign. More than 25 percent of the 17,000 pieces of ordnance dropped on Afghanistan were JDAMs. But the 5,000 or so JDAMs used during that campaign represented nearly half of the Pentagon's stockpile. As the Afghan war wound down, the shortage became a strong argument for delaying an attack on Iraq. Estimates vary, but a campaign against Iraq would likely require double or triple the amount of JDAMs as the Afghan war, somewhere between 10,000 to 15,000 bombs. Earlier this year American munitions-makers were producing at a rate of less than 1,000 JDAM kits a month, meaning that it would have taken until early winter to reach the bare minimum level of 10,000. This would leave precious little room for error in case more were needed and would also leave few reserves after an Iraq campaign. But support from the Pentagon is pushing JDAM manufacturers to speed production, which they appeared to do in May. JDAM makers are now pumping out nearly 1,500 bomb kits a month and are planning to expand to 2,000 per month by late this year, the Associated Press reported. These rates will give the Pentagon 10,000 JDAMS by mid-August and 15,000 by November with the promise of many more on the way. This means an attack on Iraq is possible by the end of the year, at least as far as JDAM supplies are concerned. Earlier reports in the Wall Street Journal noted a shortage of Hellfire anti-tank missiles as well, but no recent information has surfaced. It is interesting that this information was released at all. Although not on the level of a state secret, the numbers available in the AP article make it possible to get a fair idea of U.S. JDAM levels, something that many governments -- including Iraq -- would certainly find useful. This is information the U.S. government might wish to keep a tighter lid on ahead of a possible U.S. attack. Most likely, the leaks were intentional, meant to warn and intimidate the Iraqi government. Modificato da - gzibordi on 7/19/2002 9:53:49

Il forum cobraf è indicatore? - beppe  

  By: beppe on Venerdì 19 Luglio 2002 04:26

Per favore, provate ad entrare ancora una volta nel forum e scrollare la pagina guardando ATTENTAMENTE nel forum: in media, saremmo (n.b. è un condizionale) tutti "sotto terra" qui a cobraf. Il forum secondo me invece indica che siamo ormai ad un punto estremo capace di generare un violento rally. Lo dico perchè stimo chi vi partecipa. (e perchè sono finalmente long da Venerdì scorso, vedi la chiamata call con massimo peppe:-) Beppe ps. IMPORTANTE per G.Z. : (premesso che per me rotti i 9000 siamo "ufficialmente" in guerra tutti), Secondo lei esistono degli studi militari disponibili in grado di poterci far conoscere se per gli usa è meglio attaccare in agosto o in autunno? Almeno metereologicamente, ci dovrà pur essere un peridodo da evitare in quella zona di guerra.....no? Insomma, qualcosa per cercare di capire (per ANTICIPARE ) quando decideranno di inserire "the gulf war episodio II " nei palinsesti televisivi.... Ps II per tutti: un vero e proprio rally estivo "come si deve" stile aprile01 o ott.01 è ormai IMPENSABILE, avremo solo un rimbalzo tecnico stile estate 2001: macano 2 elementi essenziali: 1) il catalizzatore (niente tagli ai tassi, niente MEGA attentato, niente guerra) 2)siamo ormai troppo vicini ad 8000 per non arrivarci: siamo troppo "rotti".

Humour di borsa - Gzibordi  

  By: GZ on Venerdì 19 Luglio 2002 03:55

Playboy ha annunciato un numero che avrà le foto delle donne di Arthur Andersen - ma non si sa come siano venute perchè sembra che abbiano mentito riguardo alle loro misure Oggi il toro di wall street (la statua del toro che è davanti alla borsa) è risultato positivo al test della mucca pazza oggi ho chiamato il mio broker - ma era diventato una panetteria. Non è un buon segno. Alan Greenspan che dio lo beneedica, ha tenuto una conferenza stampa ieri. Ha detto che l'economia sta accellerando. In effetti è vero, è quello che succede quando sei in discesa, rotola sempre più forte Modificato da - gzibordi on 7/19/2002 9:10:55

I Bilanci delle Assicurazioni - Gzibordi  

  By: GZ on Giovedì 18 Luglio 2002 14:24

A proposito di ^Generali#^ e le altre: viste solo sul grafico e coi numeri del bilancio sembrano un occasione. Ma così anche tante altre assicurazioni anche senza voci di scalata. Il crac delle assicurazione e delle banche maggiori degli ultimi 15 giorni è stato simile a quello dei titoli internet tipo Tiscali. Per cui fa pensare che sia o puro panico irrazionale oppure anticipi un paio di istituzioni che sono nei guai (per cui il mercato sentendo l'odore del sangue vende un po tutto il settore) La spiegazione pessimista è che il mercato tema non delle irregolarità contabili, ma le perdite su derivati che non sono ancora contabilizzate. Fino a 5 anni fa queste cose non erano molto diffuse, ma adesso ci sono miliardi di euro di "credite derivative" cioè derivati sui debiti aziendali. Ad es le CDO "collateralized debt obligation" che sono derivati creati dalle banche tipo Morgan Stanley per prendere il rischio del debito delle aziende e trasformarlo in un derivato. E lo rivendono alle assicurazioni, ai fondi pensione e a alle banche più piccole. In pratica Morgan prende un miliardo di debiti di 30 aziende e lo trasforma in un "pool" unico che poi fraziona in tre tipi di "strumenti" , una parte a "senior" per chi vuole poco rischio, una parte "mezzanine" per chi ne vuole di più e una parte "equity" che stanno in basso e in caso di bancarotta si azzerano (ma rendono di più). Poi frazionano il tutto in derivati di una taglia da 1 milione di euro l'uno, li chiamano "CDO" o altro e li vendono a 200 assicurazioni, hedge fund e banche locali. In questo modo l'assicurazione XY ha comprato una certa frazione di un "pool" di derivati che rappresente il rischio di credito di 200 aziende senza dovere preoccuparsi di analizzare cosa faccia e cosa sia ciascuna azienda del pool. Se Vivendi, Worldcom, Enron, Tyco, KPN falliscono o vanno nei guai questi derivati ne risentono, ma il Credem o Alleanza hanno che li hanno non devono registrare le variazioni ogni giorno. Inoltre è difficile da capire cosa valgono veramente perchè non c'è una borsa in cui tutti i giorni il "CDO" che Alleanza o Credem hanno comprato sono aggiornate. Essendo cose molto complicate che spesso le stesse assicurazioni e banche che le hanno in pancia non capiscono bene è ovvio che qua i rumor hanno un grosso peso. Ad ogni modo, se uno guarda solo ai bilanci tutte le assicurazioni e banche locali che sono state massacrate sarebbero da comprare. Ma sotto ci sono le voci su questi rischi da derivati. ------------------------- breakingviews------------------------Credit derivatives: Credit derivatives have been praised for spreading risk. These complicated deals bundle together loans and sell them in tranches carrying varying degrees of risk. Banks use them to transfer credit risk to insurance companies and hedge funds, thereby freeing up capital for investment elsewhere. Here's how a typical structure - a collateralized debt obligation - might work. First a bank forms a $1bn pool of assets from dozens of investment-grade credits. Then it sells securities with a similar value to investors. The securities provide returns on the debt and a premium for insuring it against default. Each derivative deal is split into tranches carrying different degrees of risk. The bank might sell $50m of equity securities that absorb the first losses on defaults in the debt pool. It would also sell $100m of mezzanine securities with risks and returns more like conventional corporate bonds. On top would come a $850m tranche senior to both equity and mezzanine. The CDO market grew exponentially from 1998 to 2000. It is not hard to see why. The senior securities offered risk-averse insurers a new class of synthetic AAA-rated bonds. The mezzanine offered pepped-up returns to yield-hungry insurance companies, banks and hedge funds. And the equity was generally sufficient to absorb losses on the underlying debt. Alan Greenspan even praised the market for easing the burden of defaults like Global Crossing. But a prolonged downturn in credit quality may expose weaknesses in the market. Moody's warns that a popular class of CDOs has on average 1.2% of its exposure in WorldCom, with one deal having over 4%. The US telecoms group is on the verge of default and the recovery value of its debt likely to be puny. A WorldCom default alone would generate big losses in the equity tranches of many outstanding CDOs. But if the same deals were invested in Enron, Global Crossing and other blow-ups, WorldCom could be the straw that breaks the camel's back. Indeed, any more high-profile collapses could yet impair the mezzanine securities. It is difficult for investors really to get a bead on this. Holders of synthetic CDOs - mainly banks and insurers - don't always have to mark their exposure to market. Even when they do - when the CDOs are held in a trading book for example - marking to market has become almost impossible. The secondary market for mezzanine securities is seizing up as worries over credit quality take hold. Consequently many firms are carrying CDOs in their balance sheets at computer-generated estimates of their realisable value - which may or may not prove to be accurate. This clearly leaves open the possibility that CDO holders are carrying unrecognised losses. With the CDO market estimated to have a notional $400bn of exposure outstanding, much of it synthetic, those losses could be significant Edited by - gzibordi on 7/18/2002 12:29:14

Il Medio Oriente - Gzibordi  

  By: GZ on Giovedì 18 Luglio 2002 13:07

ieri sera alle 21:30 circa ero tornato a seguire e ho visto gli S&P futures tentare uno strappo da 900 a 910-911 in pochi minuti. A 911 sembrava partito, ma poi (cosa vuole dire la numerologia) si è vista un improvvisa candela in giù. Ho messo un sell a 910 limite anche perchè era tardi, ma ho visto passare un : ".... strage a Tel Aviv ..." sul Bridge e in due minuti gli S&P erano giù a 903 . Poi la notizia è arrivata completa, i morti erano solo 5 e si sono ripresi. Il Medio Oriente non ci abbandona mai Modificato da - gzibordi on 7/18/2002 11:23:39

Il libro del momento: "conquer the crash" - gzibordi  

  By: GZ on Giovedì 18 Luglio 2002 11:58

Il libro del momento no.1 dei libri di business e finanza e no. 4 assoluto di Amazon è questa settimana "Conquer the Crash" di Bob Prechter che prevede una crisi deflazionara stile anni "30 e la distruzione dei mercati finanziari (unico suggerimento del libro oro e contanti)

Filosofia della Borsa - Gzibordi  

  By: GZ on Mercoledì 17 Luglio 2002 21:35

E' un discorso filosofico, parliamo dei prossimi 2 o 3 anni come minimo, a livello di discussione culturale, ma ho fatto il trading che potevo fare oggi e d'altra parte occorre stare qua un poco perchè sta affondando di nuovo. Il calcolo che fanno questi è quello di uno che compra un bar o un azienda qualunque e la giudica in base ai suoi utili reali. Calcolano quanto varrebbe la borsa se fosse un azienda reale con un proprietario. Se compro invece un azione non sono il proprietario, sono un azionista e non controllo un mucchio di cose, ad es i bilanci possono essere falsi o possono avere raccontato balle sulle prospettive del business oppure ci può essere una guerra in medio oriente causa della quale la società perde oppure possono esserci legislazioni anti-monopolio di cui non so niente e che la rovinano se ho invece la mia azienda questi rischi sono minori perchè l'azienda è mia e la conosco Quindi è logico che se compro azioni voglia pagare di meno del valore del business, considerato in termini di puri numeri Perchè ci sono un mucchio di fattori che sfuggono al mio controllo e per i quali chiedo un "Premio di RISCHIO". Quindi per un azione il valore è = Valore Economico Reale del Business MENO PREMIO DI RISCHIO Dopo la seconda guerra mondiale e dopo la grande depressione il premio di rischio percepito era altissimo. E quindi come si vede dal grafico le azioni quotavano a un 40 o 50% meno del loro valore reale (da "business proprietario"). Negli anni "70 con inflazione, Vietnam, URSS al massimo della sua forza, socialismo dappertutto, controlli di capitali, nazionalizzazioni ecc... il premio di rischio percepito era tornato molto elevato. Negli anni "90, con la pace tra paesi industrializzati, la fine del socialismo sovietico, la globalizzazione e l'informazione online globale il premio di rischio è diminuito moltissimo. A un certo punto è diventato negativo il che è assurdo. Ma il premio di rischio nell'era della globalizzazione dovrebbe continuare a scendere molto, questa è la tesi. Sicuramente questo schema non viene preso sul serio quest'anno coi mercati in crollo. Ma al di fuori della borsa viene ad es da Francis Fukuyama "la fine della storia" oppure Thomas Friedman "the lexus and the olive tree". Mi rendo conto che ora con Bin Ladin e Enron non sembra affatto così, ma il grafico degli ultimi 60 anni direbbe che la tendenza è questa se lo si guarda. La tendenza storica per il premio di rischio (la differenza tra valore delle azioni quotate e il loro valore economico) nell'era della globalizzazione è di ridursi a zero. Con un poco di aiuto dai marines la teoria può tornare a funzionare. Modificato da - gzibordi on 7/17/2002 19:39:27

Convertito al toro - gianlini  

  By: gianlini on Mercoledì 17 Luglio 2002 02:29

cmq a me sembra che il nasdaq abbia quasi completata una figura di inversione, che l'S%P la stia abbozzando, giocando sul livello 900 che il Dow stia terminando la discesa (in tre stadi, l'ultimo particolarmente violento) che i vari indicatori siano su livelli abbastanza bassi, cmq li si voglia considerare che il fib oggi ha scambiato 32000 contratti cui vanno sommati 3000 contratti equivalenti del minifib = 35000 e l'analisi tecnica direbbe che potrebbe essere un reversal day per i volumi che oggi non ha fatto una V ma una sminuzzata di prezzemolo, a triturare lunghi e corti e spezzare la psicologia di tutti che il dollaro è in totale ipervenduto, poco oltre la soglia tecnica che il bund invece è già in storno per me si sale fino al 10 settembre, poi di nuovo giù

Sottovalutato del 45% - Gzibordi  

  By: GZ on Martedì 16 Luglio 2002 22:39

Questa probabilmente è la stima più ottimistica della situazione che ho letto. Chi scorre il wall street journal forse ieri l'ha vista e la metto qua così uno la legge e alla sera dorme contento. E' di Arthur Laffer, che è stato l'architetto della politica economica della casa bianca negli anni '80 (il tizio che ha inventato la supply side economics) e che fa consulenza finanzaria per fondi e istituzioni. Laffer dice : non guardare ai bilanci su cui ora ci sono tante discussioni. Guarda ai dati della contabilità economica nazionale come risulta dalle tasse pagate. (National Income and Product Accounts, compilati dal Department of Commerce's Bureau of Economic Analysis (BEA)). Se si fa uno studio degli ultimi 30 o 40 anni degli utili aziendali in base a questi dati, che sono i più attendibili che ci sono in america, non ho ovviamente i profitti un poco gonfiati del 1998-2001. Ma vedo una serie storica degli utili aziendali che, divisa per i tassi di interesse, mi da la "capitalizzazione" vera della borsa americana. Secondo Laffer (vedi grafico in fondo) questa serie degli utili reali non è variata di molto negli ultimi anni nella sua crescita (perchè non sono quelli che le aziende mostrano agli analisti, ma quelli che entrano in contabilità nazionale). Quello che è variato molto è l'andamento dell'S&P 500 che però ora continua a scendere mentre gli utili aggregati continuano a salire. La conclusione è che facendo questi conti alla fine l'S&P 500 è sottovalutato del 45% circa. (Notare che il modello IBES che usa gli utili previsti medi e che utilizzano in tanti lo da a uno sconto del 30% circa) A Buying Opportunity By ARTHUR B. LAFFER For two and a half years now asset values and the economy itself, to a lesser extent, have been in a tailspin. From their early 2000 peaks, the Dow Jones Industrial Average is off by 25%, the Standard & Poor's 500 by 40% and the Nasdaq by 73%. With 20/20 hindsight, everyone now seems to agree that asset values were too high in early 2000. But if stock prices were too high back then, how do we know when they have fallen enough to warrant increasing exposure to equities? Without dwelling on the past, no matter how tragic it may have been, the real question is, what do we have to look forward to? Having no psychics on staff nor a direct line to God -- unlike some of my colleagues -- the way I try to range the stock market is by comparing capitalized economic profits to the S&P 500 Index. And, to cut to the chase, right now equities are dramatically undervalued relative to capitalized economic profits -- more so than at any time over the past six years. This means we're due for a significant market run-up. U.S.A. Inc. To illustrate how the market valuation model works, I like to imagine the U.S. as a single company and myself as an investment banking firm. If I were asked to take U.S.A. Inc. public, I'd, of course, say yes. All investment banking firms want the fees. Once the deal points were agreed upon, my task would be to figure out what U.S.A. Inc.'s market capitalization/enterprise value/initial public offering price should be -- a formidable task to be sure, but a task investment banks do every day. And the way they do it is quite straightforward. The first question an investment bank would ask is, does U.S.A. Inc. have profits? The answer is a resounding yes. In the National Income and Product Accounts, compiled by the Department of Commerce's Bureau of Economic Analysis (BEA), you'll find the best profits data available. Here literally scores of professionals take the tax returns of corporations (some five million at present) and put them on a consistent accounting basis. Because the BEA data are based on the tax returns of corporations filed with the IRS, and the BEA does all it can to eliminate reporting anomalies, these data are virtually unaffected by all the flim-flam financial accounting practices used by many companies of late. Now, with economic profits data in hand, a good investment banking firm would then want to know if there are any comparable market data that would allow it to capitalize U.S.A Inc.'s profits in order to estimate the appropriate market value of U.S. corporations. And, again, the answer is yes. We have bond and interest rate data for the U.S. that go back to the original 13 colonies. The price of a bond divided by its coupon is a price/earnings ratio, pure and simple. So, to get a first order estimate of what the market capitalization of U.S.A. Inc. should be, we need to capitalize economic profits by using the appropriate discount factor, which I take to be the yield on the 10-year U.S. government note. By dividing any given quarter's economic profits by the average daily 10-year note yield, we can calculate capitalized economic profits, which is an estimate of U.S.A. Inc.'s market capitalization. Carrying out this calculation quarter by quarter back in time, we have a time series of what an investment banking firm would estimate the market capitalization of U.S.A. Inc. to be. And, in addition, we have actual market capitalization data in the form of stock market indices. Comparing actual stock data with capitalized economic profits (see chart nearby) yields a measure of either overvaluation or undervaluation of the market, or perhaps expectations of things to come that aren't already in the data. Just viewing the plot of the two series illustrates the remarkable closeness of fit. On a more careful viewing, all sorts of interesting features pop up. The lack of confidence in U.S. economic policies in the mid-1970s is obvious from the huge gap between capitalized economic profits and stock prices. That gap shouldn't surprise anyone who remembers the gas lines, federal marginal income tax rates of up to 70%, inflation rates in the teens, a 21% prime interest rate, race riots and worker strikes. Yikes! The huge surge in both series in the early 1980s, once Paul Volcker's and Ronald Reagans' policies kick in, is readily visible, as is the 1987 market bubble and subsequent crash. Even George H.W. Bush's and Bill Clinton's tax increases are apparent. Also visible is the Y2K bubble. Back in late 1999 and early 2000, the Federal Reserve and others believed there was a serious Y2K problem. Anticipating widespread computer failures and runs on banks, the Fed expanded the monetary base dramatically to ensure that banks would have adequate funds on hand to meet deposit withdrawals and avoid a financial panic. The expanded base, however, also led to an explosion in asset values and excessive real growth as banks were no longer reserve-constrained from making loans; thus the high-tech bubble. Then, doing exactly what it should have done given its earlier mistake, the Fed removed all of the excess base in early 2000, and the entire process reversed. Asset values fell, the economy slowed and interest rates retreated, and, as if that weren't enough, the events of Sept. 11 and the subsequent accounting crisis "piled on." Undervalued This brings us to today. For those who like price/earnings ratios, the conclusion is simply that stock prices are uncommonly low when compared to bond prices and properly reported corporate profits. The price of a bond in relation to its coupon is not only the inverse of that bond's yield, but is itself a price/earnings ratio. When yields on bonds fall, price/earnings ratios should rise. Given what's happened to interest rates, price/earnings ratios should also rise. But as of today, stock prices have not only not risen, they have fallen way out of line with corporate profits and the current level of interest rates. Edited by - gzibordi on 7/16/2002 20:42:18

L'oro dice che il fondo è lontano - usemlab  

  By: usemlab on Lunedì 15 Luglio 2002 20:39

continuo a non credere all'oro sotto 320 con l'euro praticamente a 1.01!!! delle due l'una: o lo stanno tenendo sotto o gli americani sono ancora bel lontani dalla forced awareness. Ergo il bottom e' ancora molto ma molto lontano. Francesco

liberare della liquidità dai PT - vssvpm2  

  By: vssvpm2 on Lunedì 15 Luglio 2002 20:14

scritto il 19 giugno (se non ricordo male): -------------------------------------- "in pratica vi sto dicendo che avremo un minimo a metà luglio contro la statistica che lo vorrebbe tra settembre e ottobre. In realtà questo mi quadra poco. Come dire che prima di rialzare con forza da li in poi potrebbe darci indietro il tempo rubato dalle anomalie cicliche di quest'anno (veramente enormi, mai viste). Se lo farà e in che modo lo appureremo a suo tempo. Per ora ogni rimbalzo è da vendere." --------------------------------------------- Giusto per la cronaca il 19 giugno il mibtel era a 20600 e oggi ha chiuso a 18539. Avevo previsto in quel post un minimo a 18500... ormai ci siamo. Basterà o andremo più giù?? insomma voi volete sapere se siamo prossimi alla fine del crollo giusto??? Stanotte termino le proiezioni e in settimana mi sbilancio... Diciamo che come chiusura da panico è quello che mi aspettavo, ed è finalmente cominciata. Come prezzi saremmo anche sui primi obiettivi... ma ci sono i secondi... i terzi (che non credo raggiungeremo). per ora basti questo visto che quando postai che saremmo schiantati fino a metà luglio ricevetti insulti, offese, critiche cattive sia sul forum e soprattutto via mail. Almeno adesso spero che se mi dovessi sbilanciare ancora in un'altra previsione, il rispetto umano e professionale per un lavoro così difficile come il trading possa prevalere. Vi consilgio di cominciare a liberare della liquidità dai PT o dai monetari dove consigliai a suo tempo (non ricordo se via mail o sul forum) di mettere i soldini... CIAO a tutti e buon trading.

It's the dividend, stupid!! - gzibordi  

  By: GZ on Lunedì 15 Luglio 2002 13:20

i treasury bill (in pratica i BOT) pagano sempre la stessa cifra, cioè se pagano il 3% è sempre il 3% su 100 lire, ma le 100 lire non aumentano giusto ? i dividendi se pagano anche solo il 2% invece pagano il 2% su 100 lire di utile che AUMENTANO. Gli utili delle aziende aumentano. Se non fossero aumentati dal 1958 a oggi il PIL e il tenore di vita sarebbe ancora quello del 1958, quando tutti andavano in 500. Gli utili delle aziende americane quotate sono circa il 6% del PIL in media e la % non cambia da un secolo. Dato che PIL è salito in media del 3% dal 1958 anche gli utili sono saliti. Ok ? Quindi dopo 10 o 20 o 30 anni un 2% di dividendo di McDonald o Pepsicola o IBM è un % di una cifra che però nel tempo è salita. Il 2 o 3% dei BOT invece è rimasto uguale perchè lo stato non fa degli utili. Questa è la teoria. La pratica è che se un indice sale da 450 (Dow Jones nel gennaio 1958) a 8660 (Dow Jones oggi) la differenza in punti è 8210 giusto e l'indice è aumentato di circa 20 volte in 44 anni ovvero ha raddoppiato in termini nominali ogni 5.2 anni circa escludendo i dividendi in termini reali e includendo i dividendi il calcolo è più complicato perchè occorre avere la serie storica dell'inflazione e dei dividendi, ma è stato fatto da migliaia di centri di studi privati e pubblici e università e il risultato è sempre lo stesso: la combinazione di pagamento di dividendi e apprezzamento nominale dei titoli dell'indice ha fornito un 7% reale medio su tutti i periodi di più di 40 anni. Se lei ha scoperto che non è vero e pubblica il suo studio rischia di ricevere il premio nobel per la finanza. Avendo una serie di numeri e non di opinioni davanti i risultati di un elaborazione matematica non possono essere diversi per diverse persone. O ha fatto un errore lei oppure lo hanno fatto le migliaia di persone prima di lei che hanno fatto questo calcolo giungendo tutti alla stessa conclusione (cioè un 6.7% reale medio di rendimento)

It's the dividend, Stupid! - gianlini  

  By: gianlini on Lunedì 15 Luglio 2002 12:22

Altro che i manager! ho fatto ieri un breve studio sull'andamento fra un investimento in tbill e uno in azioni dell'S&P dal 1958 ad oggi. Ebbene, dopo il più grande bull market secolare l'S&P indice ha in media superato un investimento in T-bill solo del 1,3 % l'anno. Fino a tutto il 1988 il rendimento dei t-bill è stato superiore a quello degli S&P. Se ne deve dedurre che l'unico motivo serio per investire in borsa è quello che le aziende ti paghino un bel dividendo, altrimenti, meglio un bel 5 anni. D'altronde l'ultima generazione dei manager privilegia non pagare il dividendo e reinvestire nell'azienda tale somma (per pagarsi le stock options). Vorrei capire come mai nelle più blasonate Business Schools il dettaglio che questo sia del tutto inutile e anzi dannoso per l'investimento azionario sia passato del tutto inosservato. Mi sembra, tra l'altro che il corriere oggi pubblichi un altro articolo in cui si dice che solo tre fondi hanno battuto i bot dal 1984 ad oggi. Lo studio di cui sopra è in excel, se interessa potrei inviarlo via e-mail

Il Titolo Del Momento è Acf - massimo  

  By: massimo on Sabato 13 Luglio 2002 19:10

Il titolo del momento è acf, vi tralascio i fondamentali ottimi il modo in cui sceglie i suoi clienti che appare senza garanzie, mentre da importanza alla loro residenza e lavoro di lungo periodo per prestare solo a chi ha una storia di solvibilità e che quest'anno l'insolvenza è uguale all'anno pasato dove in piena recessione ha forse toccato il massimo, per invitarvi a paragonare i due grafici di ACF e GM e notare che speso vanno insieme, ma si osno assomigliati molto ultimamente per via del fatto che ACF fa credito al consumo principalemte per l'acquisto di auto e sembra proprio che stano invertendo insieme, ma il maggior profitto che fa acf la fa sempre salire più dei produttori di auto. inoltre il settore su cui c'è maggior consenso sulla ripresa sono i ciclici e con acf prendiamo un titolo legato a filo doppio all'andamento dei ciclici, ma con maggiori profitti nelle inversioni dei ciclici, ciao massimo

Il buco del Pentagono è più piccolo - gzibordi  

  By: GZ on Sabato 13 Luglio 2002 01:59

storia vecchia. il buco nel pentagono e' piu' piccolo di quello che avrebbe fatto un aereo http://asile.org/citoyens/numero13/pentagone/erreurs_en.htm ------------------------------------------------------- Anch'io avevo già sentito quella storia, Usemlab! Solo che m'ha fatto impressione vederla documentata in un libro di centinaia di pagine Qui la questione è che se davvero quelli sono stati capaci di architettare e porre in essere un abominio del genere, significa che la nostra società non ha alcuna speranza. Solo l'estinzione laverebbe un simile affronto al Creatore, affronto fatto da quelli che l'hanno commesso materialmente e da quelli (tutti noi compresi) che hanno posto le basi per cui gli autori hanno potuto considerare la cosa fattibile. ------------------------------------------------ adesso lo scoprite ? Lo insegnano anche alle superiori, quando un aereo si schianta sul pentagono fa un buco di 200 metri di diametro. E' un semplice calcolo di fisica che tutti conoscono. Invece il buco dell'11 settembre era di 130 metri di diametro. E tutti ci sono cascati. Ma ci hanno mentito spudoratamente. Non c'era nessun aereo kamikaze. Sono "loro" che hanno fatto esplodere il pentagono dall'interno. E tutti i 20 mila o 30 mila impiegati che erano lì e hanno visto bene che non c'era nessun aereo kamikaze ? Sono stati tutti buoni e zitti perchè li hanno minacciati di morte, ovvio. Se ci pensi bene chi ti dice che le due Torri siano state veramente colpite da due aerei ? Niente di più facile con la tecnologia digitale che proiettare l'immagine di un Boeing 747 e inserirlo nei fotogrammi della CNN e ABC e poi farlo diffondere da tutti i media di tutto il mondo. Le Due Torri sono esplose dal di dentro. Non c'era nessun aereo. Non è strano che non si sia trovato assolutamente nessun frammento di aereo ? Non fatemi dire tutto che poi la CIA mi rintraccia e sono 'azzi. Comunque è tutto scritto in http://wwww.leminchion.com/iocredoallabefana/pentagone/caciaball_.htm

Retroscena della Scadenza Opzioni - Gzibordi  

  By: GZ on Venerdì 12 Luglio 2002 14:04

come funzionerà la scadenza opzioni S&P e Nasdaq di venerdì prossimo ? prendiamo il ^Report COT a cui abbiamo anche messo un link da cobraf#www.bullishreview.com/COT_LIST.html#SP^: si vede che gli istituzionali sono short la bellezza di 444 mila contratti e long solo 388 mila = circa 60 mila contratti SHORT. Perchè ? in sostanza gli hedge funds usano quasi solo le put sugli S&P (poco i futures) e da inizio anno ne hanno aggiunte fino a livelli stratosferici usando vari strumenti. Gli istituzionali (Lehman, Goldman, Morgan ecc..) gli vendono le put. Per proteggersi vendono futures e lo si vede dal COT. Non è che Goldman Sachs è short quei futures: è un hedge contro le put che ha venduto agli hedge funds. Ora, man mano che il mercato scende le put che avevano un delta di 0.20 ad es acquistano un delta di 0.80 o 0.90 e appena vanno in denaro (cioè scendono allo strike) gli hedge fund le "ruotano" comprano quelle della scadenza successiva. Oppure le tengono e ne aggiungono di nuove con strike più basso. Ogni volta che si arriva a una scadenza opzioni grossa gli hedge funds devono decidere se prendere profitti da quelle in denaro e comprarne altre più basse oppure se aggiungerne altre. Il momento in cui devono prendere la decisione, in un mercato che cede molto e in cui le posizioni con put al ribasso sono enormi è la scadenza opzioni. Se questa settimana che viene si limitano a "ruotare" in basso le put correnti di 20 o 30 punti (cioè vendere la put 930 su cui hanno utile e comprare la put 900 ad es al suo posto) l'effetto sarà un allentamento della pressione sugli istituzionali. Il fenomeno non avviene solo questo mese ovviamente, ma ora la dimensione è senza precedenti come dimensione ed è una decisione molto grossa che gli hedge fund devono prendere. Secondo questo post se invece di ruotare le put ne comprano la settimana prossima gli istituzionali proiettano gli S&P sugli 800 -------------------------------------------------- I Just wanted to pass the idea from a derivatives point of view about the S&P 500 market. dion-y@loy-fu.com Hedge funds bot tons of out of money SP 500 Put as insurance last year and have been rolling then since. It is very hard to know what is exactly the amount, but was told is huge. Here is the catch. When they Bot, Derivatives desk at Banks were the seller of those puts. At the time the average Delta was .20 to .25, and those same puts now, depending on the average strike 900-950 are around .90 or 90%. So There is a big selling pressure from the Big derivatives desk institutions to force the market down, since the further the market drops, the higher is the delta of the puts, so more futures contracts the desks have to sell to become delta-gamma neutral for protecting their puts sold to the hedge funds. I was told the next expiration will be key because if they roll those put at 15-20 bellow the prevailing price at expiration, the delta will significantly be reduced, so there will be less pressure to the downside. The desks are working with an estimate of 750 to 850 to a range for the SP 500 in case the hedge funds instead of only roll at a lower price, just try to buy more puts. This is my 2 cents of what I thing is going on from a derivative point of view. Eduardo J Motta Edited by - gzibordi on 7/12/2002 12:39:57

Nessuna monopolizza l'oro - gzibordi  

  By: GZ on Venerdì 12 Luglio 2002 13:39

negli anni "70 ci sono stati dei miliardari texani, i fratelli Hunt che hanno smesso di essere miliardari texani per avere fatto uno scherzo del genere al mercato dell'argento Hanno comprato tutti i futures e hanno chiesto la consegna fisica ecc...per cercare di controllare il mercato e spingere l'argento sulla luna. E gli Hunt avevano più soldi in cassa della Russia all'epoca Cosa è successo ? Le autorità del Comex hanno semplicemente cambiato un paio di regole invocando una situazione di emergenza (un tentativo di monopolizzare il mercato) e gli hanno impedito di chiedere la consegna fisica Ci hanno impiegato mezzora e non hanno speso una lira e i fratelli Hunt sono saltati per aria Gardini in piccolo ha avuto un problema simile quando lo hanno accusato di tentare di "incornare il mercato della soya" E lo hanno pure condannato a pagare dei danni Sull'obbligazionario alcuni grossi hedge fund tra cui Kovner di cui ho pubblicato l'intervista sono pure stati denunciati per avere cercato di monopolizzare il mercato e hanno preso una mega multa Il mercato dei future esiste da più di cento anni per un motivo: che chi lo ha messo su e lo gestisce sa come funzionano queste cose e ha previsto contromisure legali

Nessuna monopolizza l'oro - gzibordi  

  By: GZ on Venerdì 12 Luglio 2002 13:39

negli anni "70 ci sono stati dei miliardari texani, i fratelli Hunt che hanno smesso di essere miliardari texani per avere fatto uno scherzo del genere al mercato dell'argento Hanno comprato tutti i futures e hanno chiesto la consegna fisica ecc...per cercare di controllare il mercato e spingere l'argento sulla luna. E gli Hunt avevano più soldi in cassa della Russia all'epoca Cosa è successo ? Le autorità del Comex hanno semplicemente cambiato un paio di regole invocando una situazione di emergenza (un tentativo di monopolizzare il mercato) e gli hanno impedito di chiedere la consegna fisica Ci hanno impiegato mezzora e non hanno speso una lira e i fratelli Hunt sono saltati per aria Gardini in piccolo ha avuto un problema simile quando lo hanno accusato di tentare di "incornare il mercato della soya" E lo hanno pure condannato a pagare dei danni Sull'obbligazionario alcuni grossi hedge fund tra cui Kovner di cui ho pubblicato l'intervista sono pure stati denunciati per avere cercato di monopolizzare il mercato e hanno preso una mega multa Il mercato dei future esiste da più di cento anni per un motivo: che chi lo ha messo su e lo gestisce sa come funzionano queste cose e ha previsto contromisure legali

Non è facile manipolare i futures - Gzibordi  

  By: GZ on Venerdì 12 Luglio 2002 02:29

negli anni "70 ci sono stati dei miliardari texani, i fratelli Hunt che hanno smesso di essere miliardari texani per avere fatto uno scherzo del genere al mercato dell'argento Hanno comprato tutti i futures e hanno chiesto la consegna fisica ecc...per cercare di controllare il mercato e spingere l'argento sulla luna. E gli Hunt avevano più soldi in cassa della Russia all'epoca Cosa è successo ? Le autorità del Comex hanno semplicemente cambiato un paio di regole invocando una situazione di emergenza (un tentativo di monopolizzare il mercato) e gli hanno impedito di chiedere la consegna fisica Ci hanno impiegato mezzora e non hanno speso una lira e i fratelli Hunt sono saltati per aria Gardini in piccolo ha avuto un problema simile quando lo hanno accusato di tentare di "incornare il mercato della soya". E lo hanno pure condannato a pagare dei danni Sull'obbligazionario alcuni grossi hedge fund tra cui Kovner di cui ho pubblicato l'intervista sono pure stati denunciati per avere cercato di monopolizzare il mercato e hanno preso una mega multa Il mercato dei future esiste da più di cento anni per un motivo: che chi lo ha messo su e lo gestisce sa come funzionano queste cose e ha previsto contromisure legali Modificato da - gzibordi on 7/12/2002 0:44:33

Come "incornare" il mercato dell'argento - usemlab  

  By: usemlab on Giovedì 11 Luglio 2002 23:02

allora, storia lunga.. vabbe' proviamo a sintetizzarla alla meglio tralasciando i numeri. partiamo dal mercato dell'argento che e' piu' facile. Fare un cornering del mercato non e' difficile, con qualche miliardo di dollari, cominci a comprare futures e chiedi consegna fisica. Siccome non ci sono riserve consegnabili, chi ti va corto (e di corto ce n'e gia' troppo essendo un mercato manipolato al pari di quello dell'oro) non puo' consegnare. In pratica lo squeeze e' senza via d'uscita... secondo queste ipotesi con pochi miliardi potresti fare saltare in aria gli short, guadagnando su un prezzo che praticamente porteresti su da 5 dollari a 30 50 o anche 100$. Argento. Sull'oro entra il coinvolgimento politico economico serio. Un giochetto del genere e' analogo ma richiede piu' capitali. Molti piu' capitali, per quello dico, non bastano degli hedge fund, il supporto di uno stato e' necessario. Cominci a squeezare i corti. Chiedi consegna fisica (e qui lo stato alleato degli speculatori dovrebbe essere il compratore finale, per accumulare e utilizzare poi tutto quell'oro a base del proprio sistema monetario, stile gold standard). Le banche centrali ovviamente interverrebbero a trattenere il prezzo sotto certi livelli come hanno fatto per quota 330$. Lo squeeze continua, miliardi di dollari a comprare future e chiedere la consegna fisica. Superata la soglia di dolore dei corti, partono le ricoperture in primis delle societa' che producono ma sono hedgiate, poi dei corti piu' deboli, infine dei corti che finora hanno avuto il conto parato dalle banche centrali. Squeeze ancora, i tentativi sono vani, praticamente stai cominciando a comprarti le riserve della FED, se come sostengono certe voci, gran parte di quelle riserve sono belle che andate sul mercato fisico, tramite dei prestiti alle bullion bank che lo prendono a prestito a 1% e lo vendono sul mercato per investire i proventi al 5-6%, presto viene fuori lo scandalo. Le bullion bank fanno il botto, la FED pure, gli americani si rivoltano contro tutto l'establishment politico. L'oro vola a 1000$ - 2000$, intanto le borse crollano e il dollaro pure. Lo stato d'appoggio, ha venduto dollari a prezzi piu' alti per comprare oro, e si ritrova adesso con un dollaro in ginocchio e l'oro ai massimi, la potenza nemica (gli USA) in ginocchio e un sistema monetario solidissimo e altamente competitivo per i prossimi 20-30 anni. Gli speculatori hanno fatto miliardi e possono cominciare sulle rovine degli scandali a occupare cariche politiche di rilievo in tutto l'establishment americano saltato per aria. Non e' impossibile, piu' ci penso e piu' dico che e' possibile. E che qualcuno ci sta pensando. Potrebbero farlo i giapponesi ad esempio, il 2% dei risparmi giapponesi potrebbe comprare l'oro di tutte le banche centrali del pianeta. Potrebbe farlo la Russia che ha gia' cominciato ad emettere monete d'oro non da collezione ma proprio da circolazione!! Potrebbe farlo qualche paese arabo. L'oro a questi prezzi rispetto alla carta in circolazione vale pochissimo. Ma rimane sempre la moneta ASSOLUTA, pur latente in grado di spazzare via tutte quelle fatte di carta dal valore intrinseco pari a un rotondo e grasso ZERO! Francesco

Manipolazioni per sostenere il mercato - usemlab  

  By: usemlab on Giovedì 11 Luglio 2002 16:31

un thread servitomi su un piatto d'argento. Oramai lo definisco: il prezzo dell'oro, il miglior barometro del rischio di sistema, parzialmente fuori uso. E caro Zibordi il crollo dell'SP e' poca cosa. Il peggio e' vedere l'euro farsi 5 figure piene verso il dollaro e l'oro rimanere cappato sotto i 325$. In altre parole il prezzo dell'oro in termini di euro e' sceso da 350 a 315. Not bad. Una mano gliela stanno dando sicuramente anche da questa parte dell'oceano. Del resto si devono pur parare l'uno con l'altro. L'importante e' tenere alto il valore della carta. Che sia il dollaro, o l'euro o lo yen. Io comunque faccio delle considerazioni, che per ora non ho mai espresso se non verbalmente. L'oro e soprattutto l'argento (mercato molto piu' sottile e con meno riserve disponibili per capparne il prezzo) rappresentano due barometri si mezzi rotti, ma anche esplosivi. Se quello che si legge in giro per la rete e' vero (sulla CNBC del resto non lo diranno mai, l'SP ha addirittura appena tolto dall'indice due azioni legate al settore aurifero.. chissa come mai..) secondo me qualcuno sta tendendo una bella trappola. E la fara' scattare la momento giusto. Non mi importa sapere chi, potrebbe essere un'alleanza incrociata, ma la cosa e' suscettibile di ribaltare tutte le istituzioni americane. Un ribaltone che al confronto la caduta della DC in Italia e compagnia bella sono storielle da ninna nanna per poppanti. Per squeezare il mercato dell'oro non ci vuole molto. Tirando via qualche calcolo, con appena 100B di dollari fai saltare in aria il sistema (parliamo del controvalore di un terzo di MSFT!). Nel senso con 150B ti ci compri a questi prezzi le riserve di quasi tutte le banche centrali del mondo (sempre che siano ancora li' dove dichiarato, perche' se sono state date in leasing allora...). Per fare un cornering sul mercato dell'argento ci vuole molto ma molto di meno. Non so sicuramente ci vorrebbe anche l'appoggio di uno stato esterno, non credo che un semplice complotto tra hedge fund potrebbe riuscire nell'intento (magari sul mercato dell'argento si). GLi utili in termini monetari sarebbero a questo punto il minimo vantaggio. Il vantaggio maggiore sarebbe il rovesciamento dell'establishment. Fantapolitica... non so.. time will tell anche in questo caso. Francesco

ORO manipolato ? - gzibordi  

  By: GZ on Giovedì 11 Luglio 2002 14:59

Stock: Oro

di tutte le tesi di manipolazione dei mercati che girano una che ha un certo senso è quella sull'oro. Per anni il prezzo dell'oro è stato depresso da vendite sistematiche di tutte le banche centrali delle proprie riserve (e questo consente di dire che non ci sono segni di inflazione visto che il rialzo dell'oro una volta era un segno di inflazione). Di recente l'S&P e Nazz sono andati a picco mentre l'ora resta ben sotto il massimo a 330 dollari di 4 settimane fa (siamo oggi sui 316 l'oncia). Come mai ? Può essere come dicono qui che ci siano state vendite di oro futures ad hoc da parte delle autorità, in fondo con 4-5 mila contratti future lo puoi buttare giù ---------------------------------------------------- Jay Taylor, summed it up in an October 2000 newsletter, "Every single time there is concern about a stock market debacle, gold is bombed. Always." On June 5 GATA described one of the recent moves to "fiddle" with gold prices. "MiningWeb.com has just reported an explanation for the plunge in the gold price today. The plunge, MiningWeb says, 'came in the wake of a large after-market trade in New York last night, with an unnamed fund liquidating 5,000 futures contracts, a move which knocked the price first to $326/oz, then to $324/oz, and finally to $321/oz,.The sale was executed using the 'Access' system on Comex, which allows for anonymous trading by large funds.'"

La Cultura Finanziaria in Italia - Joseph  

  By: Joseph on Mercoledì 10 Luglio 2002 13:12

Uno dei pochi competenti che ha denunciato inefficiene/commistioni/illegalità varie condite da macroscopici conflitti di interesse è il Prof.Beppe Scienza (Univ.Torino) Ovviamente la larga parte dei mass media italiani lo ha ignorato. Comunque: Gestori professionali? Alla larga! Alcune settimane fa (8-6-2002) Borsa & Finanza ha pubblicato l'intervento di un avvocato, stranamente firmato con un indirizzo di e-mail (leonexus@tin.it) anziché con nome e cognome. Ma non è questo il punto. La cosa grave è l'infondatezza della tesi sostenuta, correttamente riassunta nel titolo "Gestione amica? Grazie tante, no!". I lettori venivano infatti messi in guardia dal rivolgersi a parenti o amici, per le proprie scelte d'investimento. Ma perché non dovrebbero farlo? Per evitare di rimanere danneggiati seguendo i loro consigli? In effetti nulla fa supporre che ciò capiti di frequente e comunque non viene fornito nessun riscontro obiettivo a suffragio di ciò. Gravi e numerose sono invece le prove dei danni provocati dall'industria del risparmio gestito. Potremmo citare non decine, bensì centinaia di casi. Limitiamoci a qualcuno fra i più significativi. Cominciamo col fondo Imi Capital, che nel 1985 è riuscito a rendere il 48% in meno di Piazza Affari. Passiamo quindi a Interbancaria Rendita, fondo obbligazionario puro che nei dodici anni di vita ha sempre reso meno di Btp e Cct e nel 1986 addirittura il 5,4% in meno. Vediamo poi i fondi azionari specializzati sull'America, i cui minus di gestione da inizio 1995 a inizio 2000 vanno dal -171% di America 2000 al -68% di Imiwest. Né la situazione è migliorata col passare del tempo. Una ricerca su varie categorie di fondi (azionari, obbligazionari, sull'Europa, sull'America ecc.) conferma che i minus di gestione sono la regola generale anche per gli ultimi due anni. I fondi comuni azionari dell'area euro, per esempio, hanno perso nel 2000 il 22,5% rispetto al 16,3% dei mercati, mentre l'anno prima il minus era stato ancora peggiore (-7,4%). Per giunta tali deficit vengono spesso camuffati tramite confronti sbilenchi. Per chi è interessato alla questione i risultati dettagliati e la metodologia seguita sono liberamente consultabili all'indirizzo, dell'Università di Torino: http://alpha01.dm.unito.it/personalpages/scienza/index.htm Alla larga quindi dai cosiddetti professionisti del risparmio gestito, cui si addice piuttosto l'appellativo di distruttori dei risparmi familiari. Ma non è finita, perché l'avvocato Leonexus@tin.it sostiene anche un'altra tesi, ancora più sconcertante. Scrive infatti: "Quando la gestione provoca danni, ottenere un risarcimento da un soggetto abilitato (banche ecc.) è abbastanza agevole". Al che viene da chiedersi se viva su Marte, perché sul nostro pianeta notoriamente non è così. Prendiamo infatti il recente scandalo al San Paolo Imi, dove il gestore (Vittorio Grimaldi) dirottava le perdite dal fondo Azioni Italia ai fondi Soluzione 6 e Soluzione 7, come ha appurato l'indagine della Consob. Come potranno essere risarciti le centinaia di migliaia di partecipanti a questi fondi? Per giunta non ci sono solo i casi di malversazione venuti alla luce. Da quasi un ventennio milioni di italiani vengono comunque danneggiati dal risparmio gestito. E da un paio d'anni prendono botte da orbi perché dirottati dai titoli di Stato verso fondi e gestioni più o meno azionari al solo fine di fargli pagare più commissioni. Quindi, per salvare il salvabile, la soluzione migliore è fare da sé. Ma è sensatissimo anche affidare la gestione dei propri soldi a qualcuno fidato fra i propri amici o amiche che di lavoro faccia il pescivendolo o l'otorinolaringoiatra, l'infermiera o la violoncellista. Insomma, che svolga qualsiasi attività... purché non quella di gestore di patrimoni in una banca, assicurazione, sim o sgr. Beppe Scienza

Rotazione frenetica dei fondi - gianlini  

  By: gianlini on Mercoledì 10 Luglio 2002 12:24

DI GIUSEPPE TURANI Da La Repubblica del 10 luglio Milano. In un certo senso non si capisce nemmeno più come facciano a stare ancora in piedi, i Fondi italiani. Le loro performance sono da brivido, più e meglio di un film dell'orrore. Basta sottoscriverne qualche quota e la paura vi accompagnerà durante tutti i giorni dell'anno. In pratica sembrano essere capaci solo di perdere soldi (dei loro clienti) invece di guadagnarne. Questo, almeno, è quanto si ricava dall'annuale analisi (da essi odiata) di Mediobanca. Ma i numeri sono numeri e da questi risulta che i Fondi italiani l'anno scorso (2001) hanno perso un patrimonio che da solo sarebbe bastato a ricapitalizzare quattro o cinque volte la Fiat, forse anche a rifarla tutta nuova: 23 miliardi di euro, 56 mila miliardi di vecchie lire. Una sorta di imposta occulta sulla buona borghesia risparmiatrice delle dimensioni delle Finanziarie che erano servite per entrare nell'euro. Se si tiene conto che nel 2000 i Fondi italiani avevano perso 13 miliardi di euro, si arriva alla conclusione che in appena due anni sono riusciti a bruciare 36 miliardi di euro che i risparmiatori avevano affidato loro: circa 72 mila miliardi delle vecchie lire. Uno sproposito. A questo punto è facile capire perché, sempre nel 2001, i Fondi italiani hanno dovuto registrare la più grande fuga di massa nella storia dei Fondi: i capitali in fuga (dai Fondi) hanno superato l'arrivo di nuove sottoscrizioni e il risultato è stato che la raccolta netta è diminuita di 17 miliardi di euro. E pensare che quella dei Fondi in Italia non è un affare di pochi euro: in tutto i nostri Fondi sono al quarto posto nel mondo per dimensioni dei denari amministrati. Ma con risultati disastrosi, come abbiamo appena visto. In realtà, poi, i gestori dei Fondi sono stati anche peggio di quanto le cifre appena indicate non lascino pensare. Sulle azioni, infatti, hanno perso un sproposito. 24,5 miliardi nel trading e altri 8,4 miliardi per via delle perdite sui titoli in carico. Insomma, comprando e vendendo (ovviamente male) titoli azionari hanno perso 24,5 miliardi di euro. Sui titoli che si sono tenuti in portafoglio hanno perso invece 8,4 miliardi (perché sono andati giù lo stesso). In totale, sulle azioni, fra quelle "in movimento" e quelle "ferme", hanno perso, in un solo anno, quasi 35 miliardi di euro. Insomma, 70 mila miliardi di vecchie lire. Poi i gestori sono riusciti a guadagnare qualche soldo sui titoli a reddito fisso (come le vecchiette del mio paese) e così la perdita finale si è ridotta a "appena" 23 miliardi di euro. Si tratta di cifre che escludono ogni attenuante. Probabilmente, qualunque ragazzo di età compresa fra i 12 e il 16 anni, che avesse mosso i soldi di papà a caso, avrebbe ottenuto risultati più entusiasmanti. Mediamente, infatti, i Fondi italiani sono riusciti a fare peggio dell'indice internazionale delle Borse MSCI che dell'indice Mediobanca generale. Insomma, se i gestori se ne fossero andati al cinema o fare shopping in centro e avessero dato ordine alle segretarie di seguire l'indice MSCI, avrebbero perso meno denari e, probabilmente, avrebbero speso anche meno soldi di telefono, fax e collegamenti vari. Invece, sono rimasti inchiodati dietro le loro scrivanie, non hanno smesso un solo minuto di lavorare. E questo lo si vede dai dati sulla rotazione del portafoglio, che sono altissimi. In pratica è come se ogni mesi si fossero liberati di tutti i titoli che avevano comprato in precedenza per sostituirli con altri titoli, nuovi di zecca. Nessuno, di fronte a questi comportamenti, potrà mai accusarli di pigrizia. Peccato che tutta questa agitazione, anzi frenesia, abbia prodotto i risultati appena visti: 35 miliardi di euro di perdita in un solo anno sui titoli azionari. Una botta mai vista per i risparmiatori italiani.

Dj dal 1900 e Curva di Coppock - traderh  

  By: traderh on Martedì 09 Luglio 2002 22:34

Dopo molti mesi mi rifaccio vivo per mostrarvi un grafico del Dj dal 1900 circa ad oggi e la relativa curva di Coppock. Alcuni giorni fa ho letto un titolo su TheStreet.com in cui Cramer dice di cercare spunti dalla somiglianza dei mercati attuali a quelli intorno al '87. Il grafico direbbe che siamo in posizione esattamente contraria a quella che Cramer prende come riferimento. Se volessimo prendere un riferimento rispetto alla curva di Coppock dovremmo pensare al 1931 o al '67/'68 ed in entrambi i casi è seguito un -50% circa. Questa è la terza volta che in cento anni la curva di Coppock da una posizione estrema gira al ribasso. Nelle due volte precedenti per rivedere un vero bull-market si è dovuto aspettare che tale curva ritornasse intorno a zero (formazione bottom più onda 1 = almeno dieci anni. Ma quello che più mi ha colpito è la precisione (36 anni esatti) tra l'inizio dei declini dei tre picchi. Tre top e due bottom della curva di Coppock non fanno statistica, ma spero facciano riflettere e casomai capire per quale motivo le statistiche tanto care ai tori, anche se serie e campionate sugli ultimi cento anni non stanno funzionando. Forse l'ipervenduto del TRIN, che sempre più spesso si ripresenta e si risolve con semplici rimbalzi dovrebbe far sospettare che siamo in una fase distributiva che dura da quasi tre anni. Che avesse ragione Soros ad abbandonare (allora deriso) o Buffett di cui mi sembra sia stato detto mesi addietro che è troppo prudente perchè ormai ha una certa età? Qualcuno su questo forum ha scritto che l'analisi tecnica è una scienza basata sulla statistica. Può darsi. Io penso invece che l'analisi tecnica sia più un'arte che una scienza perchè se è vero che la tendenza dei prezzi è di ritornare alla media, resta solo da capire se quella a 50 giorni o quella a 10 anni e non mi sembra cosa da poco. La mia personale convinzione è che l'obbiettivo finale del DJ sia almeno intorno a 5000 e quello intermedio a 7500. Allora questo a me sembra proprio il momento di giocare contro le statistiche, mentre agli investitori di lungo periodo forse conviene fare una pausa di riflessione. Circa un anno fa ho proposto un modello fondato sul classico pattern correttivo di lungo periodo (Elliott). Allora dicevo che il rimbalzo di settembre sarebbe stata la migliore occasione di acquisto anche se sottovalutavo la sua durata ed ipotizzavo la fine del "mercato orso" in questo periodo (fine che a questo punto rimanderei). Dato che le onde (Elliott) non sono ben viste (soprattutto dagli analisti nostrani) non starò a tediare con numeri e ragionamenti strani, anche perchè il mio uso delle onde non è proprio canonico. Dico solo che per me siamo in una quinta onta al ribasso (o una C se il low del 21/09/01 si volesse classificare come A) di lungo periodo ed in una terza di medio al ribasso. La scienza (o quasi) in questo momento direbbe di comprare e senza neanche guardarli sono sicuro che rsi etc mostrano divergenze positive, ovvero un rally da una settimana ad un mese è chiaramente prevedibile (4 di tipo abc ?). Ma è questo il momento giusto? Io propenderei più per l'ipotesi di vsspm2 (fine luglio - fine onda 3). Fattori pro: 1) Su SP: doppio minimo, buy DeMark 13 daily e 13 weekly 2) Trin NYSE superipervenduto 3) Venerdi ottimo rimbalzo 4) Si vocifera di nuovo taglio tassi FED su suggerimento !!! strategist Lehman Brothers leggo su http://www.prudentbear.com/archive_comm_article.asp?category=Market+Summary&content_idx=13185 5) Sul Mibtel molti degli indicatori che uso (oscillatore AD, MCClellan, Attrattività ed altri) divergono dall'inizio di giugno !!!!! Fattori contro: 1) Per ora abc ben delineata solo su DAX mentre su Mibtel ed indici americani una quattro di medio è solo ipotizzabile 2) La volatilità a breve che misuro sul Mibtel non mi sembra adeguata ad un rimbalzo sostenuto 3) Gli indicatori di sentiment sono alti ma non hanno raggiunto valori estremi 4) Gli indicatori del punto 5) hanno raggiunto addirittura valori da fine ciclo al rialzo (quindi bagno di sangue finale?) 5) Ho la netta impressione che i polli da spennare siano sempre più latitanti e che in qualsiasi momento quindi, finito lo short covering si possa velocemente crollare (e quello sarà il vero buy da non perdere) 6) Penso che l'euro abbia buone possibilità di comletare il rialzo con l'onda 5. 7) La curva di Coppock sul Dj mensile a giugno a ripreso a scendere Dimenticavo di citare la rottura della trendline sul DJ tracciata dal 1982. A giugno passava a 9620, a luglio passa a 9700 ottimo punto per entrare al ribasso se questo rimbalzo durasse. Infine per chi pensa che il peggio sia passato suggerirei di leggere quello che scrive oggi Stephen Roach di Morgan Stanley http://www.morganstanley.com/GEFdata/digests/20020708-mon.html#anchor0

Humour - gzibordi  

  By: GZ on Martedì 09 Luglio 2002 03:27

Jean-Marie Messier è l'ex-capo di Vivendi appena cacciato dopo che a forza di acquisizioni l'ha riempita di debiti. Messier muore e si presenta a S. Pietro che l'accoglie a un cancello azzurro e pieno di perle. " E' questo il Paradiso ? " “Sì, Mr. Messier, entri pure” risponde S. Pietro. Oltre il cancello Messier sente gemiti, fiamme e rumore di frustate. “..Che scherzo è questo... sembra l'inferno...” protesta. “Ah, nessuno glielo ha detto... il Paradiso e l'Inferno hanno appena effettuato una fusione carta contro carta ...”

Tiscali verso tre euro - panarea  

  By: panarea on Lunedì 08 Luglio 2002 22:02

Tiscali. Una premessa: la società è di: Soru circa il 30%, Sandoz 17%, Kingfisher 3.6%, A.Bernard 3.4%, il maggiore azionista è quindi il mercato con il 47% (dati da consob.it). Poiché i soci di minoranza non sono legati a Soru + di tanto (non insomma come i legami e legacci tipici del nostro capitalismo), in borsa si pensa che se uno fa una bella offerta alle famiglie Sandoz e Bernard, questi escono. La società insomma viene inserita tra le scalabili. Quindi ogni commento può essere visto come sponsorizzato da chi vuole scalare e vuole spendere meno, o, all’opposto, da chi vuol resistere/vendere a prezzi più alti. Quindi attenzione! Vediamo alla società dal punto di vista fondamentale, cosa è Tiscali: senza scavare troppo nel passato, Tiscali oggi è una ditta che vende connessione ad internet + pubblicità sul proprio sito (e simili). Tra i due business il secondo è quello più vecchio, il primo infatti non esisteva (anzi Tiscali è diventata famosa perché “lo faceva gratis”) ed è stato messo su perché la pubblicità non raccattava. Qui sorgono grossi dubbi: come, prima dici che è gratis, poi vuoi i soldi? Detto così sembra facile, ma è come se la Fiat prima avesse regalato le auto e ora invece volesse i soldi! Ma sei sicuro Soru? Si paga ora? Il dubbio è rafforzato dal fatto che, pagare per pagare, gli operatori pseudo-telefonici sono tanti e hanno più carte di Soru, basti pensare che Soru paga la propria connessione a Telecom! Quindi ulteriore dubbio: se Soru paga Telecom (perché Soru non ha i tubi nella mia casa e nella mia città) e poi rivende a me, non conviene forse comprare direttamente da Telecom? Quindi, in sintesi, ci sono grossi dubbi sulla futura continuità aziendale di Tiscali, perché, semplicemente, con il “conto della serva”, una ditta che subaffitta linee telefoniche non ha un grosso futuro. Vediamo ai conti (presi dal sito ufficiale): Tiscali non ha mai guadagnato una lira (e, vedi sopra, ci sono grossi dubbi che lo farà in futuro), e, come al solito in questi casi, ci si aggrappa alle varie sigle (mol,mon,ebita) per non dire la verità. Quindi, come Ebiscom e tanti altri del Nuovo Mercato, vediamo al gruzzolo ex-gonzi, la cassa, unico strumento certo in questi casi. In cassa a fine 2000 c’erano 1'621milioni di euro, ora, fine 2001, circa 913milioni. In pratica, differentemente da Ebiscom, Soru spende la cassa dei gonzi; in primis nell’affitto delle linee e poi spende tanto in pubblicità per esempio (il che è paradossale: una ditta che voleva fare i soldi con la pubblicità per ora gli sta solo spendendo nella medesima!), in stipendi (la ditta è già un carrozzone abbastanza grosso) in acquisti vari. JPM (attenzione potrebbe essere di parte, vedi sopra) calcola ora che la società brucia cassa con una velocità di 86milioni a trimestre; come velocità di sputtanamento cassa 86milioni a trimestre è molto minore all’anno prima, dove è stata 174 (1611-913)/4, cioè Soru ha capito che meno spende meglio è. La società aveva al 31/12/01 debiti per circa 400milioni (di cui 250milioni per prestito obbligazionari) quindi di cassa netta, = 913-400=513milioni euro. Quindi se si brucia 86 a trimestre, tra 6 trimestri (513/86) si chiude a fine 2003, visto che in tanto di soldi non ne arrivano, come previsto da JPM. Mi si dirà che la ditta nel frattempo ha già emesso altro prestito per altri 150milioni ma, io, non gli conto perché sono soltanto a due anni, il che vuol dire poco dopo la fine 2003 siamo alle solite: senza soldi. Quindi, a differenza di altre società del NM, per Tiscali la borsa non può quotare la cassa per troppo tempo. Allora cosa si compra con 1'966milioni di euro di capitalizzazione di borsa? Risposta: un marchio e 7'300'000 clienti. Il valore del marchio è discutibile. Quindi facciamo due calcoli sui clienti, 1'966'000’000euro/7'300'000 clienti= 260 euro a cliente. Tanto? Poco? A me sembra un’infinità! 500'000 vecchie lire per ogni cliente? Controlliamo: nel proprio sito ufficiale Telecom Italia dichiara di avere circa 30 milioni di clienti (considerando telefono+internet ma senza cellulare) e capitalizza, al netto di TIM, 10’000milioni di euro = 333 euro a cliente. Ma un cliente Telecom è molto più redditizio (ci sono anche i canoni fissi mensili!). Riprovo a fare i calcoli: in una mia bolletta classica bimestrale spendo 15 euro di canone + 40 di traffico telefonico + 25 ADSL, quindi circa il 30% (lo so è tanto x la ADSL e non rispecchia assolutamente una bolletta media dove ci sono anche i vecchini che non sanno cosa è internet, ma è per essere buoni con Soru e fare un discorso teleologico). Ergo il prezzo di 333 fa decurtato del 70%, risultato 100 euro. Quindi a me il prezzo di 260 euro a cranio sembra eccessivo, visto che il mercato quota a Telecom (essendo buono con Soru) 100 euro/cliente. Ergo, considerando anche l’appeal speculativo, Tiscali è ancora carissima, dovrebbe costare per lo meno la metà. Vediamo se questa analisi un po’ bislacca coincide con quella degli analisti: 2 dicono di comprare, 8 neutrali, 9 di vendere. Mi sa che non sono solo…. Concludo. Prima domanda: come finirà quindi? Risposta: di sicuro Tiscali sarà comprata (pagata con carta o con soldi o assorbita o fusa o simili, non importa ma perderà la propria indipendenza) prima della sua crisi di liquidità. Seconda domanda: quando il fattaccio avverrà? Risposta (difficile): quando il prezzo euro/cliente sarà più “normale” e la cassa ancora un po’ piena, quindi prima della prossima primavera e ad un prezzo intorno a 3 euro per azione. Ciao.

Ordini industriali a picco - Gzibordi  

  By: GZ on Lunedì 08 Luglio 2002 17:07

c'è un articolo molto ben fatto sul corriere economia di oggi (la pubblicazione finanziaria migliore in lingua italiana). Intervista i produttori di macchine utensili che oltre a essere un settore cruciale per l'italia sono il settore più sensibile al ciclo economico mondiale che esista. E in tutte le interviste si parla di caduta MINIMA degli ordini del 20% e di un peggioramento della congiuntura dopo Enron, Worldcom e compagnia. In borsa di quotate c'è Fidia e Prima Industrie del settore, ma è un discorso che ha implicazione per tutto il settore manifatturiero, l'euro e il resto. Se uno usa come indicatore economico il settore macchine utensili (e non le statistiche del PIL o peggio le proiezioni) dovrebbe dire che l'euro non sale e i tassi scendono ------------------------------------------------------- INCHIESTA Viaggio nel cuore dell’industria della Penisola: terzi al mondo dopo i giapponesi e i tedeschi, i produttori di macchine utensili sono in crisi «I nostri ingranaggi ora girano a vuoto» Ordini in caduta, capacità produttiva ai minimi. Causa: competitività in calo e export frenato da euro e recessione. Ecco le strade per resistere ---------------------------------------------------------- C' è qualcosa che stride fra la loro segreteria telefonica e ciò che producono. And I love her , canta il telefono padovano dei signori Parpajola e Pasquetto, ex operai, azienda Parpas: le loro fresatrici lavorano i pistoni della Ferrari. I just called to say I love you , cinguetta quello torinese dell'ingegner Giuseppe Morfino, azienda Fidia: il vostro cellulare forse viene dalle sue presse. C'è una contraddizione fra questi imprenditori nati nel Dopoguerra appassionandosi a un tornio e la società dei beni che hanno contribuito a costruire. Quella del gigante invisibile che lavora, s'entusiasma: ma nessuno lo sa. Sono 450 i produttori italiani di macchine utensili in Italia, le macchine per fare le macchine: i terzi al mondo (produzione per 4.632 milioni di euro nel 2001, »1,1%) dopo giapponesi e tedeschi. Sette su dieci (il 66,9% stima l'Ucimu, loro associazione confindustriale) contano meno di 50 dipendenti e (al 76%) hanno fatturato nel 2000 meno di 12,5 milioni di euro. Sono la spina dorsale dell'economia italiana. E' dalle mani dei loro operai (34.260 addetti, 70 in meno di due anni fa) che escono i nostri oggetti quotidiani. Le porte degli ascensori, i cestelli delle lavatrici, i binari di quell'aletta che si vede rientrare quando l'aereo atterra: tutto fabbricato con le loro macchine. Sono il termometro dell'economia nazionale. E che cosa segna questo termometro? Un calo di competitività. Pericoloso ma affrontabile. Nel 2001, rivela l'Ucimu, gli ordini interni sono precipitati del 22,6%, quelli esteri del 18,6%, l’utilizzo della capacità produttiva è sceso al 79%, minimo dal 1997. Colpa della ciclicità del settore ma anche dell'11 settembre, del flop dell'auto, della concorrenza di Germania e Olanda. E il 2002, benché valutato con ottimismo da Andrea Riello, presidente dell'Ucimu e di quella Riello Sistemi con giro d'affari in crescita (»37% nel 2001), è visto finora come «anno da cancellare» dai singoli industriali: anche per timore di un euro troppo forte, pericoloso in un settore che esporta il 49,4% di quel che produce. Lo ammette Riello: «Se supera la parità col dollaro, l'euro può diventare un problema». E però aggiunge: «Entro fine anno riprenderanno gli investimenti. Non c'è scelta». E' un tentativo di recupero fondato su tre C: Clienti (da accudire), Capitali (da investire), Conquista (di nuovi mercati). Le tre leve che il gigante sta muovendo per tenere a galla l'economia italiana. Lo dimostrano nove casi, raccolti nella classifica delle 200 maggiori aziende di settore italiane (vedi tabella) . Li abbiamo divisi in quattro categorie: donne, quotate, Nord, Sud. Le donne. Lucia Manzoni e Angela Picco sono due signore di ferro. Una ha 79 anni e col suo Manzoni Group (5o in classifica) fa presse a Lecco: prima in Italia, seconda in Europa, 70% di export. Ha per clienti finali Bmw ed Electrolux, la chiamano «la Thatcher delle macchine utensili», dice: «Mi piace venir giù in fabbrica alle 7 del mattino». L'altra ha 55 anni e con la Picco fondata da suo padre (non è in classifica) fa sbavatrici (quelle che consentono di non grattare col cambio) a Castano Primo, Milano, clienti Fiat e l'indiana Tata. «Da piccola sognavo di diventare ucimista», osa dire: è stata la prima donna consigliere dell'Ucimu. Rivela Manzoni: «Abbiamo fatturato 118 milioni di euro nel 2001, ne prevediamo solo 100 sia nel 2002 sia nel 2003. Gli ordini sono calati del 20%, abbiamo chiuso uno stabilimento a Torino e stiamo decidendo che fare di un'altro a Milano». Controlla l'azienda al 100% col figlio Alessandro, l'ha fondata col marito nel '54 «senza una lira» e reagisce alla crisi così «facendo economia». Picco conferma: «Nel 2000 abbiamo fatturato un milione e mezzo di euro, lo stesso nel 2001, lo stesso sarebbe quest'anno se non avessimo un ordine nei rulli ceramici, settore diverso che per fortuna abbiamo sviluppato». E ancora: «Da dicembre ho eliminato gli straordinari, gli ordini sono calati del 25%, esporterò il 50% contro il consueto 70%: il rafforzamento dell'euro mi preoccupa». Tattica? «Visitare più spesso i clienti. E investire». Le quotate. «'A 'dda passà 'a nuttata», dice da Collegno, Torino, Gianfranco Carbonato, fondatore e azionista al 5% di Prima Industrie (6a in classifica). E si capisce. La sua è l'unica azienda del settore che, con la conterranea Fidia (21a), controllata al 60% dal citato Morfino e guidata dall'amministratore delegato Luigi Visconti, ha osato affrontare la Borsa. Fa macchine laser per lamiera e dal collocamento, nel 1999, ha guadagnato il 4%. Tempismo. Fidia infatti, che fa macchine per stampi (esempio: per le suole delle Nike) e si è quotata a fine 2000, ha perso: il 40%. E' il danno della doppia esposizione: alla congiuntura e ai mercati. Sommato alla forte dipendenza dall'estero (che incide sul fatturato dell'una all'80%, dell'altra al 65%), dà peso all'allarme delle due società. Visconti: «Il 2002 sarà un anno da dimenticare. Nel settore sento parlare di riduzione dei volumi del 25%, di cassa integrazione... Il nostro budget era di crescita, saremo in flessione». Carbonato: «Non mi aspettavo un secondo trimestre così. Abbiamo dovuto licenziare un terzo dei nostri 180 lavoratori americani. L'anno scorso abbiamo acquisito un'azienda a Minneapolis, oggi non lo farei più». Le contromisure? Ristrutturazione e nuovi mercati. Non di Borsa, però, veri: come la Cina, dove Fidia vuole triplicare in due anni. Il Nord. «Ah, l'espòrt! -, si duole il già citato Parpajola -. Oggi copre il 35% del giro d'affari, era al 50% un anno fa». La sua Parpas, 12a in classifica, 30% di calo degli ordini quest'anno, è uno dei quattro casi del Nord. Due nel Veneto: con Parpas, la Salvagnini di Francesco Scarpari a Vicenza (2a in classifica). Uno in Lombardia: la Ficep di Ezio Colombo a Varese (19«). E uno in Emilia Romagna: la bolognese Marpos di Stefano Possati (7«). Quattro aziende, un lamento. «La voce più frequente che sento è il pianto», dice Scarpari, erede Zambon. Che da socio di maggioranza produce macchine programmabili per la lavorazione plastica delle lamiere (come quelle degli ascensori) e commenta: «Il danno di Enron e Worldcom ha fatto peggio delle Due Torri. Ha tolto fiducia e bloccato la ripresa». Gli altri concordano. La Salvagnini, due centri ricerca con 170 persone e un crollo dal 25% all'11% del fatturato Usa, per quest'anno prevede una flessione del 40% degli utili: «Non facciamo più straordinari da nove mesi». La cura: quattrini. «40 milioni di investimenti fra 2001 e 2002 - annuncia Scarpari -. E allargamento all'Est». Stessa strategia per Parpos: «Contiamo di cominciare un nuovo stabilimento da 5 milioni di euro in febbraio». E allarga, ma alla Cina, anche la Marpos, clienti Toyota e Gm, che fa misuratori elettronici. Ha fabbriche in Giappone e in Usa, dov'è stata costretta a tagliare. La Ficep invece ringrazia le agitazioni sindacali dell'anno scorso: «Ci hanno fatto dilatare le date di consegna fino a quest'anno», dice Colombo. Che ha raddoppiato gli investimenti (6 milioni di euro nel 2002») e, siccome produce gli impianti per costruire ponti e strade, invita il Governo ad accelerare sulle Grandi Opere. Il Sud. E veniamo al Meridione con l'esempio di Michele Vinci, 61 anni, e della sua Masmec, piccolo fiore tecnologico barese (124a in classifica). A Modugno, fa macchine per collaudi e robot, lavora per Bosch ed Electrolux, si è lanciato in uno spin-off negli strumenti elettronici. Collabora con il Cnr e sta costruendo un ambizioso «polo di ricerca strumentale» a Bari. Anche Vinci parla di ordini in calo (del 30% nella prima metà dell'anno) e fatturati giù (da 7 a 6,5 milioni di euro). Quale la sua strategia? «Standardizzare. Non faremo più tante modifiche sui prodotti». E attendere: «Perché prima o poi la vita riprende». 'A nuttata passerà.

Tre Analisi per la Tecnologia - Gzibordi  

  By: GZ on Lunedì 08 Luglio 2002 02:10

I tre pezzi rilevanti di Barron's di sabato sono tutti per titoli telecom, networking e internet ultra-massacrati, di quelli che hanno perso tra il 90% e il 95% dal 2000. Ad es cita Jonathan Cohen, l'analista che fu licenziato da Merril Lynch perchè era negativo nel 1999 sui titoli internet per fare posto a Henry Blodget che è ora sotto processo. E Cohen ora ha ricominciato a comprare titoli internet (non Yahoo e Amazon però ovviamente, di quelli meno noti). Barron's è una delle poche pubblicazioni finanziarie, che non riflette quello che è già successo, ma cerca (a volte con successo) di anticipare quello che succederà. E' diretto da un famoso ribassista, Alan Abelson, spesso suggerisce titoli da vendere e non da compare e non deve sostenere il proprio titolo e quello degli amici in borsa come "MF". Inoltre ha solo 4 o 5 pezzi alla settimana rilevanti ("pochi ma buoni"). In ogni caso è quello che tutti leggono per primo nel weekend e un po fa tendenza. Non li riassumo e traduco perchè sono analisi lunghe e sono titoli difficili quelli menzionati, a alto rischio dato il trend. Sono analisi economiche e se uno le vuole prendere sul serio deve spenderci un attimo di tempo. Ma era da parecchio che non si vedevano questi discorsi su : ^Ciena#^, ^Comverse#^, ^Tellabs#^, ^Lucent#^, ^JDSU#^, ^Agere#^, ^Lending Tree#^, ^Register.com#^ ------------------------------------------------------- Monday, July 8, 2002 Disconnected Telecom equipment makers have been abandoned by investors. An opportunity on the line? By ANDREW BARY ------------------------------------------------------------------- These stocks are trading as if people aren't going to use their phones anymore," says Ross Margolies, manager of the Salomon Brothers Capital fund. "This is an industry with high barriers to entry. The worse it gets now, the better it may get because the upturn will come sooner. A lot of the spending is just to maintain services the way they are." Margolies is well aware of the argument that it's too early to invest in the group because an upturn in equipment spending may not come until late 2003 or 2004 and that most companies now are operating in the red. But he maintains that the stocks are too cheap to ignore. "The way to play the group is to buy a basket of stocks. You want to try to protect yourself and create a margin of safety," Margolies says. "That means picking clear survivors -- companies that have large, solvent customers, good technology and the ability to finance research and development. And finally, you want to select companies that won't have to dilute you with equity offerings if things go bad." Margolies is partial to Lucent, Ciena, a producer of optical networking gear, and Comverse Technology, an Israeli outfit that is the leading producer of voicemail software for the wireless industry. He says that all three have the potential to double -- or even triple -- by late 2003. Cash-rich Ciena, which just bought another optical networking company, ONI Systems, could itself become a takeover target for the likes of Cisco Systems. Table: Battered and Bruised As the accompanying table shows, Ciena and Comverse trade for little more than the net cash on their balance sheets after subtracting debt. Ciena, whose shares trade around 4, has just over $3 a share in net cash while Comverse, at about 9, has $7 a share in net cash. Tellabs, which trades under $6 a share, has more than $2 a share in cash, a debt-free balance sheet and is the only one of the five companies listed in the table that remains profitable. Lucent and Nortel are dicier because they have more debt than cash and still are losing money. But both companies have bought time to right their businesses with significant financing actions this year that probably will allow them to go until 2004 without needing additional money. This effectively has turned their stocks into cheap call options on an industry upturn. Margolies says that Lucent is "clearly a survivor because it has the best customer base, good technology and not a lot of leverage." Lucent, the former telecom equipment arm of AT&T, clearly has been mismanaged in recent years, but it has retained solid relationships with the Baby Bells and its former parent. Ticking off some of its financial attributes, Margolies notes that Lucent trades for a little over half its book value of $3 a share and that its enterprise value/sales ratio stands at just 0.6. Lucent's enterprise value of $7.2 billion is based on a market value of $5.1 billion and net debt and preferred stock of $2.1 billion. Lucent also has a valuable business servicing its equipment that's expected to generate $3 billion to $3.5 billion of sales in 2002. Lucent has the biggest service business among the major telecom equipment vendors but still has just 10% of a fragmented market and plenty of growth opportunities, according to Lehman Brothers analyst Steven Levy. Lucent's cash, which totaled $4.8 billion at the end of the March quarter, may drop by around $1 billion at year-end 2002, but the cash burn could stop in 2003. Make no mistake; Lucent isn't a picture of health. The company's projected revenues of $13 billion in its current fiscal year, which ends in September, will be down more than 50% from peak sales of $28 billion in its fiscal 2000. Telecom-equipment producers continue to be plagued by liquidations of used equipment owned by bankrupt carriers that often sell for a fraction of the original list prices. Howard Jonas, the chairman of IDT, an upstart, cash-rich telecom that is rapidly becoming an industry power, says used equipment, which often sells for as little as one-tenth of the list price, can be an attractive alternative to new gear. "It's not like a car engine. There are no moving parts to wear out," Jonas says. Lucent, meanwhile, is expected to lose about $2.3 billion, or 67 cents a share, in its current fiscal year and it may not break-even until early 2003. The company's sales in the June quarter are estimated at $3 billion, below its estimated break-even quarterly rate of $4 billion. Lucent and other telecom equipment makers have been furiously cutting costs in largely unsuccessful effort to generate break-even results at lower revenue levels. Alkesh Shah, who covers telecom equipment for Morgan Stanley, recently wrote that Lucent, which has undergone massive layoffs, may announce yet another cost-reduction program soon. The charge associated with the potential "Phase 3" restructuring plan could total $1 billion, Shah said in a client note. One of the key issues with the equipment producers is their potential earnings power in a business recovery. Some investors will estimate 2004 or 2005 profits and then apply a price-earnings multiple to those earnings to arrive at price targets. Merrill Lynch analysts recently did such an exercise with Lucent and Nortel in which they put Lucent's earnings power at 19 cents and a potential share price of nearly $3 a share. Margolies is more optimistic, believing Lucent can earn more than 30 cents a share, or a 5.5% net margin, on $20 billion in sales. Put a P/E of 10 on 30 cents and Lucent's stock could trade up to 3, and apply a P/E of 20 and the share could rise to 6. Tellabs is favored by Rich Pzena, head of Pzena Investment Management, a New York investment firm. "Tellabs has over $2 a share in cash, no debt and it's actually generating earnings and positive cash flow," he says. "There's no bankruptcy risk like you have at some of the other companies." Tellabs' main product, the Titan 5500, enables business users to connect to high-speed Internet lines. There's some technology risk with Tellabs because of the threat posed by optical switches to the Titan product, but Pzena believes Tellabs is safe from that threat. Tellabs' revenues this year are expected to total around $1.5 billion, less than half of its sales in 2000, but the company eked out a tiny profit in the first quarter and is expected to earn about a dime per share this year. Noting that Tellabs earned over $1.67 a share in 2000, Pzena says the company is capable of producing $1 a share in profits, which would support a stock price of more than $10 a share. Nortel's plight was apparent in a $1.4 billion financing last month that largely consisted of the sale of 632 million shares of stock sold at just $1.41 a share. That deal shored up Nortel's balance sheet and bought time for the company, but it was enormously dilutive, boosting the company's outstanding shares to nearly 4 billion. IDT's Jonas, whose company is a user of Nortel switches and optical gear, is a fan of the company. "Nortel equipment has the best reputation in the industry," he says. With its recent equity financing, Nortel's cash rose to an estimated $4.5 billion from $3 billion at the end of the March quarter. But the company is expected to lose $1.3 billion, or 33 cents a share, this year and burn through more than $1.5 billion in cash before year-end. But Nortel probably has ample cash to go through all of 2003 without needing any new financing. Jonas says Nortel could become more involved in servicing its equipment, a business that's now handled primarily by independent distributors that sell Nortel gear. Jonas says IDT would be interested in making an equity investment in Nortel in return for the right to handle some of its service business when existing Nortel relationships end. "It's a gold-mine business," Jonas observes. The bull case for Nortel is that the company is capable of earning 15 to 20 cents a share a year. Put a P/E of 15 on those earnings and Nortel could trade up toward $3 a share. Ciena's sales and stock price have collapsed, but as noted above, its stock changes hands for little more than the $3 a share in cash on its balance sheet. Revenues in the current fiscal year ending in October are expected to total $400 million, down 75% from the prior year's total. Ciena is expected to post a loss of $244 million, or 74 cents a share this year, compared with profits of $195 million, or 60 cents a share in fiscal 2001. The bear case on Ciena is that it probably doesn't have much more than a dime in annual earnings power until at least 2006 But Margolies says Ciena has strong technology, potential takeover appeal and the financial wherewithal to make it until an industry upturn. He notes that the company continues to spend heavily on research and development in order to maintain its competitiveness. Ciena's net cash per share was little changed following its recent deal to buy ONI for $400 million in stock. Comverse also has a strong balance sheet with net cash of $7 a share, nearly equal to its current stock price. This means investors are paying little for its voice-mail software and other products, which generate about $800 million in annual revenues. Margolies' view is that wireless companies have a particular need to maintain capital expenditures because of continued subscriber and usage growth. Comverse is losing money, but its current cash burn is modest given a projected loss of around $65 million, or 36 cents a share this year. Comverse traded at 120 in 2000 and 28 as recently as January. Merrill Lynch analyst Tal Liani said in a recent client note that value investors "may find Comverse's risk profile among the best in the sector." A less risky alternative to telecom- equipment stocks is their depressed debt. Nortel's junk-rated convertible debt, the 4.25% bonds due in 2008, trades for about 46 cents on the dollar and yields around 20%. Lucent's $1.8 billion convertible preferred stock issue sold last year also trades under 50 cents on the dollar and yields 17%. It carries junk ratings as well. The Lucent issue is convertible into stock at around $6 a share, a big premium above Lucent's current share price. But the preferred likely will rally if the stock rises. Ciena's convertible debt, the 3.75% bonds due in 2008, appeals to Margolies because it now trades for under 60 cents on the dollar and yields around 15%. He's betting the bonds are money good because the company has considerably more cash than debt and considerable franchise value. Comverse also has convertible bonds outstanding that yield around 9%. The convertibles are less dangerous, but the stocks offer the most appreciation potential for intrepid buyers willing to play in one of the most distressed areas of the stock market. Monday, July 8, 2002 Is Optical Equipment Poised for a Comeback? By BILL ALPERT ----------------------------------------------------------------------- In the crater left by the bursting of the bubble market, the lowest circle is filled with optical network stocks. The road to that crater is paved with dark fiber that we once thought would blaze with Internet traffic. To the devil with JDS Uniphase and Corning! How strange, then, to encounter Zhiping Zhao, a thoughtful Sanford C. Bernstein analyst who has been recommending optical network stocks since March. Temporary Relief Traders attributed the Nasdaq's Friday rally to relief to a terror-free Fourth of July. But despite a 5% Friday gain, the Nasdaq Composite Index dipped 1% in the abbreviated week to close at 1449. "It's a view that not many people are advocating," she says, cheerfully. While most investors figure they'll be drying wet socks on idle fiber lines 'til doomsday, Zhao believes that rising traffic will compel telecom carriers to start buying optical components by year-end. That would benefit JDS Uniphase, the leading maker of optical transmission components, and Agere Systems, the Lucent spinoff whose chips connect optics to computer lines. She thinks JDS Uniphase could rise to 10 from its current price of 2.90. Agere could reach 7.50 from the current 1.84. Amid the Internet bubble, optical preachers like George Gilder waved hands and mumbled vaguely about rising Internet traffic. Bernstein's Zhao has found something that she can observe and count: "network latency." Latency is the transmission time required for a message to cross the telecom link, after accounting for distance. If it rises too high, messages are probably sitting in traffic queues awaiting a clear lane to continue their journey. Network operators then face the choice of investing in additional transmission gear or losing customers. Latency always drops after capital spending. So Zhao figures that significant rises in latency should likewise be a predictor of capital spending. The analyst has spent a year observing two nationwide telecom networks (which she's reluctant to identify). She aims to collect enough data to estimate how much of a latency rise provokes how much capital spending. Network operators won't say how much latency they think is too much, so Zhao estimates a "normal" latency level for each network link she's monitoring. Then she watches for an increase. To start, she's looking for a 20% increase over the baseline. One sure thing is that latency is on the rise. On one network, the links showing 20% jumps in latency in the first quarter of this year rose from about 8% to 9%. Cash strapped operators have delayed investment and are running their networks "hotter," explains Zhao, and at some point they'll need to increase capacity. She believes this will happen by year-end. "I could be wrong by a quarter," she says, "But I doubt I'll be wrong by a year." The WorldCom debacle barely fazes Zhao. WorldCom's many business customers will continue to need telecom services, and she predicts that they'll flood into AT&T. Congestion on AT&T's network, therefore, will rise. The least costly way of boosting capacity is to slide boards into the expansion slots of existing systems. Another solution is lighting dark fiber by purchasing optical amplifiers. Neither approach would help Corning sell fiber, but component makers like JDS Uniphase and Agere would see orders. While the 31 analysts surveyed by First Call rate JDS Uniphase, on average, barely above Hold, Zhao rates the San Jose-based firm an Outperform. She believes that revenues could bottom just above $1 billion in the just-finished fiscal year ended June, then rise to $1.2 billion in June 2003 and $2.3 billion in June 2005. After a loss of 12 cents, or $160 million, in fiscal 2002, Zhao thinks JDS Uniphase will nearly break even in fiscal 2003 and make 26 cents, or $350 million, in the fiscal 2005 year. Agere has suffered, says Zhao, because investors see the firm as an optical component supplier to Lucent. Most of the Allentown, Penn., firm's products are semiconductors, she notes, with 60% of revenues coming from outside telecom. Only 12% of revenues come from Lucent, which completed its Agere spinoff last month. After a recent convertible bond offering, says Zhao, Agere is well fixed for cash. She predicts a loss of $950 million, or 58 cents, on sales of $2.25 billion for the year ending September 2002. Then Agere should break even on $3 billion in sales in the fiscal 2003 year, and eventually make $550 million, or 33 cents, on sales of $4.5 billion in fiscal 2005. Slurry scurry Cabot Microelectronics has been a terrific business. The Aurora, Ill., firm supplies polishing compounds used by chipmakers as they lay down the successive layers of today's multi-layered computer chips. Cabot helped pioneer this polishing process with IBM, and enjoys nearly a 90% market share in certain chipmaking steps where equipment makers like Applied Materials specify Cabot polishing slurry as the "process of choice." Since its spin-off from Cabot Corp. two years ago, Cabot Microelectronics has enjoyed 50% gross margins. For the September 2001 fiscal year, Cabot earned $42 million, or $1.72 a share, on sales of $227 million. After years of better than 60% growth, Cabot Micro has managed to maintain flat sales in a downturn that's crushed other chip suppliers. At a recent price of $42 per share, the company sports a market value of over $1 billion. Trouble is, everyone wants a piece of Cabot's margins. Because of its quality product, Cabot has been able to charge $15-to-$25 a gallon for its slurries. Rivals like DuPont, Fujimi and Rodel have tried displacing Cabot Micro with prices of $6 a gallon. But while chipmakers have railed at Cabot's high prices, they don't like fiddling with established production processes. On new processes, however, chipmakers are testing other suppliers, says a terrific researcher I know, who is short Cabot. Chipmakers like AMD and Intel, and Taiwan's TSMC and UMC, have invited Cabot rivals to supply slurry for new chip designs that connect transistors with copper wire, instead of aluminum. Motorola has always used its own homebrewed slurries, which it now plans to market in a venture with DuPont and Air Products. At a recent Merrill Lynch conference, Cabot Micro executives said they would fend off competitors -- and competitive pricing -- by delivering valuable innovation. But as more chips use copper, my research chum predicts that Cabot's market share will erode, along with its monopoly pricing. He predicts earnings of 77 cents for the September 2003 year -- well below the consensus forecast of $2.40. ------------------------------------------------------ That's right: Jonathan Cohen is buying Internet stocks. Now, let's be clear; Cohen isn't expecting a return to the bubble days. Nonetheless, he thinks the market has been overly cruel in its behavior toward a diverse handful of 'Net-related stocks. In our interview, he offered up thoughts on six stocks: five longs and one short. Back in 1996, as noted, Cohen was deeply bearish on Internet service providers, arguing that the business was going to be commoditized. Last week he said he still thinks Internet connectivity is becoming a commodity, which means trouble for the more established ISPs, such as AOL, MSN and Earthlink. But it is a very good thing, Cohen argues, for United Online. United Online was created about a year ago from the merger of Juno and NetZero, which were both in the business of offering free Internet access in return for a license to cover your computer screen with advertising. As Cohen notes, the company at the end of March still had 3.6 million customers for the free service, who can connect at no charge for up to 10 hours a month. But the company also finished March with 1.6 million paid subscribers, at $9.95 a month -- less than half what AOL charges. "The assumption has been that the business they're in, providing Internet access to consumers, is fundamentally unprofitable," he says. "But they're the single company best positioned to benefit from the trend." What's sometimes missed in the analysis of United Online, Cohen maintains, is that the free subscribers are "an enormous asset to the company, even without generating ISP fees." Cohen considers them to be a valuable growth engine in a market in which new customer acquisition is extremely expensive. Getting customers to migrate, he maintains, "is easier than you think." Cohen notes that the company has been beating Street estimates -- in the March quarter, the company was expected to have negative cash flow of $2 million, but it instead reported cash flow $3 million in the black. Cash flow is defined as earnings before interest, taxes, depreciation and amortization. For fiscal 2003, which ends in June, he expects $25 million in cash flow, "assuming a fairly conservative rate of conversion from free to paid subscribers." Meanwhile, the company has no debt and $125 million, or a bit more than $3 a share, in cash. United's market value, at $435 million, is a little less than twice estimated revenues for the company's June 2003 fiscal year of $225 million. Cohen contends the stock, which last week traded at a little under 11, is worth at least $17. Another stock Cohen likes is LendingTree, an online loan originator. The company originates first mortgages, home-equity lines of credit, mortgage refinancings and consumer loans on behalf of an array of lenders. Cohen notes that there has been some concern about whether the company would see a fall-off in refinancing volume if rates started to move higher, though he points out that refis are a relatively small part of the company's business. LendingTree has a market value of about $270 million. Revenues, Cohen says, should hit $95 million this year, and $125 million in 2003. At the bottom line, he expects a loss of 21 cents a share this year, but a profit of 31 cents a share next year, with strong growth after that. In 2001, the company lost $28.9 million, or $1.66 a share, on revenues of $64 million. LendingTree allows customers seeking loans to get offers from multiple lenders. "The story is analogous to eBay in some ways," Cohen says. "EBay has prospered by creating a proprietary market place with very low costs allowing people to transact over their system, and they generate incremental profits with each transaction. Lending Tree does essentially the same thing." Considering discounted cash flow, potential takeover value and the growing transaction volume, Cohen contends the stock, which closed Friday at 12.62, is worth at least $20 a share. Cohen also likes Register.com, which is the second-largest domain-name registrar, after VeriSign. While domain-name registration isn't much of a growth business these days, Cohen says, Register has evolved into more of an information-technology-services business, focused on managing domain names for corporate clients. "There is concern about the sector, and some of it is legitimate," he says. "But this is a subscription-based revenue model. It's not like they have to go out every quarter to make their number. Accounts tend to renew over and over again." The company, Cohen says, has a sterling balance sheet, with no debt and $206 million, or $4.66 a share, in cash; last week Register's shares traded at $7.10. Cohen says the company should earn about 25-30 cents a share this year, with revenue of $100-$125 million. For 2003, he expects growth of about 20%, boosting earnings to 35-40 cents. Last year Register earned $8.4 million, or 19 cents a share, before a $32 million noncash charge, on revenues of $116 million. Cohen thinks the stock can hit 15. Cohen also offered a pair of micro-cap picks. One is CyberSource, which at $2.02 a share has a market value of $67 million. The company processes online credit-card transactions, handling chores such as account verification, authentication and fraud detection. It has more than 3,000 corporate customers, including Home Depot, Nike and Wal-Mart. Cohen expects $31 million in revenue for 2002, with roughly 20% growth in 2003. He thinks CyberSource will turn cash-flow positive in the fourth quarter of this year and can produce 30% operating margins over the long term. Like some of Cohen's other picks, this one has ample cash -- about $1.65 a share, or about 75% of the stock's value. He figures the shares could reasonably trade at twice 2003 revenues, which would boost their price to $5 apiece. An even tinier stock Cohen likes is FairMarket, which provides services to companies that want to sell excess inventory on eBay. FairMarket originally had planned to offer its own auction market for surplus corporate goods, but has since morphed into a provider of software and services that help companies do the same thing on eBay. FairMarket, which fetched nearly $50 a share, finished Friday at 1.26, giving it a market value of about $37 million. Clearly, investors have given the company up for dead -- FairMarket's cash position, at $60 million, is nearly double that. Cohen notes that the company recently got a vote of confidence from eBay in the form of a $2 million investment at about $2.10 a share, far above the market price. While FairMarket didn't need the money, the investment shows eBay's support for its services, Cohen says. "Ebay wants it to be successful." Cohen figures FairMarket can produce $10 million in revenue next year, thanks to business from the likes of Dell Computer, CompUSA and Wal-Mart. The company could get close to break even by the middle of next year, he figures. Give the stock a value of 1.5 times revenues, add in the cash, and the stock looks like a double. Cohen's a little cagey about his short sales. Like many short sellers, he fears companies will stop talking to him if they know he's betting against them. Nonetheless, he offers one short idea. And it's no micro-cap. Cohen advises shorting Yahoo! The company, he notes, still has a market value of about $8 billion but annualized revenue of under $1 billion. "That's a big price/revenue multiple to pay for a company that isn't very profitable," he says. "Yahoo's diversification strategy has been unsuccessful. It still gets most of its revenues from online advertising." Cohen notes that the company is expected to earn about 13 cents this year and 24 cents next year. At a recent price of 13.62, Yahoo trades at more than 50 times 2003 earnings. Yahoo lost $93 million, or 16 cents a share, last year on revenues of $717 million. "The company is a victim of its own success," Cohen says. "It was architected from the beginning without any view on how it would make money, and there's no natural way to migrate the user population to paying customers." Cohen says Yahoo could eventually be acquired, given its huge traffic and reasonable balance sheet. But not at the current price. Cohen thinks the stock is headed below $7 a share. Edited by - gzibordi on 7/8/2002 0:51:20

Indice di Coppock sul Mibtel - gbellelli  

  By: gbellelli on Sabato 06 Luglio 2002 00:47

ciao a tutti tempo fa su questo forum si parlò dell'indicatore denominato " Coppock Index". A qualche tempo di distanza,ripropongo il grafico dell'indice Mibtel con il suddetto indicatore,corredandolo dell'ulteriore indicatore di velocità Pista Ciclica. Dal grafico allegato si possono estrapolare alcune osservazioni: -la velocità,delineando minimi crescenti,è al rialzo. -il Coppock Index sta virando al rialzo. -sull'indice Mibtel si sta delineando un 123 Rialzista. Le premesse per un inversione di breve periodo,sempre all'interno di una tendenza ribassista primaria,ci sono tutte. ciao gabriele

Ultime dalla Jiihad - Gzibordi  

  By: GZ on Sabato 06 Luglio 2002 00:34

L'FBI ha "escluso che l'attacco alla El Al a Los Angeles sia legato al terrorismo.." i siti israeliani riportano che l'egiziano che ha attaccato l'ufficio biglietti delle linee aeree israeliane a Los Angeles era stato in passato associato con il pilota egiziano che si era suicidato schiantando l'Egyptair 990 che pilotava nel 1999 e uccidendo 210 persone sul colpo. All'epoca fu dichiarato un caso di un pilota che voleva suicidarsi per ragioni personali. Quel volo era partito da Los Angeles per New York e doveva continuare per il Il Cairo. Si schiantò in mare prima di New York. Sul Egyptair 990 viaggiava un gruppo di agenti del servizio segreto egiziano incaricati di catturare terroristi della Jihad islamica. Un attimo prima del crash il pilota fu sentito dalla torre di controllo dire: ".. rimetto la mia fede in allah.." Sadat chiese di non parlarne e quasi tutti i media trattarono la storia come un caso di suicidio di un pilota impazzito. (Per chi fosse veramente curioso poi ci sarebbe un altra storia simile, di un aereo schiantato in mare dopo la partenza dal Kenia nel 2000 e pieno di agenti della Cia e russi e ch era stato dirottato da gente di Al Qaeda... anche qua silenzio dei media, ma questa è una storia più lunga) --------------------------da debka ----------------------- Hesham Mohamed Hadayat Who Attacked El Al Ticket Line at Los Angeles Airport Was an Egyptian Jihadist Associated with Egyptian Suicide Pilot Batouty Who Crashed Egyptair 990 in 1999 Killing All 217 Aboard 5 July: Hashem Mohamed Hadayat, 41, who gunned down Yakov Aminov, 46, and Vicky Hen, 25 – both from Los Angeles - on the 4th of July at the El Al terminal of Los Angeles, and wounded 7 others, is revealed by DEBKAfile’s intelligence and counter-terror sources as a Muslim extremist. During his ten years in the United States, he was a secret operative of the Egyptian Jihad who maintained undercover links to the same Jihad cell in Brooklyn, New York, as the “blind sheikh” Abdul Rahim Rahman and Ramzi Yousef. Both are doing time for perpetrating the first attack on the New York World Trade Center in 1993. Hadayat is also believed to have abetted a previous, contrived airline disaster: On October 31, 1999, an Egyptair Boeing 767 Flight 990, which also took off from Los Angeles airport for Kennedy, New York. After Kennedy, the plane bound for Cairo plunged into the Atlantic off the Nantucket Island, Mass. coast, killing all 217 passengers and crew. In a special probe, the US National Transportation Safety Board found that the copilot Gameel el-Batouty was at the controls when the plane went into its dive. His voice was recorded shouting, “I put my faith in Allah!” The report held back from referring more directly to the Egyptian copilot’s responsibility for the crash. Our sources affirm that Hadayat, who lived in Irvine, California, 70 km south of Los Angeles, knew Batouty well. There are also indications that, in the years 1998 and 1999, Hadayat was in touch with a group of high Egyptian air force officers and helicopter pilots posted at the time at Edwards Base north of Los Angeles. They were there to learn how to install command and control centers in Egypt’s air defense systems, operate anti-air missile batteries and fly Apache gunships. Most of those officers were on the doomed Egyptian airliner after completing their courses. Although the long-delayed US Transportation Board report never referred to the presence of this high-ranking Egyptian air force delegation on the flight, DEBKAfile ’s Washington sources reported at the time that most of the investigators were satisfied that Batouty could not have seized control of the Boeing 767 without the aid – certainly the compliance - of those officers. Two years ago, Egyptian president Hosni Mubarak exerted all his influence on President Clinton to keep the federal board’s findings out of its published report and, above all, the fact that a group of Egyptian air force officers was on the plane. He warned that citing the Egyptian copilot as deliberately causing the crash would have a negative effect on Egyptian-US relations. The report therefore fell short of clear conclusions. Hadayat’s murderous attack on El Al flight 106 passengers points back to the Egyptair 990 disaster of 1999, reviving the many questions left open by that earlier, half stifled inquiry, which carefully stepped round any suggestion of terrorism. It also raises the question of how many sleeper cells the Egyptian Jihad, al Qaeda’s primary operational arm, maintains in American cities. Hadayat struck the El Al ticket line on his 42nd birthday. The initial FBI inquiry found through records of his fingerprints at the Department of Motor Vehicles, which issued him with a limousine license, that he was married with at least one child, and had lived in Irvine for the last two years, working on a green card. Since the attack, the possibility that he arrived in America as a sleeper terrorist must be seriously addressed. US investigators realize he was not a lone operative and are seeking his accomplices in such matters as setting up the hit, providing the guns he carried and intelligence on the security situation at the Tom Brady terminal. DEBKAfile’s Middle East intelligence sources report that early Friday, Egyptian intelligence officers picked up Hadayat’s relatives and associates in Cairo, to try and trace the identities of his fellows in the American Jihad cell. Edited by - Gzibordi on 7/5/2002 22:52:5

Ebiscom e i giornali - panarea  

  By: panarea on Venerdì 05 Luglio 2002 13:47

Sole24ore sabato 29 giugno 2002 inserto Plus pag. 41, Radiocor analizza E-biscom. Giudizio “underperform”, ossia in linguaggio comune, la società è un bidone. Il giornalista (che non si firma, non si sa mai) ha un problema: il sole è amico di Ebiscom, il giudizio deve essere mitigato, senza far uscire le vere magagne. Quindi vediamo cosa si dice e cosa si tace. Primo il business: la banda larga. Si dice che …..pur confermando la sostenibilità del modello di business…alcuni fatto di rischio …. ingresso di killer application ….. il modello è “prudenziale” . Impariamo a leggere e integriamo: la società ha fatto buchi in terra per le fibre ottiche soltanto a Milano, il resto delle (poche, il famoso prudenziale del giornalista, dove sono Firenze, Bari, Palermo, il Veneto?) città l’ha comprato da Telecom (ex Sirti progetto Socrate). Un dubbio se Telecom (che fa lo stesso mestiere da 50 anni) ha venduto, siamo sicuri che Ebiscom, appena entrata, sia in grado di fare meglio con gli stessi dubbi? Misteri. Secondo dubbio, imprese analoghe nel mondo stanno crollando come mosche (il giornalista cita KpnQwest, si dimentica Worldcom) nonostante dimensioni diverse e paesi più facili (fare un buco per terra in centro a Los Angeles è più facile che inserire un cavo in un condominio in palazzo del 600 a Firenze), non è che il business è poco “sostenibile”? Non è che basta far passare tutto su cavi già esistenti tipo telefono o enel (famosa killer application) e si risolve il problema, ergo Ebiscom è inutile? Vediamo ai conti: il giornalista qui si arrampica sugli specchi: gli aggregati reddituali, pur mantenendosi in territorio negativo, …. risultati solo nel medio/lungo periodo… saldo negativo della gestione finanziaria.. La verità che non può dire: Ebiscom non ha mai guadagnato una lira, né si sa se mai la guadagnerà (vedi sopra). E allora come stanno le cose? Il giornalista, che deve portare il pane a casa, non ricorda che Ebiscom è stata come Vanna Marchi. Niente di rilevante penalmente, ci mancherebbe, ma durante gli anni del boom internetiano ha convinto dei gonzi che la banda larga (ripeto già snobbata da Telecom che pure fa lo stesso mestiere) era il futuro. Risultato una montagna di soldi veri. Micheli e Scaglia non sono cretini, sapevano di aver fatto il botto e che Ebiscom è un bidone, quindi hanno adottato due strategie: la prima (il famoso prudenziale del giornalista) hanno fatto meno investimenti possibili. Mica scemi, perché sputtanare in asset inutili dei soldi veri? Teniamoceli. Quindi viva la cassa. La seconda: vediamo quando i gonzi reggono, se poi si svegliano vendiamo e facciamo cassa. Basta andare su www.consob.it sito pubblico e libero, e a Ebiscom si legge che in data 10/05/02 i signori Francesco e Andrea Micheli hanno diminuito le loro quote dal 11,1% al 9.6% il primo e dal 10.3% al 9.4% il secondo. Se il management/proprietà non ci crede, perché crederci noi? Ultima chicca: Micheli e Scaglia nello scorso ottobre hanno fatto una scemata (non si sa se in buona fede o come regalo a qualcuno che gli aveva fatto fare il delitto perfetto, conoscendogli la seconda) comprando con la cassa data dai gonzi il 5,019% di Pirelli & C. Si sta rasentando il paradosso: prima ti fai alfiere della novità rispetto a Telecom, gli compri i tubi e poi rinsaldi il suo azionariato. Ma i gonzi i soldi te gli avevano dati per i tubi! Se volevano comprarsi Pirelli & C (o Pirelli, o Olivetti, o Telecom) se la compravano da soli, perché questo investimento con la cassa di Ebiscom? Perché in ottobre? Comunque in parte la scemata sta rientrando: sempre su www.consob.it si legge che la partecipazione dal 5,019 % è già scesa sotto il 5%, ovviamente con relativa minusvalenza, i.e. la cassa dei gonzi è stata sperperata. Per sincerità bisogna ricordare che questa analisi è ampiamente condivisa e il giudizio medio degli analisti è vendere, leggi bidone (4 consigliano di alleggerire, 5 di vendere uno soltanto di comprare). Un grazie al sole che ha avuto il coraggio di pubblicare il giudizio negativo anche se addolcito. Controllate: se il vs. gestore ha acquistato o ha tuttora ebiscom, il gestore vi sta truffando. Cambiatelo

Come vanno le gestioni solo future ? - Gzibordi  

  By: GZ on Giovedì 04 Luglio 2002 01:59

questo è l'elenco della principali gestoni solo futures (i CTA cosiddetti) ^dal sito della IASG#http://iasg.pertrac2000.com/mainframe.asp?^ Non si tratta di una classifica delle migliori per rendimento, ma di quelle più grandi (se si cercano le migliori invece se ne trovano che le prima 50 o 60 sono tutte in attivo e anche con +40 o 50%, ma alcune sono nuove o piccole) Se considera che da inizio anno in media gli indici di borsa sono sotto del -15% direi che si vede bene stanno facendo meglio le gestioni con solo futures (sono tutti "CTA" quelli qui sotto e trattano indici di borsa futures, cambi, treasury bonds, commodities) Edited by - gzibordi on 7/4/2002 9:53:22

Twice Trade come indicatore - quarterback  

  By: quarterback on Mercoledì 03 Luglio 2002 19:40

mi è arrivata ora una mail di twice che con puerile scusa dice che aumenta il margine sui derivati e proibisce lo short su cw dal 4 all' 8 luglio !?!

Frode Contabile A Worldcom: Hmmm... - polipolio  

  By: polipolio on Martedì 02 Luglio 2002 01:22

Mah, quello che cambia è l'OPERATING cash flow o cf from operations, che è quello che si usa per rimborsare o per fare investimenti. Premesso che non so un tubo di quanto succeso a Wcom e benché io sia convinto che i banchieri siano gonzi, ignoranti, superficiali e non capiscano un tubo di business, non posso credere che siano COSI' gonzi da non capire una roba scritta ed enuciata chiaramente. Semmai mi sembra più interessante l'ipotesi che il mgmt voglia beneficiare dalla accorta gestione di un chapter 11, ad es. _______________________________ GZ: Per quello che ricordo di contabilità americana (ma anche italiana) se uno contabilizza come ha fatto Sullivan come investimenti delle spese legate alla gestione a volte ci sono delle ragioni per farlo e finora nessuno ha spiegato esattamente perchè quelle di Worldcom erano fasulle. Inoltre tutti dicono che volevano alterare il flusso di cassa in questo modo e ingannare le banche.

Il Ciclo del Dollaro si ripete sempre - Gzibordi  

  By: GZ on Domenica 30 Giugno 2002 14:10

L'indice del dollaro rispetto a tutte le altre valute è sceso dal livello di 130 raggiunto nel 1985-1986 giù fino a 79-80 nel 1991-92 (un -40% in 5 anni). E' rimasto fermo fino al 1995 e poi è risalito fino a 120 nel 2000 ( un +45% in 5 anni). Ora è sceso giù a 106 dal massimo del 2000 a 120, un -12% (vedi il grafico a fondo pagina). E ieri Soros diceva che può perdere un 30% nei prossimi due anni. Perchè il dollaro (o qualunque altra valuta) sale negli anni, (al di là delle oscillazioni mensili) ? La spiegazione è qua sotto, riassunta da Kevin Hasset. Per la domanda mondiale di servizi e beni prodotti dal paese e nel caso degli USA dal 1995 in poi era la tecnologia e le azioni americane che erano molto richieste. La domanda di hardware, software, nuove medicine, biotech e poi la domanda per azioni e obbligazioni americane ha fatto salire il dollaro. Ad es le banche europee sono quelle che hanno comprato più obbligazioni di su Worldcom ! Ora che la tecnologia è in crisi e i mercati finanziari (incluse le obbligazioni corporate) pure il dollaro scende. Ma i cinque anni di rialzo del dollaro hanno danneggiato tutti i produttori americani di beni che non fossero tecnologia e servizi finanziari. Chi faceva carburatori o cuscinetti a sfera non li vendeva più col dollaro apprezzato del 40%. ("....The problem is, if you are a sparkplug manufacturer, and you happen to live in a country that is generating enormous foreign demand for your currency because of high tech developments and financial flows, then the demand for your product gets axed through no fault of your own. ...") Quindi ora con il dollaro che si indebolisce ritornano a galla i settori non tecnologici e finanziari. Ho fatto l'esempio di Apple da una parte e Timken dall'altra (^vedi il pezzo della settimana scorsa: "la Ripresa Economica"#A:8024^) che mi sembra perfetto. I settori non tecnologici e non blue chip (perchè le blue chip erano gonfiate dai fondi stranieri) in america hanno cominiciato a scendere in borsa già dal 1999 perchè il dollaro li strangolava e hanno ricominciato a salire dall'anno scorso. Come dice Hasset c'è un ciclo di creazione e distruzione continuo che va da un settore all'economia all'altro e passa per il dollaro E si ripete sempre ----------------------------------------------------------- Create, Destroy, Repeat By Kevin Hassett www.techcentralstation.com The past few weeks have seen puzzling pairings of economic releases and market responses. The latest June data have suggested that consumers are happily spending away again in the early summer, and even the lowly manufacturing sector has begun to turn around. And the stock market? Down again. Undoubtedly, a good deal of the market pessimism is associated with very real risks. News of WorldCom, Enron, Tyco, dirty bombs, a possible war with Iraq, and the conflict between India and Pakistan threatens both our near-term peace and our prosperity. But underneath this fear has been the continued absence of the kind of good news about profits that we normally see in a recovery. What is going on? We at the Digital Greenbook have been spinning the data for months to almost no avail, but our crack team of econometricians has finally happened upon a story that holds up under fairly close scrutiny, so here goes. The problem is that the dollar has been unusually strong for several years, and that has caused a very real manufacturing shakeout. While the dollar has weakened slightly lately, there still may be significant room for more negatives. If so, profits in the aggregate may well continue to be disappointing. Here's why. First, the price of the dollar relative to other currencies is set in a global marketplace. When the demand for dollars is high, the price goes up, and vice versa. The demand for dollars will be high when Americans produce something that foreigners want to buy. In recent years, there have been two types of products that have generated massive foreign demand: U.S. financial assets and U.S. high tech software and equipment. When foreigners are lapping up U.S. financial assets, the dollar appreciates, and that makes U.S. goods more expensive in foreign markets. Accordingly, a key side effect of soaring U.S. equity markets was a concomitant decline in the demand for many U.S. products. Since everyone wanted to purchase shares in Pets.com, it became much harder to sell them sparkplugs. For products, a key factor driving external demand is productivity growth. If U.S. firms get very good at producing a product relative to foreign producers, they can capture a large share of the foreign market for goods. In the high-tech sector, which includes patented pharmaceuticals, the U.S. has no equal, and, according to Northwestern University economist Robert Gordon, productivity growth in these sectors has been extraordinary. The problem is, if you are a sparkplug manufacturer, and you happen to live in a country that is generating enormous foreign demand for your currency because of high tech developments and financial flows, then the demand for your product gets axed through no fault of your own. This is exactly the story that has lead to many sob stories for American industry. Indeed, in the most recent boom period, growth in productivity was unusually skewed. A few industries produced a huge share of the productivity growth, putting upward pressure on exchange rates, while the majority of industries treaded water. How much pressure? A recent study by the National Bureau of Economic Research concluded that a 1 percentage point increase in productivity increases the value of a country's currency by 5 percentage points! With productivity growth in the U.S. averaging well above 3 percentage points over the past few years, a tremendous pressure was put on the exchange rate. How does the story end? As firms that are no longer productive at world prices gradually go bankrupt, a natural weakening of the dollar will occur. This, in turn, will allow marginal industries to regain the upper hand, and once again capture large foreign markets -- pushing the dollar back up. And those that survive will, in the long run, likely benefit from the presence of the high tech industry. Better prepared workers with clever ideas that will allow firms to use computers to gain a cost advantage will help even the lowest tech firms capture competitive advantage. The lesson of this episode is simple. If large productivity advances occur in narrow industries, a sharp cycle of creative destruction will ensue. As a firm, it pays to keep an eye on the aggregate productivity numbers. If you are not keeping up, and your firm receives a healthy share of its revenue from exports, you better lean on your managers to find productivity enhancing strategies. The alternative is bankruptcy. In the new economy, you have to run faster to keep up. Edited by - gzibordi on 6/30/2002 12:15:46

Arms Index Aggiornato - Gzibordi  

  By: GZ on Venerdì 28 Giugno 2002 23:59

E per chi vuole lo scenario toro eccolo qua: con l'Arms Index ovvero la "pressione del volume al ribasso". Se misuriamo il volume al ribasso medio per titolo degli ultimi tre mesi (Arms Index a 55 giorni) abbiamo toccato 1.40. Abbiamo cioè toccato il record degli ultimi 20 anni (il grafico ne mostra solo 5, prego di credere che è così anche prima). Nemmeno in settembre l'indice aveva toccato questo livello. Ma siamo sopra il livello di settembre come prezzo e il l'Arms Index comincia ora a girare in basso. Quindi chi doveva vendere ha già venduto, la pressione al ribasso del volume su base storica non può salire oltre

Due Promesse Doverose - banshee  

  By: banshee on Venerdì 28 Giugno 2002 02:16

Faccio due premesse doverose, prima di dire la mia. 1) relativamente alla lettura dei bilanci sono un autodidatta, e quindi anche quel B- in accounting è al di fuori della mia portata. 2) non so nello specifico di che tipo siano quelle spese di cui si discute, e mi baso su quello che dice l'autore dell'articolo riportato da Zibordi. Ciò detto, se si trasformano spese correnti di gestione in "plants and properties" è indubbio, secondo me, che si ottenga un miglioramento del MOL. Miglioramento che si protrae inoltre negli anni, poichè le immobilizzazioni si ammortizzano pluriannualmente, e le "depreciations" sono voci che aumentano il cash flow operativo. In più, si rafforza lo stato patrimoniale, rimpinguando le immobilizzazioni materiali, e, almeno sulla carta, gli assets a garanzia. Detto questo, concordo col fatto che questo non ha nulla a che fare con l'indecenza perpetrata in Enron, e che vi sia isteria in giro riguardo queste cose. Le banche poi ........ mi rimembrano quelle vergini vestite di bianco, rotte di dietro e sane davanti.

Frode Contabile a Worldcom: hmmm... - Gzibordi  

  By: GZ on Giovedì 27 Giugno 2002 23:33

forse il mercato ha rimbalzato dopo il "... 4 miliardi do dollari di frode contabile a Worldcom...!!" perchè qualcuno sta ripassando un po meglio il fatto contabile. Kedrovsky nota che c'è dell'isteria sulla facenda. Il direttore finanziario che avrebbe fatto la frode non ha guadagnato una lira da tutto questo perchè a differenza di Enron non ha mai venduto una sola azione di Worldcom e invece rischia di passare i prossimi anni nei tribunali. Inoltre tutto quello che ha fatto era scritto chiaramente nei documenti interni e lo potevano notare anche due anni fa. Può darsi invece che il nuovo management voglia prendere una mega ristrutturazione sperando di ripulire tutto tramite bancarotta. Oppure che tutti siano ora isterici. Per quello che ricordo di contabilità americana (ma anche italiana) se uno contabilizza come ha fatto Sullivan come investimenti delle spese legate alla gestione a volte ci sono delle ragioni per farlo e finora nessuno ha spiegato esattamente perchè quelle di Worldcom erano fasulle. Tutti hanno preso sulla parola la dichiarazione fatta dal nuovo management. Inoltre tutti dicono che volevano alterare il flusso di cassa in questo modo e ingannare le banche. Ma non è vero: se capitalizzi invece di addebbitare alla gestione corrente il flusso di cassa rimane lo stesso per quello che ricordo (è vero però che avevo un B o B- in accounting per cui se ho torto ditemelo). Per cui se le banche hanno prestato i soldi lo hanno fatto sapendo bene quello che facevano Insomma non è come Enron e ci sono sintomi di isteria --------------------------------------------------------By Paul Kedrosky TheStreet.com 06/27/2002 12:48 PM EDT URL: http://www.thestreet.com/p/rmoney/paulkedrosky/10029356.html Why didn't the market melt down after WorldCom's (WCOM:Nasdaq - news - commentary) accounting news? Partly because of the market's usual stubbornness -- it rarely does what everyone wants -- but mostly because it didn't need to. You wouldn't have known that, however, from much of the lazy and formulaic WorldCom analysis. It was mostly scathing stuff about corporate crime, CEO malfeasance and corruption at the top. It was truly piling on, with everyone from the financial press to President Bush to the tirelessly hyperbolic Bill O'Reilly all jumping on WorldCom. (Am I the only one who thinks O'Reilly increasingly seems like a noisy gene-splice of Art Laffer and Dr. Laura?) That bastion of financial journalism, USA Today, even tipped that CEOs cheat at golf -- complete with a spiffy graphic, of course. It was a forced march of the usual cliches -- the "whiz-kid CFO," the "fraud on a massive scale," etc. -- and it had the usual effect: dismay and dread. Wednesday morning felt ominous and doom-bound before the market opened, like the minutes before a summer thunderstorm, and the ugly opening did little to assuage this feeling -- at first. Initial Dread Truth be told, like most people who saw the WorldCom news Tuesday night, I felt initially as if someone had dropped a lead pinata on my head. Whoa, I thought, there's going to be trouble Wednesday, perhaps hundreds of points on the Dow, a real rethinking of what equities are worth. This is much broader than a telecom phenomenon. Related Stories WorldCom Tilts Toward Abyss Seymour: Where Will the WorldCom Damage End? Cramer: WorldCom Bondholders Are Sunk Too Greenberg: WorldCom Won't Be the Final Scandal Task: For Markets, Bad News Getting Worse Willard: WorldCom: Don't Call It a Crisis, Just a Collapse WorldCom's Watchdogs Were Asleep WorldCom Fraud Centered on Connection Costs EBITDA: Anatomy of an Accounting Gimmick Then Wednesday morning, after more time looking at the allegations, I changed my mind. Why? Because this just isn't fraud a la Enron, or Adelphia for that matter. While it seems clear that WorldCom did some tricksy things it probably shouldn't have, so far the allegations of outright accounting fraud seem ... well, kinda fraudulent. Some brief background: According to sketchy data from the company and the Securities and Exchange Commission, WorldCom CFO Scott Sullivan supposedly capitalized $3.85 billion in line-operating expenses over the last two years. In other words, the company was taking things that should have shown up as expenses on the income statement and turning them into plant and property on the balance sheet. The effect of this sleight of hand, of course, is to reduce accounting expenses, thereby increasing accounting earnings. That might sound bad, but there are circumstances under which capitalizing operating expenses would be perfectly fine. Sure, some things should never be capitalized, but some things always should -- and there's a gray zone in the middle the size of the Texas Panhandle. Keep in mind that capitalizing expenses is far from unusual: Telecom companies can (and do) capitalize some costs, such as installation and labor, for example. Trouble is, we don't know what WorldCom expensed and why expensing it was wrong. Instead, we have to take WorldCom's and the SEC's word for it. And there are plenty of reasons to think both would exaggerate: WorldCom because it's paranoid and looking to do a big writedown in the current post-Enron fraud frenzy, the SEC because it has become positively school-marmish in patrolling its turf. You Call This Serious Fraud? The rest of us have to go on a few anecdotes floating around saying that WorldCom had been capitalizing routine network maintenance. And that Sullivan never attempted to cover up his actions: His expense capitalization policies were apparently right there in internal company documents. Hardly the sort of the thing you'd expect in a conscious fraud. And hardly the size of a fraud you would expect. Sullivan didn't benefit from his actions -- he hasn't sold stock in two years -- and WorldCom runs more than twice as many expense dollars through its income statement in any given quarter as it is writing off. At the same time, unlike the Enron fraud, WorldCom's gambit was externally transparent. Sure, the company's accounting earnings are bent, but whose aren't subjective? More important, WorldCom's cash-flow statement will be unaltered. But the fraud-spotters missed that. They keep saying that WorldCom did what it did to trick up its cash flow, to try to get debt providers and bankers off its back by goosing accounting earnings. Really? Then CFO Sullivan isn't much of a whiz kid. No banker in North America is going to base a decision purely on accounting earnings. Debt service is all about free cash flow. And capitalizing line expenses, while aggressive accounting, wouldn't mask WorldCom's deteriorating financial position. Some fraud. I'll finish by de-fanging a couple of obvious criticisms. First, I do take accounting fraud seriously. Very seriously. The markets are only as good as the numbers they discount. There are few things you could tell me, a former analyst, that would cause me more dismay than saying a company's audited financials were suspect. Second, some argue that investors had already discounted the news. To that I say, no way. No one saw this specific news coming. Anyone who claims to is lying. This was not Enronian malfeasance that could be uncovered by spending a few late nights over Edgar filings. From what we know, this was an entirely different type of fraud. That's what makes the market's reaction spot on. Lost in all the husky exhortations to the SEC, in all the hundreds of stories that have already appeared, is this: WorldCom's alleged fraud, while dumb, isn't all that smelly. Does any of this mean that WorldCom is any less doomed? No. Does it mean that equipment providers aren't going to see another leg down? No. But the market had a darn good inkling of WorldCom's status as a defunct business model long before this supposed fraud popped up. All this news has done is give ever-nervous bankers and capital providers an excuse to kick a little more dirt on WorldCom's already-deep grave.

Mercato Collassato. - beppe  

  By: beppe on Mercoledì 26 Giugno 2002 03:43

Argentina, wcom, Arafat, attentato (falso allarme),... tutto oggi insomma. Non credevo che ci sarebbero riusciti, ed invece ce l'hanno fatta. Che l'altro giorno i fondi non avessero comprato un fico secco lo avevamo visto tutti, ma stanotte gli usa si assicurano la violazione di 9000 a quanto pare. Tanta pressione al ribasso ha solo scopo politico secondo me. Il mercato NON può passare da 10600 a 5000 in 6 mesi. Anzi. OGGI, invece, se dovessimo tornare in area 8000 lo si fa solo se "necessario": ovvero per scopi politici. Sia per favorire gli interessi della politica interna sia di quella estera estera (usa ovviamente). Evidentemente queste coincidono al momento (da febbraio ad oggi). Quella interna è QUASI OK ora. Occhio al G8 invece. Beppe

Arafat-Al Qaeda - gzibordi  

  By: GZ on Martedì 25 Giugno 2002 02:46

Chi guardi il grafico delle borse nota che dopo il massimo in marzo 2000, sono rimaste ferme fino a settembre (2000) e solo da quella data hanno cominciato a franare. Cosa è successo a settembre 2000 in particolare ? Ad esempio è la data in cui Arafat e l'OLP (nei documenti ufficiali continua a firmarsi "OLP") dopo aver rifiutato in luglio gli accordi offerti da Clinton e Barak a Camp David ha lanciato la seconda fase dell'intifada basata sugli attentati suicidi. I primi attentati suicidi sono stati in settembre 2000. Ora siamo arrivati (stasera) dopo circa due anni, dopo le stragi di Al Qaeda e dopo un nuovo apice della campagna terrorista in Israele al punto in cui il parallelo tra Al Qaeda e l'OLP è sempre più stretto e l'America stessa lo percepisce come tale con il discorso di Bush. Stratfor.com di oggi (il report di strategia internazionale molto seguito) si chiede: perchè Arafat e l'OLP hanno puntato tutto sulla strategia del terrore suicida in questi due anni anche se è evidente che non da nessun risulato in termini di concessioni o accordi e anzi ha cancellato tutto quello che sembrava a portata di mano nell'estate 2000 ? E' evidente che si tratta di una strategia ben coordinata e finanziata e per la quale si usano tutte le risorse sia di propaganda che militari dell'autorità palestinese e allo stesso tempo è evidente che non sembra portare a nessun risultato nel senso della creazione di uno stato palestinese. Allora perchè ? Cito: " la strategia palestinese non ha senso se non contesto di un allineamento con Al Qaeda.. gli scopi di Arafat e di Al Qaeda sono man mano diventati convergenti. ("...Palestinian strategy makes no sense except in the context of alignment with al Qaeda. We are not saying that there is deep cooperation going on between the Palestinians and al Qaeda although we would be very surprised if representatives of the two entities have not met and coordinated at times. Rather, what we are saying is that the goals of the Palestinians and those of al Qaeda have converged...") Se si legge tutta l'analisi si vede che ci sono sempre più indizi che Arafat abbia scelto non di ottenere uno spazio a fianco a Israele,ma di puntare a una trasformazione del mondo islamico per la quale occorre tenere a tutti i costi acuto lo scontro in Israele a qualunque prezzo. L'obiettivo non è quello immediato di uno spazio e uno stato per i 4-5 milioni di palestinesi in cisgiordania e gaza a fianco di Israele, ma dello scontro continuo con Israele e con i suoi alleati come mezzo per essere protagonisti di una trasformazione del mondo arabo. Per Al Qaeda il terrore contro l'america ha come scopo non tanto quello di "vincere", ma di diventare la leadership morale, religiosa e politica del mondo arabo, mostrando con i fatti di essere capaci di punire i nemici dell'Islam. L'obiettivo di Al Qaeda è essere a capo della trasformaziona del mondo islamico, di rovesciare i regimi corrotti e opportunisti, di ispirare le masse arabe e di spingere il mondo islamico allo scontro con l'occidente nemico. Sempre più la strategia di Arafat sta diventando incomprensibile se si pensa alla realizzazone di uno stato palestinese in cisgiordania. Diventa invece spiegabile se si pensa alla convergenza con Al Qaeda negli scopi di esercitare un ruolo guida politico per tutto il mondo arabo con l'esempio glorioso dei martiri che si sacrificano ogni giorno. Nessun governo arabo può competere in termini propagandistici con la forza morale e politica dei giovani che si immolano con le bombe legate addosso per colpire il memico sionista. E così per i giovani che si immolano con Al Aqeda per colpire il nemico americano. Le due strategie sono sempre più convergenti e simili e il loro potere di suggestione enorme per le masse arabe, La conclusione di tutto questo è che rispetto a 2 anni fa abbiamo ora due forze radicate nel mondo islamico che competono e indirettamenre collaborano per ottenere a forza di terrore suicida (o di "martirio" si si vuole) la leadership morale e poi forse politica araba. Questo significa che sempre più i palestinesi dell'OLP torneranno alla politica degli anni "70 di attacco agli interessi occidentali e americani nel mondo. Tutto questo è un GROSSO CAMBIAMENTO rispetto a due anni fa e porterà molte disgrazie prima che si arrivi a una soluzione ".....One explanation is that the Palestinians no longer believe a solution to their problem is attainable on a local basis. This means they do not believe they can reach their goals through negotiations with Israel sponsored by third parties, such as the United States. Rather, they believe now that their goals can be reached only in the broader context of a transformation of the Islamic world and a redefinition of the relationship of the Islamic world not only to Israel but also to the West in general...." --------------------- da Stratfor.com ---------------------------------------------------------------------------- 24 June 2002 Summary It is difficult to see the strategy behind Palestinian tactics. Suicide bombing has clearly become a mainstream Palestinian tactic, one that makes the creation of a Palestinian state in the West Bank and Gaza Strip unlikely to the point of impossibility. It not only locks Israel into a war-fighting mode but also eases diplomatic pressure on Israel to make a settlement. The Palestinians know this. So why have the Palestinians adopted this tactic? The answer lies in what must be a fundamental strategic shift on the part of the Palestinians. They no longer see the creation of a rump Palestinian state as a feasible or desirable end. Rather, despite the hardship of an extremely extended struggle, they have moved toward a strategy whose only goal must be the destruction of Israel. Since that is hardly likely to happen any time soon, the Palestinians must see forces at work in the Islamic world that make this goal conceivable and not just a fantasy. Analysis Embedded in the ongoing Palestinian-Israeli war is the fundamental question: What is the ultimate Palestinian strategy? We see the tactics unfolding daily, but it is neither clear what the Palestinians expect to achieve nor what strategy links these tactics to their ultimate goal. The suicide bombing campaign, involving both Hamas and Al Aqsa Martyrs, a unit of Fatah, is a well-defined and well-coordinated, mainstream Palestinian movement, not an errant action by splinter groups. Certainly, the Palestinians do not expect to be able to defeat Israel militarily by conducting suicide attacks. Nor do they expect to succeed at driving a wedge between Israel and the United States. To the contrary, the Palestinians are quite sophisticated managers of Western public opinion, and they understand that the suicide attacks decrease the probability of such an outcome, regardless of Israeli response. The lack of strategic clarity stems from the murkiness of their ultimately incompatible goals. Palestinian leader Yasser Arafat's public goal, and the foundation of all third-party peace efforts, is to create an independent Palestinian state on the West Bank and in Gaza. There are, however, two other possible goals: to reclaim all of the lost territories and create a Palestinian state throughout the former Palestine, not incidentally destroying Israel, or to reconcile the two goals and create a hybrid of a smaller Palestinian state as a springboard for broader operations aimed at ultimately defeating and occupying Israel. The Palestinians' current tactics are only slightly compatible with a strategy aimed at creating a Palestinian state in the West Bank and Gaza. For this to be their goal, the Palestinians would have to believe that the bombing campaign will drive a wedge between the Israeli government and the Israeli public who will demand an end to the war and willingly give the Palestinians an independent state in return, overriding any security considerations of the Israeli government. The Palestinians observed a similar process take place over the Israeli occupation of southern Lebanon. Possibly they believe they can achieve the same end on a much grander scale through this campaign. Were this the goal, it would suffer from two serious defects. Historically, bombing campaigns designed to drive a wedge between the public and the regime have failed. When delivered from the air -- as in the Battle of Britain or the bombings of Germany, Japan or Vietnam -- they did not succeed, even at much greater numbers of casualties than are likely to be experienced in Israel. The Palestinians must be aware that bombing campaigns against the homeland tend to fail. They also know Israeli sentiment very well and are too sophisticated to believe this campaign will result in a groundswell in Israel demanding negotiations. Quite the contrary, it is likely to freeze Israeli public opinion in an intransigent mode. But even if the suicide bombings forced Israel to capitulate on creating a Palestinian state, a Palestine consisting of the West Bank and Gaza would be an untenable solution, and the leadership knows it. First, a consensus would never be reached, and someone would object sufficiently to organize new attacks and undermine any agreement. Second, a small Palestine would be economically and militarily untenable: It would never be free of Israel's orbit. Therefore, Palestinian nationalism could accept a small Palestine only as an interim measure on the way to a greater Palestine. Most important, the Palestinians know that the Israelis are completely aware of this and therefore are not going to reach a settlement with Palestine on something that cannot be guaranteed: the complete cessation of warfare and an absolute commitment to accept the permanence of Israel. Which still leaves the question of why they are waging this type of campaign. One explanation is that the Palestinians no longer believe a solution to their problem is attainable on a local basis. This means they do not believe they can reach their goals through negotiations with Israel sponsored by third parties, such as the United States. Rather, they believe now that their goals can be reached only in the broader context of a transformation of the Islamic world and a redefinition of the relationship of the Islamic world not only to Israel but also to the West in general. From the Palestinians' standpoint, their fundamental problem is hostility or indifference on the part of Islamic states and Arab states in particular. Jordan has been actively hostile to Palestinian interests after Arafat almost overthrew the Hashemite monarchy in 1970. Egypt's peace treaty with Israel has kept it from redefining its relationship to Israel while paying only rhetorical attention to the Palestinian issue. The Syrians have supported factions of the Palestinian movement, still dreaming of annexing Palestine into a greater Syria. Other, more distant states have been more bellicose but no less ineffective. The Palestinians' fundamental problem of being isolated from Arab resources and power enables Israel to act against them without real concern for its other frontiers. Therefore, the Palestinians cannot hope to win. The needed transformation of the Islamic world will take a long time to achieve. On the other hand, from the Palestinian point of view, time is on their side. Given that all quickly attainable solutions leave them in an unacceptable condition, they have nothing to lose by playing for the long-term solution. Given Palestinian psychology, a long-term strategy of enormous proportions is politically more viable than short-term strategies that cannot deliver genuine solutions. They can either capitulate or continue to struggle, but a small Palestinian state would not satisfy their needs. Nor could it preclude the continuation of war by Palestinian rejectionists and therefore would not be accepted by Israel. The Palestinians' only hope is a redefinition of the general geopolitics of the region. It is in this sense that the ongoing suicide campaign must be understood. Having accepted that no political settlement in the smaller context of Israel and Palestine is possible, the Palestinians have accepted a long-term strategy of unremitting warfare using whatever means is available -- for now, suicide bombers -- as the only alternative. The price is high, but given the stakes, their view is that it is worth it. It follows that the Palestinians will accept reoccupation by Israel and use that reoccupation not merely to drain Israeli resources but also to create an atmosphere of war designed to energize the Islamic world for a broad redefinition of relationships. The suicide bombing campaign cannot be intended to achieve any significant short-term goal. First, it is not likely to generate a peace movement in Israel --quite the contrary. Second, it locks the United States into alignment with Israel, rather than driving a wedge between the two. Finally, it creates an extreme psychology within the Palestinian community that makes political flexibility all the more difficult. The fervor that creates suicide bombers also creates a class of martyrs whose sacrifices are difficult to negotiate away. The breadth and intensity of the suicide bombings force us to conclude that the Palestinian leadership is focusing on a long-term strategy of holding the Palestinians together in a sense of profound embattlement, transforming the dynamics of the Arab world and then striking at Israel from a position of strength. In short, the Palestinians think that time is on their side and that sacrifices for a generation or two will yield dividends later. If they wait, they will win. Here Palestinian strategy, intentionally or unintentionally, intersects with that of al Qaeda, which also is committed to a radical transformation of the Islamic world. Its confrontation with the United States is designed to set the stage for this transformation, enabling the Islamic world to engage and defeat the enemies of Islam. For al Qaeda one of the pillars of this confrontation is the Palestinian question, which it defines as the recovery of Islamic land usurped by Israel, a tool of the United States and Great Britain. For al Qaeda, the Palestinian question represents the systematic repression and brutalization of the Islamic world at the hands of both Christianity and the secular West. Israel is merely the most extreme and visible dimension of Western injustice. Palestine is, at the same time, a primary means of energizing the Islamic world. The ongoing injustice of the Palestinian situation combined with the martyrdom of the bombers creates, in al Qaeda's view, both a sense of embattlement and religious fervor with profound political consequences. Hamas and Al Aqsa Martyrs are powerful recruiting tools for al Qaeda. If the Palestinians have adopted the long-term strategy we described, then al Qaeda is the means of achieving their geopolitical end. If the precondition for the defeat of Israel is a transformation of the internal politics of Egypt, Syria, Jordan and the rest of the Arab world, then al Qaeda is currently the only force fighting toward this end. In the same way that Arafat's generation aligned itself with Egypt's Gamel Abdel Nasser, Arab socialism and the Soviet Union in an attempt to find a geopolitical lever to destroy Israel, so today's generation has to look for geopolitical salvation among Islam's religious fundamentalists. Al Qaeda is the only group operating effectively at the moment and therefore, by default if not by intention, al Qaeda is serving the Palestinians' interest and vice versa. For al Qaeda, a Palestinian settlement would be politically and morally unacceptable: Morally, it would represent a betrayal of Islam; politically, it would defuse a critical, energizing issue. Any agreement that would accept the permanent loss of territory to Israel would increase the power of accommodationists in the Islamic world. Al Qaeda needs an ongoing confrontation between Palestinians and Israelis to serve its ends; the Palestinians need tremendous pressure brought on the Arab world to serve their interests. The Palestinians also need a transformation in the Arab world. Here the two interests coincide. Israel, then, becomes a foundation of al Qaeda's political strategy in the Islamic world, as well as a test bed for tactics and military strategies. Palestinian strategy makes no sense except in the context of alignment with al Qaeda. We need to be very careful here. We are not saying that there is deep cooperation going on between the Palestinians and al Qaeda although we would be very surprised if representatives of the two entities have not met and coordinated at times. Rather, what we are saying is that the goals of the Palestinians and those of al Qaeda have converged. Whether this was by design or by the logic of their situation is not really relevant. What is relevant is the convergence not only of tactics but also of a strategic and geopolitical perspective. Unless the Palestinians undergo a profound change of goals, they need al Qaeda to be successful to aid their own success. Al Qaeda is helped enormously by Palestinian behavior. If not a word had ever been exchanged --which we doubt -- the interests would still have converged. And the alliance that grows naturally is the most powerful one. This means that no real peace process is any longer possible and that Israel can expect to be under constant pressure from the Palestinians. Then the question is, can Israel define a strategy for containing the Palestinians without simultaneously inflaming the Islamic world? More important, can the U.S.-Israeli relationship survive when what Israel must do to suppress the Palestinians flies in the face of American coalition-building in the Islamic world? Of course the Palestinians may hope to provoke a response from Israel that the United States cannot tolerate. However, this is not 1973. Israeli dependence on the United States is much less today than it was then, and therefore U.S. influence on Israel is much lower. Second, the United States is not likely to break with Israel when the trigger is suicide bombing -- not what the Palestinians want to hear, but it is exactly what al Qaeda would want. This is precisely the crisis both the Palestinians and al Qaeda want to create. Al Qaeda hopes to use U.S. commitment to Israel as a tool for political mobilization in the Islamic world, since the United States cannot accept the destruction of Israel and nothing less can satisfy the needs of the Palestinians. The forecast, therefore, is for pain.

Bonds Ecuadoriani e Moreno - gzibordi  

  By: GZ on Lunedì 24 Giugno 2002 04:13

come noto i bondd brasiliani sono crollati e ora rendono di più di quelli della Nigeria e solo meno di quelli argentini, a causa dei sondaggi che danno il candidato dell'"izquierda", Lula vincitore e a causa di una dichiarazione di Paul O'Neil al tesoro americano (" i soldi del contribuente americano non vanno buttati in queste situazioni di incertezza solo politica"). Ma ci sono riflessi anche su tutti i bonds sudamericani e leggendo sul Bradynet.com vedo che la discussione è accesa sui bonds ecuadoriani (che sono scesi molto) e c'è un topic del forum sui bonds ecuadoriani in cui rientra anche l'arbitro Moreno come simbolo del paese. La discussione è vivace e coinvolge anche gli usi e costumi degli ecuadoriani messi in discussione nel forum di Bradynet in modo colorito. Giustamente gli ecuadoriano del forum obbligazionario mettono il luce i pregi del proprio paese --------------------------------------------------------------- Nosotros no exportamos putas gonorrientas ni ladrones, sino trabajadores, al igual que los Españoles e Italianos, muertos de hambre vinieron a America a principios de siglo. ---------------------------

Humour - gzibordi  

  By: GZ on Lunedì 24 Giugno 2002 01:00

In un villaggio indiano è stato celebrato un matrimonio tra due asini per ingraziarsi gli dei della pioggia. Esiste una tradizione per cui sposi due somari per attirare la pioggia. E questa gente ha delle armi nucleari. La Southwest Airlines ha iniziato una politica di far pagare due biglietti alle persone sovrappeso nel caso che occupino due posti. C'è stata una protesta indignata di rappresentanti legali delle persone in sovrappeso, fino a quando non si sono detti: ".. ehi, ma questo significa due pasti ! " A New York City in questo momento è la stagione migliore dell'anno e il tempo è magnifico. Così splendido che anche l'insider trading è fatto all'aperto.

Equazioni. - massimo  

  By: massimo on Sabato 22 Giugno 2002 01:19

Dollaro debole = fuga da equity e bond degli investitori internazionali. dollaro debole = inflazione importata ma rovescio della medaglia il calo dei bond li rende meno appetibile per gli americani che passeranno da bond a equity perchè per loro il dollaro è neutro, ma se i bond renderanno di meno per le vendite degli invetitori esteri, l' equity beneficerà dell'aumento delle esportazioni, quindi col dollaro debole oltre a rafforzare l'economia abbiamo finalmente quello che si aspettava dai primi tagli dei tassi: il calo delle OBBLIGAZIONI per forzare l'investimento azionario e avviene proprio a ripresa avviata quando le borse non hanno seguito la ripresa credendola debole o per via degli alti rendimenti obbligazionari preferiti per via di tutte le crisi politiche internazionali e di contabilità. Per l'inflazione importata scongiura la deflazione e anch'essa è positiva, ciao massimo

Il "massimo dolore" applicato alle opzioni - Gzibordi  

  By: GZ on Sabato 22 Giugno 2002 00:50

credo che molti leggano realmoney.com per cui forse sfondo una porta aperta ma il commento di oggi sulla scadenza tripla trimestrale delle opzioni di Jim de Porre era molto interessante stasera. In sostanza dice che il modo in cui il venerdì della scadenza di opzioni e future (cioè ad es oggi) si conclude in genere è tale da creare il massimo danno al numero maggiore possibile di investitori e speculatori. Questa "teoria del massimo danno" l'ho sentita in giro spesso e ha connotazioni anche un poco metafisiche, come se il mercato fosse una specie di dio che punisce, ma in sostanza è lo stesso fenomeno per il quale se io sono al rialzo e ho sbagliato e il mercato scende è molto probabile che esca alla fine solo quando e nel momento preciso in cui il mercato finalmente gira al rialzo. Il motivo per cui i mercati azionari invece di muoversi in modo graduale e lineare come l'economia e gli utili delle aziende (avete mai visto un grafico degli utili delle aziende ? non sono molto a zig-zag sono più regolari) è che molti operatori sono nella posizione SBAGLIATA. E chi (come me in questo momento sugli indici) è nella posizione errata tende a esserne forzato fuori quando finiscono i soldi (o i margini o non ne può più psicologicamente) e non quando "pensa" che sia il momento di uscirne. La stessa cosa in modo più drammatico e secco succede con i derivati e le opzioni per cui può essere che questa scadenza opzioni a Wall Street in particolare si sia conclusa sui prezzi che hanno svenato il numero massimo di operatori. Nel caso specifico quindi il più basso possibile. Una prova di questo il balzo della volatilità implicita delle opzioni sul Nasdaq tra ieri e oggi che a fronte di una chiusura negativa ma non drammatica è scbizzato dal 54 al 60% ------------------------------------------------- Prepare for Maximum Pain 6/21/02 01:55 PM ET "Pain makes man think. Thought makes man wise. Wisdom makes life endurable." -- John Patrick I mentioned this morning the "maximum pain" theory pertaining to option expiration. The theory is that stocks will tend to move to the strike price that causes the maximum amount of puts and calls to expire worthless. Why should that be the case? Options set up a situation where competing interests have a finite amount of time to do battle. Unlike trading in equities, the battle ends on option expiration day. Either your position is worth something or it isn't. The put sellers and call buyers are one side, and the put buyers and call sellers on the other. One side wants the stock to close at a price where the option goes out worthless, while the other side wants to see the price blow through the option price. Assuming that both sides in the battle are equally equipped, a stock should have a tendency to move to the point where the number of calls outstanding is roughly equal to the number of puts outstanding. At that point the battle is at a standstill, and the greatest number of options will expire worthless. If you are interested in looking into this a bit further, here is a site that will calculate the maximum pain level of a stock for you. The market continues to be heavily pressured. The bears have been pushing very hard and have not been inclined to cover. We have closed badly in the last few sessions, but I think we may see the bear cover a bit into the close today. I'm tying a little QQQ long with a tight stop around the day lows. Long QQQ.

Speculare Sui Livelli E' Inutile - marker  

  By: marker on Venerdì 21 Giugno 2002 14:09

concordo totalmente. i fondamentali non servono per valutare il possibile andamento futuro dei mercati. i fondamentali erano ottimi nel 1929 così come nel 2000. e come allora, solo dopo il crollo si è cominciato a dire che forse non erano più così buoni. anzi, erano diventati pessimi. e Alan può influenzare la direzione degli indici sì e no per qualche giorno. solo il prezzo sconta tutto, quel che si capisce e quel che è oscuro. e solo il prezzo va guardato. senza preoccuparsi troppo di calcolare a priori il target dove adrà a finire. quando il ribasso sarà davvero finito, sarà sotto gli occhi di tutti. speculare adesso sui livelli è una perdita di tempo inutile.

-12% S&P e -10% dollaro = -22% - Gzibordi  

  By: GZ on Venerdì 21 Giugno 2002 02:28

la cosa peggiore che sta succedendo al momento è che la perdita di circa un -12% dell'S&P da inizio anno si sta cumulando con una perdita del dollaro del 9%, forse stanotte quasi 10%. A meno di non essere al ribasso sul dollaro (avendo comprato qualche valuta contro dollaro come speculazione) chi è investito sulle azioni americane nell'ultimo mese vede perdite doppie. Se si è un istituzione, fondo o banca europea (le giapponesi molto meno) si sta soffrendo in questo momento una perdita dell'ordine (in media) del 20% al meno in pochi mesi per la doppia scure del dollaro e S&P. Che il dollaro torni al livello di due anni fa è un fatto positivo in astratto, tanto è vero che quando due anni fa sfondò la parità con l'euro si disse che era sopravvalutato ecc... Inoltre proprio oggi sono usciti altri dati americani non buoni, ma ottimi che fanno impallidire quelli europei recenti. Per cui delle ragioni "profonde" per un crollo del dollaro non ce ne sono. Alla fine se devi aggiustare un tasso di cambio e va nella direzione giusta non puoi pretendere che lo faccia come vuoi e lo fa a strappi. Il problema e il paradosso è che mentre ora gli S&P e il dollaro sono su un valore "giusto" dato che però si stanno ancora muovendo stanno moltiplicando le perdite di chi ne ha troppi. Questo è quello che successe nel 1987 ad esempio dove quando il mercato era abbastanza ipervenduto da rimbalzare arrivò (per un errore politico per la verità) un ondata di vendite sul dollaro e la reazione fu unn panico degli investitori esteri. Durò un giorno e mezzo e fu recuperato, ma fu terribile. Dato che di questo scenario se ne parla oggi è probabile che le banche centrali stiano attente e facciano qualcosa sul dollaro entro lunedì. Ma occorre veramente frenare il dollaro perchè tra l'altro i weekend sono i più pericolosi

LO Scenario di Deflazione (e Crash) - gzibordi  

  By: GZ on Giovedì 20 Giugno 2002 14:31

Questa è l'ultima parte dell'intervista di Bob Prechter in cui presenta il "Conquer the Crash" il libro appena uscito in cui spiega come difendersi dal disastro finanziario imminente. In pratica inizio giugno ricevo tutti i giorni questa pubblicità per mail perchè sono stato abbonato dell'Elliott wawe international. Come tutto quello che scrive Prechter è molto difficile non leggerlo Ci sono due argomentazioni: una è tecnica e cioè la somiglianza dei grafici attuali con quelli delle maggiori manie speculative della storia (vedi sotto in fondo) e una finanziaria : la DEFLAZIONE, ovvero la "bolla" del credito che sta per scoppiare, l'eccesso di credito che si è moltiplicato negli anni "90 a livelli stratosferici grazie alla "globalizzazione" della finanza e alla FED che ha reagito a tutte le crisi aumentanto il credito nel sistema. In sostanza l'ammontare di credito nell'economia americana, in % ad es del PIL oppure in % del reddito personale o aziendale, è a livelli estremamente elevati. Per cui quando cominci la "DEFLAZIONE" cioè inflazione zero o negativa il peso del debito aumenta e le aziende più indebitate e le banche più esposte cominciano a una a una a fare crac. Per chi pensa anche ai dati economici vedere i rendimenti obbligazionari dei titoli di stato che crollano di colpo come questa settimana in effetti fa pensare a quello che dice Prechter. Per chi guarda ai grafici ci sono delle somiglianze (vedi in fondo i famosi paralleli con il crash del '29) -------------------------------- Your historical market studies and research into the Wave Principle have led you to believe that stock prices are preparing to crash. We’ve heard some of your arguments for why this is already happening. But in Conquer the Crash you also give a good deal of attention to discussing and helping readers prepare for a severe monetary deflation. Can you tell us more about this? First I want to make sure that everyone understands what deflation really is. A common misunderstanding is that inflation occurs when the prices for goods rise, and deflation occurs when they drop. That’s not exactly true. General price changes are merely effects of a change in value of the money itself – not the other way around. So what causes changes in the value of money? Changes in monetary valuation are caused by changes in mass psychology. The same is true for the stock market. A severe deflation like the one we are now facing has always required a certain economic pre-condition: A major buildup of credit, which is itself the result of a certain state of social psychology. Our economy today rests upon masses of consumer and corporate credit. Today, the U.S. owes a collective $30 trillion in debt. That’s nearly 3 times our annual GDP. We’ve become entirely dependant on it. The economic theory that has seen the U.S. economy grow progressively larger and more powerful since World War II is that a wide-spread facilitation of credit will stimulate production, which will in turn create jobs and generate more capital to be re-invested in the economy. That’s a model that’s been successful for economies around the world thus far. Where do you see the problem with it? It’s gotten way out of hand. The Federal Reserve Board allows our banks to lend out all of their deposits (and in some cases, even more than 100%). This money, once loaned, is allowed to be re-loaned many times over, multiplying the amount of debt. What this means is that we’ve got great multiples more credit afloat in our economy than we have actual money. It’s terrifying, but true. As strong as our economy may still seem to everyone, it’s actually rife with weakness. The only thing keeping it afloat right now is a mass societal consensus that it’s going to be O.K. How long can that hold? As the stock market continues to decline, people will continue to lose their jobs and production will decrease. Knowing that there’s not enough money out there to cover all the endangered debt, banks will begin to panic. They will become desperate to retrieve their liquid assets. When the general ability to repay debt decreases, so will banks’ willingness to lend more. This is what will finally trigger a massive deflation. But wait. Won’t the Fed prevent this from happening? That’s a huge misconception. The Fed will be powerless to stop it. Realize that the Fed doesn’t actually lend money to consumers. It merely sets the interest rates at which banks lend each other money. The hope is that banks will take these lower rates as a cue to pass the lower rates down to the consumers, thus facilitating more credit – but it can’t guarantee that this will happen. In 2001, the Fed lowered its discount rate from 6 percent to 1.25 percent. That’s the heaviest cut in such a short time ever. But what if this strategy fails, as it did in Japan? It certainly hasn’t ”saved the economy” so far. What will they do if the economy continues to contract? Lower the rates to zero? Then what? When people are losing jobs and the purchasing power of the dollar is rising, consumers won’t want to borrow money that they will have to pay back with much more valuable dollars later on. Also, having been burned by bankruptcy and loan defaults, banks will be considerably less willing lend this money in the first place. This will have disastrous effects on our credit-based economy. Scary. So what should we do to protect ourselves from this possibility? Depending on your circumstances, there are a number of ways that you can first protect yourself from a deflationary crash, and then actually profit from it. Most important, get out of debt. Because the value of the dollar will be rising, one of the best investments you can make now will be to hold cash. What about the other markets? Conquer the Crash explains exactly what you should do in regard to bonds, real estate, stocks, commodities, precious metals, insurance, and more. It won’t be necessary for you to keep your money in a coffee can under the bed. There are a number of “Safe Banks” around the world that, because of their conservative policies, you will be able to trust with your money. Conquer the Crash lists several. Also, you’ll learn about “inverse index funds,” an interesting way to short the market on its way down. And it tells you exactly how risky real estate investments are and what you should do about them now. Obviously those with substantial personal fortunes stand to benefit from the wealth-protecting measures you outline in Conquer The Crash. But do you have to be wealthy to take advantage of the strategies in this book? Absolutely not. Conquer the Crash offers strategies for financial protection in two different tiers. For investors with deeper pockets, it offers international-level protection by giving advice about safe banks and precious metal storage. For the average investor, or even for those with no money in the markets at all, there are countless chapters devoted to important concerns like, “What to do with respect to your employment” and “What to do with your pension plan.” A lot of the advice is preventative. It tells you what not to do. And it’s going to be very important not to make mistakes. Only one or two missteps and you may find yourself in a very dangerous financial position along with the masses. Final words? The publisher will make most of the money from sales of this book. Anything we make will be spent on getting the word out about the crash. I know this disaster is coming, and I want to do everything that I can to protect people from it. ------------------------------------------------------